Il G7 spinge su price cap a petrolio russo via mare, serve l’unanimità Ue

Si spinge per il price cap sul petrolio russo via mare, ora serve l’unanimità tra i 27 membri dell’Unione europea. Il vertice ministeriale del G7 delle Finanze ha approvato il piano per stabilire un tetto al prezzo dei prodotti petroliferi in arrivo da Mosca e la palla passa a Bruxelles, dove dovrà essere aggiornato il sesto pacchetto di sanzioni, quello che per un mese (durante tutto il mese di maggio) era rimasto ostaggio del veto dell’Ungheria di Viktor Orbán.

Confermiamo la nostra intenzione politica comune di finalizzare e attuare un divieto globale di servizi che consentano il trasporto marittimo di greggio e prodotti petroliferi di origine russa a livello globale“, si legge nel comunicato del G7 ministeriale, che riprende l’impegno del vertice dei leader a Elmau di impedire alla Russia di trarre profitto dalla guerra di aggressione in Ucraina e di sostenere la stabilità dei mercati energetici globali. “La fornitura di tali servizi sarà consentita solo se il petrolio e i prodotti petroliferi saranno acquistati a un prezzo pari o inferiore rispetto a quello determinato dall’ampia coalizione di Paesi che aderiscono al price cap e lo attuano“, specificano i ministri di Canada, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Italia e Stati Uniti.

Il price cap sul petrolio è “specificamente concepito” per ridurre le entrate del Cremlino, ma allo stesso tempo anche per “limitare l’impatto della guerra russa sui prezzi globali dell’energia“, permettendo ai fornitori di servizi del settore di operare con prodotti petroliferi russi via mare venduti solo a un prezzo pari o inferiore al tetto fissato: “Questa misura si baserebbe e amplificherebbe la portata delle sanzioni esistenti, in particolare del sesto pacchetto dell’Ue, garantendo la coerenza attraverso un solido quadro globale“. Come confermato anche dal commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni, adesso bisogna “allargare il sostegno europeo e globale al price cap, contro gli extra profitti destinati alla guerra e per ridurre i prezzi dell’energia“. L’accordo del G7 “si basa e rafforza ulteriormente” il sesto pacchetto di sanzioni dell’Unione, in linea con le tempistiche concordate del 5 dicembre per il greggio e del 5 febbraio del prossimo anno per i prodotti petroliferi.

Il tetto iniziale dei prezzi sarà basato su “una serie di dati tecnici” e sarà deciso “dall’intera coalizione prima dell’attuazione in ogni giurisdizione“, precisano i sette ministri, che sottolineano con forza che la comunicazione sarà fatta in modo “pubblico, chiaro e trasparente“. Inoltre, “il prezzo, l’efficacia e l’impatto saranno monitorati attentamente e il livello dei prezzi sarà rivisto se necessario“. Secondo le previsioni del G7, l’attuazione pratica del price cap sul petrolio russo importato via maresi baserà su un modello di registrazione e attestazione che coprirà tutti i tipi di contratti pertinenti“, limitando le possibilità di aggirare il regime e riducendo al minimo l’onere amministrativo per gli operatori di mercato. Nel frattempo continuerà il confronto con Paesi e parti interessate “in vista della progettazione e dell’implementazione definitiva“.

L’obiettivo è proprio quello di creare “un’ampia coalizione per massimizzare l’efficacia” della misura: “Esortiamo tutti i Paesi che vogliono ancora importare petrolio e prodotti petroliferi russi a impegnarsi a farlo solo a prezzi pari o inferiori al massimale di prezzo“, ribadiscono i ministri del Gruppo dei Sette. Il punto di forza della misura è non solo l’ambizione di affrancarsi dal petrolio in arrivo da Mosca per chi ne ha la forza e la volontà, ma soprattutto l’essere “particolarmente vantaggiosa per i Paesi, in particolare quelli vulnerabili a basso e medio reddito, che soffrono per gli alti prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari“. È proprio in quest’ottica che saranno sviluppati anche “meccanismi di mitigazione mirati accanto alle nostre misure restrittive“, in modo da garantire che i partner più svantaggiati possano mantenere la sicurezza dell’accesso ai mercati dell’energia, “anche dalla Russia“.

Ursula von der Leyen

Gas, Gazprom annuncia stop totale Nord Stream 1. Ue: Prova cinismo Mosca

Gazprom annuncia che il Nord Stream 1 sarà “completamente” chiuso fino alla riparazione di una turbina, motivando la decisione con l’individuazione di “perdite di olio” nella turbina durante l’operazione di manutenzione. “Pretesti fallaci“, lamenta la Commissione Ue, per cui la mossa del colosso è “un’altra conferma della sua inaffidabilità come fornitore. È anche la prova del cinismo della Russia, che preferisce bruciare il gas invece di onorare i contratti“, dichiara il portavoce-capo della Commissione Ue, Eric Mamer.

Non è vero che la Russia può sospendere così rapidamente le forniture, perché non ha altri grandi gasdotti dove poter mettere questo gas e venderlo altrove. Quindi, diciamo che è un po’ una partita di poker“, commenta il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ai microfoni del Tg1.

Questa mattina alle 6 il prezzo sul mercato di Amsterdam era calato a 221 euro al megawattora, sulla scia della possibilità che Gazprom potesse riaprire i flussi di Nord Stream 1 da domani.

Prosegue quindi lo scontro tra Russia e Unione europea: a dar fuoco alle polveri è stata la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, secondo cui è tempo di imporre un tetto al prezzo del gas dai gasdotti russi in Europa. “I russi preferiscono bruciare il gas piuttosto che venderlo, dobbiamo studiare il disaccoppiamento del gas dall’elettricità”, ha dichiarato a margine della giornata di clausura dell’Unione in Baviera. Immediata la risposta di Mosca che ha prima minacciato poi annunciato la chiusura del gasdotto. “Il gas russo non ci sarà più” in Europa se l’Unione Europea imporrà un tetto al prezzo, ha spiegato il vice capo del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev. “Sarà come per il petrolio – ha avvertito – Semplicemente non ci sarà gas russo in Europa“.

Da tempo, in sede europea, l’Italia chiede che venga adottata una misura del genere, soprattutto per calmierare il prezzo dell’energia anche in vista dell’autunno e dell’inverno, ma l’opposizione di alcuni paesi del Nord Europa, e della stessa Germania, hanno bloccato, finora, questa strada. Percorso però che oggi, dopo l’accordo del G7 a discutere su un ‘price cap’ al petrolio russo, sembra più agevole. “Al G7 delle Finanze passo avanti decisivo sul tetto al prezzo del petrolio russo. Ora mostrare la stessa determinazione in Ue per ottenere il tetto massimo al prezzo del gas. Basta speculazioni, bisogna sostenere famiglie e imprese“, ha subito twittato il ministro degli Esteri italiano e leader di Impegno civico, Luigi Di Maio.

Se nei giorni scorsi Gazprom aveva annunciato che il 3 settembre Nord Stream, dopo un’interruzione di tre giorni dovuta a misure preventive, avrebbe ripreso il suo lavoro (o almeno del 20%), il Cremlino aveva già messo in guardia sulla reale ripresa di operatività. “L’affidabilità del gasdotto è minacciata a causa della mancanza di riserve tecnologiche”, aveva annunciato il portavoce, Dmitry Peskov, parlando delle prospettive per il funzionamento del gasdotto Sp1 e della possibilità di nuove riparazioni. “Non ci sono riserve tecnologiche, solo una turbina funziona, quindi fate i conti“, aveva aggiunto rimarcando che “la colpa non è di Gazprom”.

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Commissione Ue contro crisi energetica: timori e rassicurazioni

Situazione critica”, ma “nessuna particolare preoccupazione”. La crisi energetica vissuta a Bruxelles è all’insegna della consapevolezza della posta in gioco e della necessità di rassicurare, per quanto possibile. L’inverno alle porte, Nord Stream fermo per manutenzione, il gas russo che è sempre più un’incognita. I timori non possono mancare. E se a livello di alto rango si usa un linguaggio, per la comunicazione esterna si sceglie un altro timbro. Le due facce della stessa questione vengono esposte nella stessa giornata, a distanza di poche ore l’una dall’altra.

In audizione in Parlamento europeo la vicedirettrice per l’energia della Commissione europea, Mechthild Wörsdörfer, dà il senso di agitazione che anima il palazzo dell’esecutivo comunitario. Esploriamo gli strumenti per acquisti congiunti” di gas ed energia, così come “esploriamo la possibilità di tetti ai prezzi. Il caro energia spinge l’inflazione, mettendo a rischio famiglie, imprese e tenuta economica del club a dodici stelle. Non entra nel merito delle risposte che offre, perché la linea di questa Commissione è che tutto passi sempre attraverso la presidente Ursula von der Leyen, che nulla sia rilevato prima che non sia lei stesso a farlo. Il 14 settembre Von der Leyen terrà il tradizionale discorso sullo stato dell’Unione e quindi anche sul mercato dell’energia, che “dobbiamo riformare”. Tutto è rimandato a “dopo il discorso delle presidente”.

Restano fermi principio e obiettivo ormai arcinoti. “Dobbiamo ridurre la domanda di gas”, ripete più di una volta di più la vicedirettrice per l’energia della Commissione europea. “Se riduciamo la domanda di gas – spiega – evitiamo gli effetti di decisioni unilaterali quando è troppo tardi”. Wörsdörfer si riferisce a Mosca e al suo colosso energetico Gazprom: “c’è il rischio di interruzioni”. Di fronte all’atteggiamento del fornitore russo e del governo a cui risponde, “la situazione rimane critica e risulta difficile fare previsioni per l’inverno” nella misura in cui non è chiaro se il gas continuerà ad arrivare, magari a singhiozzo e non al pieno della capacità. “La buona notizia è che a livello di media Ue le riserve di gas sono piene all’80%”, e l’Unione dovrebbe riuscire a superare questa stagione fredda alle porte.

È qui che interviene il servizio dei portavoce, Tim McPhie , responsabile per le questioni energetiche, si sente in dovere di precisare e rassicurare. “A livello Ue abbiamo superato l’80% del livello di riempimento degli stoccaggi di gas”, come affermato dalla vice direttrice generale. “Alcuni Stati membri sono sotto la soglia – riferisce – ma non abbiamo nessuna particolare preoccupazione”. Ma ancora una volta, nessuna anticipazione su quello che verrà: “è prematuro ora dire cosa la Commissione proporrà”. Lo sa von der Leyen e lo annuncerà lei. Ma per le famiglie si avvicinano modifiche sostanziali alle abitudini di sempre. “Dovremo considerare anche la questione della riduzione dei consumi dell’elettricità, oltre a quelli del gas”.

negozi

Risparmiare energia nei punti vendita: ecco il decalogo delle azioni sostenibili

Per contrastare più efficacemente i rincari delle bollette Confcommercio, Ancd, Coop e FederDistribuzione hanno individuato alcuni principi generali per contenere i consumi e favorire il risparmio energetico dei punti vendita che ciascuna Organizzazione si impegna a promuovere tra i propri associati. Questi principi sono sintetizzati in un decalogo di azioni e comportamenti virtuosi elencati di seguito.

1. Spegnere le insegne luminose e le apparecchiature non necessarie in concomitanza con gli orari di chiusura dell’attività commerciale;

2. Ridurre l’intensità luminosa del punto vendita e spegnere o ridurre in modo significativo l’illuminazione in ambienti poco frequentati;

3. Regolare la temperatura ambientale dell’attività commerciale (riscaldamento/raffrescamento) nell’ottica di contenere i consumi;

4. Interrompere la funzione di riciclo dell’aria nelle ore notturne;

5. Tenere chiuse le porte di ingresso per evitare dispersioni termiche in assenza di lame d’aria;

6. Ridurre la temperatura dell’acqua utilizzata all’interno dei locali;

7. Utilizzare in maniera efficiente l’energia elettrica ed il gas naturale per la cottura dei cibi, monitorando i relativi consumi energetici;

8. Utilizzare in modo efficiente le celle e i banchi frigoriferi, attraverso un corretto caricamento degli stessi, limitando le aperture allo stretto indispensabile e sensibilizzando anche la clientela a tal fine;

9. Utilizzare in modo efficiente gli elettrodomestici in dotazione all’attività commerciale;

10. Razionalizzare l’organizzazione del lavoro al di fuori degli orari di apertura al pubblico (pulizie, caricamento banchi, ecc.) al fine di ridurre i consumi energetici.

(Photo credits: VALENTIN FLAURAUD / AFP)

gas stoccaggio

Ue centra l’obiettivo stoccaggi pieni all’80%. Ma continua riempimento

Con due mesi d’anticipo il target dell’Unione europea è stato raggiunto, almeno a livello medio tra i Paesi membri. Le riserve sotterranee di gas dell’Ue sono già piene oltre l’80% per cento della propria capacità, così come da obiettivi comuni sugli stoccaggi al primo novembre 2022 (per arrivare poi al 90% a partire dall’inverno 2023). Lo ha annunciato al Baltic Sea Energy Security Summit di Marienborg la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, lo ha ribadito la commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson: “Gli Stati membri e le aziende hanno fatto un ottimo lavoro“, ma ora “non dobbiamo fermarci, continueremo a riempirli“.

Secondo quanto emerge dalla piattaforma indipendente europea (Gas Infrastructure Europe – AGSI+), che certifica il dato con due giorni di ritardo, già lunedì (29 agosto) la media Ue aveva sfondato di 0,17 punti percentuali la soglia psicologica dell’80%, con Portogallo, Polonia e Francia a guidare la classifica (rispettivamente al 100%, 99,54% e 91,54%), mentre l’Italia continua ad aumentare la propria quota di riempimento (81,93%) dopo aver raggiunto l’obiettivo minimo per il 2022 esattamente una settimana fa. Sono otto i Paesi membri che devono ancora allinearsi ai target Ue entro il primo novembre: se per Slovacchia (79,38%), Paesi Bassi (77,93%), Croazia (76,3%) e Romania (72,69%) ci si aspetta nelle prossime settimane il raggiungimento della soglia richiesta sul riempimento degli stoccaggi di gas, Austria (66,06%), Ungheria (63,19%), Bulgaria (60,91%) e Lettonia (54,97%) dovranno accelerare i propri sforzi, in un momento critico per lo scenario energetico dell’Unione.

Continuiamo a riempire i punti in cui il livello è ancora più basso e implementiamo il piano di riduzione della domanda dell’Ue – è stata l’esortazione della commissaria Simson -, questo ci aiuterà a superare l’inverno in sicurezza“. L’obiettivo è prepararsi a livello nazionale a uno scenario di completa interruzione delle forniture di gas da parte della Russia, tenendo piene le riserve e presentando misure di risparmio della domanda. Lo scenario è più che realistico considerate le tensioni tra Bruxelles e Mosca per la guerra in Ucraina e l’interruzione delle forniture di gas da parte del colosso energetico russo Gazprom per “lavori in una stazione di compressione nel nord della Germania“, che dovrebbero durare fino al 3 settembre.

A livello comunitario Italia e Germania sono i principali importatori di gas in Ue e – insieme a Francia, Paesi Bassi e Austria – anche i Paesi a concentrare la maggior parte della capacità di stoccaggio in tutta l’Unione (l’Italia pari a 197,7 terawattora, mentre la Germania di 245,3 terawattora). Sono 18 su 27 gli Stati membri Ue che dispongono di impianti di stoccaggio del gas (e rappresentano circa il 27% del consumo annuale di gas comunitario): Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Lettonia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Spagna, Svezia e Ungheria. Un terzo invece non dispone di proprie capacità nazionali (Cipro, Finlandia, Grecia, Irlanda, Lituania, Lussemburgo e Slovenia) e, in caso di stop delle forniture da Mosca, dovrà fare affidamento sulle strutture degli altri Stati membri. Il gruppo europeo di coordinamento sul gas (che fa capo alla Commissione europea) sta lavorando per rafforzare la cooperazione regionale tra i Ventisette attraverso task force e Bruxelles continua a esortare i governi a siglare accordi di solidarietà bilaterale come quello tra Italia e Slovenia, uno dei sei attualmente in vigore.

Energia fuori controllo. Meloni: Approviamo subito decreto Aiuti

La crisi energetica è un grosso guaio, inutile nasconderlo. L’autunno si avvicina e il rischio per i partiti è di trovarsi gli italiani con bollette stratosferiche da pagare proprio nel momento in cui si aprono le urne per le elezioni politiche del 25 settembre. Ragion per cui tutti, o quasi, provano a spingere su Mario Draghi perché intervenga con un decreto d’urgenza, ma soprattutto vada a negoziare in Europa il tetto massimo al prezzo del gas, oltre al disaccoppiamento con il prezzo dell’elettricità.

Due temi non proprio semplici da portare a casa, soprattutto per chi è a capo di un esecutivo in carica per gli affari correnti. Dunque, con poteri limitati, nonostante lo stand internazionale del suo premier o l’appoggio annunciato da diverse forze della sua ex maggioranza, come Lega, Forza Italia, Pd, Impegno civico, Azione, Iv e altri ancora. I riflettori saranno puntati soprattutto su Bruxelles, dove il prossimo 9 settembre ci sarà il Consiglio straordinario dei ministri dell’Energia. Ad oggi prevedere se per quella data sarà pronto il piano di riforma Ue del mercato elettrico è un esercizio decisamente complicato, ma le speranze sono tutte accese. “Il gas russo viene usato come strumento di pressione politica, per rispondere alla realtà in cui viviamo la riforma è necessaria”, dice il sottosegretario con delega agli Affari Ue, Enzo Amendola. Riconoscendo, però, che finora “l’Acer, l’agenzia europea per l’energia, non ha prodotto grandi passi in avanti”.

E se le Confindustrie del Nord Italia parlano di una crisi che “sta paralizzando il sistema industriale italiano con il forte rischio di deindustrializzare il Paese mettendo a repentaglio la sicurezza e la tenuta sociale nazionale”, anche dagli enti locali gli appelli al premier si moltiplicano: l’ultimo in ordine di tempo è del presidente della Regione Veneto, il leghista Luca Zaia. “Il costo dell’energia è quadruplicato: è fondamentale che ci sia un intervento dall’Europa su modello del price cap della Francia, dove si è deciso di fissare un prezzo massimo del 4%, dopodiché interviene lo Stato – dice -. Draghi, sempre lungimirante e attento, sposi subito questa causa, senza attendere oltre”. La proposta, però, non trova terreno fertile. Il dem Amendola, ad esempio, dice no: “Non sono per un ritorno allo statalismo, la vicenda francese, anche con la questione del nucleare, fa vedere che i costi sono duplicati“.

Sullo sfondo resta comunque in piedi l’ipotesi di un nuovo decreto Aiuti per mitigare gli effetti dei rincari. Anche se i fondi sono limitati, visto il poco spazio di manovra del governo dimissionario. Palazzo Chigi lavora ai conti per intervenire senza ricorrere a scostamenti di bilancio, mentre resta il vulnus dei 9 miliardi di gettito non versato dalle aziende energivore che hanno realizzato extraprofitti durante la crisi e l’isteria dei prezzi sul mercato del Ttf di Amsterdam. “Certamente dobbiamo riscuotere quei fondi, che poi lo Stato rinvestirà nel taglio delle accise sui carburanti e nel mitigare gli effetti dei rincari sulle bollette”, dice il leader di Impegno civico e ministro degli Esteri, Luigi Di Maio.

A proposito della tassa tanto discussa, dal M5S arriva una nuova proposta. A lanciarla è il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli: “Si può salire oltre il 25%, ma è il caso di allargare il range anche a quelle società che hanno beneficiato di situazioni di mercato favorevoli”, non necessariamente del comparto energetico. L’idea si sposa perfettamente con quella del ministro del Lavoro, il dem Andrea Orlando: “Mi sembra ragionevole intervenire per tentare un riequilibrio tra i settori di imprese in forte sofferenza e settori che hanno prodotto profitti record”.

Al di là delle intenzioni, resta comunque da capire quale sia il pensiero della coalizione che oggi i sondaggi danno in vantaggio. Sui rigassificatori Giorgia Meloni dice che “vanno fatti“, anche a Piombino se “non ci sono alternative“, perché “l’approvvigionamento energetico italiano è una priorità“. Ma nel frattempo bisogna intervenire sul presente: “Lo dico io che sono in opposizione, ci troviamo in Parlamento lunedì e proviamo ad approvare le norme che consentano ai cittadini di avere una situazione sostenibile” sulle bollette. Ma senza nuovo debito, che resta “l’ultima ratio”. Sullo sfondo resta però l’incertezza sulla posizione che assumerebbe un governo di centrodestra sul price cap. La leader di FdI porta l’esempio di Olanda e Germania: “Sono europeiste o difendono il loro interesse nazionale?”, domanda. La risposta, però, deve darla l’Europa. Non ci sono alternative.

URSULA VON DER LEYEN

Ue apre spiraglio a tassa su extra-profitti delle aziende energetiche

Uno strumento per mettere in chiaro ai fornitori di energia che “potete fare un certo profitto, ma non potete tenervi tutto“. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha aperto così alla possibilità di una tassa sugli extra-profitti delle società energetiche da parte degli Stati membri, parlando con il vice-cancelliere e ministro tedesco dell’Economia e dell’azione per il Clima, Robert Habeck, a Berlino. Da Bruxelles arriverebbe la luce verde a un intervento che andrebbe a “sostenere aiuti per i consumatori con piccoli redditi e le aziende in difficoltà, come ventilato dal governo tedesco per una riforma strutturale del mercato dell’energia, ha spiegato von der Leyen.

La tassa sugli extra-profitti è un’imposta applicata alle aziende che generano un aumento significativo dei loro guadagni a causa di circostanze o eventi di cui non sono responsabili, come nel caso dell’aumento esponenziale dei prezzi dell’energia (gas ed elettricità) per le conseguenze della guerra russa in Ucraina. A livello Ue, già a marzo la Commissione europea aveva proposto agli Stati membri di imporre la cosiddetta ‘tassa sui profitti inattesi’ (‘windfall tax’) all’interno delle linee guida del piano RePowerEu, per rendere l’Europa indipendente dai combustibili fossili russi alla luce dell’invasione russa dell’Ucraina. Secondo quanto tratteggiato dall’esecutivo comunitario “gli Stati membri possono prendere in considerazione misure fiscali temporanee sui profitti imprevisti per finanziare le misure di emergenza“. L’Agenzia internazionale dell’energia ha stimato che in questo modo si potrebbero rendere disponibili “fino a 200 miliardi di euro nel 2022 per compensare parzialmente l’aumento delle bollette energetiche.

Anche dal Parlamento europeo è arrivato l’endorsement all’imposta sugli extra-profitti, nella risoluzione adottata a maggio sulla risposta europea alle conseguenze economiche e sociali della guerra russa in Ucraina: “La tassazione temporanea o gli interventi normativi sui profitti imprevisti potrebbero essere una fonte di finanziamento pubblico nazionale“. Il testo ha invitato la Commissione e gli Stati membri a “coordinare la progettazione di regimi di tassazione” con l’obiettivo di “utilizzarli per mitigare le conseguenze sociali ed economiche per l’Unione della guerra in Ucraina“, tra cui anche l’impennata dei prezzi che oggi si sta dimostrando in tutta la sua drammaticità.

La questione della tassa sugli extra-profitti si lega strettamente alla riforma strutturale del mercato dell’energia – la cui proposta della Commissione dovrebbe arrivare entro l’inizio del prossimo anno – e in particolare alla questione del disaccoppiamento del prezzo dell’energia elettrica proveniente dal gas naturale da quella di altre energie. Anche in questo caso è stata la presidente von der Leyen a confermare che nella proposta di riforma in arrivo nel 2023 ci sarà il disaccoppiamento dei prezzi per evitare l’effetto contagio – “finora il gas ha dominato i prezzi dell’energia, ma con gli attuali prezzi esorbitanti è chiaro che dobbiamo farlo” – così come si inizia a chiedere da più capitali.

Il tema è sentito non solo in Italia, ma anche in Spagna e Portogallo (che hanno negoziato un accordo politico con la Commissione ad aprile), Austria, Belgio, Francia e Germania. L’attuale design di mercato dell’elettricità è calibrato sulle esigenze di vent’anni fa, quando le energie rinnovabili avevano un costo molto più elevato, mentre oggi – all’opposto – è il gas a essere più costoso, andando però ancora a definire l’intero prezzo dell’energia sul mercato. Proprio il ministro tedesco Habeck è al lavoro per studiare una soluzione per far sì che consumatori e industrie possano trarre maggiori benefici sulle bollette dell’elettricità dal fatto che il prezzo delle energie rinnovabili sia rimasto basso: l’obiettivo potrebbe essere finanziato anche con un intervento sugli enormi profitti inattesi che le società elettriche hanno ottenuto grazie all’aumento dei prezzi dell’energia. Si dovrà però vincere l’opposizione dei partner liberali della coalizione di governo, il cui leader Christian Lindner ha finora escluso categoricamente la misura, per non danneggiare la propria credibilità presso l’elettorato imprenditoriale tedesco.

Cattaneo: “Sì a nucleare e carbone, il Pnrr va cambiato”

Alessandro Cattaneo, ingegnere, deputato di Forza Italia dal 2018, ex sindaco di Pavia, uno dei dirigenti di Forza Italia più vicini a Silvio Berlusconi, racconta dalla sua città come il centrodestra intende affrontare – e risolvere – il tema caldissimo dell’energia e quello non meno importante dell’ambiente. Un’intervista garbata ma ferma, con alcuni punti fondamentali intorno ai quali sviluppare la campagna elettorale e non solo.

EMERGENZA ENERGIA

All’interno del programma del centrodestra ‘Per l’Italia’, il punto 11 è dedicato all’emergenza energia. Tanti obiettivi, tanti progetti da mettere a terra e non tutti di facile realizzazione: “Il programma è stato scritto con persone competenti, con esperti di settore. Io sono ingegnere e ho dato il mio contributo grazie alle competenze che ho maturato come sindaco a livello amministrativo e per le mie conoscenze scientifiche e tecniche”, dice Cattaneo. Il programma, spiega, “è composto da una serie di iniziative che rappresentano una sommatoria: ciascuna da sola non dà risposte sufficienti, ma se vengono sommate tutte insieme possono fornire una soluzione strutturale all’Italia“.

Il tema “più importante” sarà quello delle bollette, perché “qualcosa va fatto subito” e riguarda “il welfare”. Come “dare bonus a chi non riesce a pagarle e si troverebbe con la luce staccata” . E ancora, attraverso azioni come “leva fiscale, detrazioni, interventi sulle energivore” per aiutare le aziende “che se no chiudono e lasciano a casa i dipendenti“. E ancora, “tornare a estrarre il nostro gas naturale che è di buona qualità”, “diversificare le fonti con i rigassificatori, che ci permettono di importare il gas liquefatto da altre aree che non sia la Russia”. E, dice Cattaneo, “bisogna tornare ad occuparsi di nucleare in maniera molto pragmatica. Noi dobbiamo diventare leader nella ricerca del nucleare di quarta generazione. Non possiamo essere assenti tra i grandi Paesi del mondo”.

E le rinnovabili? “Per noi – spiega il deputato azzurro – sono fondamentali, anche se oggi siamo bloccati dalle troppe politiche dei no. In Italia non mancano i soldi, ci sono quelli del Pnrr e quelli privati della finanza internazionale, ci sono progetti fatti, ma mancano le autorizzazioni. Bisogna immaginare una Legge Obiettivo sulla realizzazione delle opere” necessarie alle “rinnovabili, come è successo per l’alta velocità”.

NUCLEARE, LA SOLUZIONE

Il nucleare è tanto delicato quanto cogente. Forza Italia, non è un mistero, sta dalla parte di chi vuole affidarsi a questo tipo di energia, anche se le problematiche e i tempi non facilitano le progettualità. Ma Cattaneo avanza con decisione: “I 20 paesi più industrializzati del mondo ce l’hanno tutti, tranne noi” e, soprattutto, “quando arrivano le bollette, le nostre aziende partono con un gap competitivo… È come correre i 100 metri ma noi dobbiamo farne 120”. “Il nucleare pulito – sottolinea Cattaneo – è alla portata della ricerca” e pur rispettando “il volere popolare dei due referendum”, “non dimentichiamo che Bruxelles ha identificato il nucleare e il gas come fonti pulite”.

CARBONE, IMITARE LA GERMANIA

Per far fronte alla crisi energetica, la Germania è tornata pesantemente sul carbone. Una soluzione lontana dall’obiettivo di emissioni zero. Eppure Cattaneo non se la sente di bocciare la scelta del governo Scholz: “Il dato interessante e paradossale, è che la Germania tiene accese le centrali a carbone con i Verdi ambientalisti per la prima volta al governo. Un paradosso, sì, ma siccome i tedeschi sono molto pragmatici, per affrontare l’assenza di gas non hanno potuto che riattivare le centrali”. E se lo fanno loro, è il ragionamento, “evidentemente non c’è alternativa” se non quella di “chiudere le aziende”. E allora “io scelgo di tenere aperte le imprese e qualche centrale a carbone. In Italia, tra l’altro, non ne abbiamo tante ma sono tra le più moderne del mondo, come quella di Civitavecchia. Poi, come dice Cingolani, andranno spente e riconvertite”.

AUTO ELETTRICHE, CHE ERRORE

Con la corsa all’elettrificazione, per volere dell’Ue, dal 2035 sarà bandita la produzione di auto a benzina e a diesel. “È una decisione sbagliatissima – s’infervora Cattaneo – noi ci siamo opposti con tutte le nostre forze, a Bruxelles, attraverso Tajani e Berlusconi. È una scelta ideologica”. La preoccupazione di Cattaneo è per le imprese e per i lavoratori: “Vuol dire che la filiera dell’auto dismette tutto ciò che è motore a combustione, il che si tramuta in Italia in un milione di posti di lavoro a rischio. Io ritengo che se i ragazzi dei Fridays for future, che dicono cose giuste, tornano a casa e il proprio padre è stato licenziato in virtù di decisioni troppo ideologiche, forse ci ripensano. Serve un approccio di ambientalismo diverso, che non è appannaggio della sinistra”.

CENTROSINISTRA DA PAURA

Una sinistra che, argomenta Cattaneo, “fa venire i brividi”. Il programma su energia e ambiente “l’ho letto, certo. Molto sintetico, molti slogan e poca concretezza. C’è da aver paura di fronte a un approccio del genere. La sinistra può prendere decisioni dalla sera alla mattina, decisioni che vanno a soddisfare le pulsioni di qualche piazza ambientalista, ma che rischiano di fare danni importanti alle imprese italiane. Le aziende non sono il nemico, ma l’alleato nella transizione ecologica. A qualche ambientalista piacerebbe che girassimo tutti in bicicletta, ma saremmo anche tutti affamati a quel punto”.

AMBIENTE E TERMOVALORIZZATORE

Al punto 12 del programma del centrodestra, si parla di ambiente. Dalla piantumazione – il famoso milione di alberi da piantare di Berlusconi – alla salvaguardia dell’acqua, al riciclo dei rifiuti. Per un termovalorizzatore è caduto un governo e Cattaneo lo sa bene: “Ero relatore di quel provvedimento, il dl aiuti. Noi eravamo d’accordo, anche se era il Pd a proporlo. In assoluto è necessario lavorare di più e meglio sull’economia circolare. L’Italia è un Paese manifatturiero e può diventare leader nel mondo per queste pratiche. Io dico: meno ideologia e più pragmatismo”.

PNRR DA RIVEDERE

L’ultimo argomento, non meno delicato degli altri, è il Pnrr. Che per Cattaneo, come per Berlusconi, ha bisogno di “un’aggiustatina”. Lo accetterà l’Europa? “Il Pnrr – dice – ha qualche problema nel merito e nel metodo. Vogliamo negare che siamo già in ritardo negli obiettivi? E perché siamo in ritardo? Viene meno anche l’alibi che i soldi ci sono… ma questo Paese non riesce a spenderli, perché il codice appalti è farraginoso, perché le stazioni appaltanti degli 8 mila comuni non ce la fanno, perché persino le regioni faticano a stare dietro a questi ritmi”. Quindi, conclude Cattaneo, “o tagliamo la burocrazia, oppure gli obiettivi non si ottengono. Noi diciamo di rivedere il Pnrr innanzitutto nella modalità di spesa dei denari e poi per usare meglio la leva dei soldi pubblici. Da liberali vogliamo spalancare le porte ai privati in un’ottica sussidiarietà. Nel merito, poi… Se il Pnrr nasce da una risposta giusta dell’Europa ‘buona’ in tempo di pandemia, oggi c’è una crisi energetica che presuppone una pari, forse maggiore, emergenza. Se noi diciamo di ricalibrare il Pnrr diciamo una cosa giusta e in Europa nessuno può avere nulla da dire.

Ursula von der Leyen

Commissione Ue al lavoro per una riforma del mercato dell’elettricità

Niente di nuovo, all’apparenza, ma sotto i colpi dei prezzi dell’elettricità “in crescita vertiginosa” la Commissione europea stringe i tempi e potrebbe non aspettare necessariamente il nuovo anno per presentare la sua proposta di riforma del mercato elettrico. “Vediamo i limiti del nostro attuale design di mercato, sviluppato per circostanze e obiettivi completamente diversi da quelli che ci dobbiamo trovare ad affrontare oggi“, ha spiegato la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, nel corso del suo intervento al Bled Strategic Forum (in Slovenia), annunciando che l’esecutivo comunitario “sta lavorando a un intervento d’emergenza e a una riforma strutturale” del mercato dell’elettricità.

Già a fine luglio la commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson, si era esposta sulla questione, mettendo però in chiaro che la proposta del gabinetto von der Leyen non sarebbe arrivata prima dell’inizio del 2023. A un mese di distanza da quelle parole, la situazione in tutta l’Unione è peggiorata sensibilmente, con prezzi record dell’elettricità raggiunti in Italia, Francia e Germania. Ecco perché potrebbe accelerare anche il lavoro della Commissione sulla proposta legislativa che dovrebbe svincolare il prezzo dell’energia elettrica proveniente dal gas naturale da quella di altre energie, il cosiddetto disaccoppiamento dei prezzi per evitare l’effetto contagio. L’intervento sarà di vasta portata, per delineare “un modello nuovo che funzioni davvero e ci riporti in bilanciamento“, ha assicurato la presidente von der Leyen: l’attuale design di mercato dell’elettricità è calibrato sulle esigenze di vent’anni fa, quando le energie rinnovabili avevano un costo molto più elevato, mentre oggi – all’opposto – è il gas a essere più costoso, andando però ancora a definire l’intero prezzo dell’energia sul mercato.

La questione dell’aumento dei prezzi dell’energia e del design di quello dell’elettricità deriva dalle conseguenze della guerra rissa in Ucraina e la via d’uscita, secondo la numero uno dell’esecutivo comunitario, passa dalla “neutralizzazione della capacità russa di minacciarci“, che potrebbe materializzarsi presto in unacompleta interruzione delle forniture” verso l’Europa. Le vie da seguire sono diverse e passano dalla diversificazione delle fonti energetiche da Mosca (aumentate di 31 milioni di metri cubi da gennaio, ha ricordato von der Leyen) al taglio del 15% dei consumi di gas in tutti i Paesi membri (“per risparmiare 45 milioni di metri cubi”), fino all’impulso allo sviluppo delle rinnovabili: “Ogni chilowatt di elettricità dalle fonti solare, geotermica, eolica e dalle biomasse è un chilowatt in meno di dipendenza dalla Russia“, ha aggiunto von der Leyen nel suo intervento a Bled. Domani la leader dell’esecutivo Ue sarà in Danimarca per “discutere di parchi eolici nel Mar Baltico, come già ne esistono nel Mare del Nord“.

Ancora bombe su Zaporizhzhia. Ispezione Aiea in settimana

L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) visiterà la centrale di Zaporizhzhia questa settimana, dopo giorni di bombardamenti intorno al sito e timori di una catastrofe nucleare. Ieri il tetto di un edificio dell’impianto, dove viene immagazzinato il carburante per i reattori, è stato colpito e danneggiato “dai bombardamenti delle truppe ucraine, accusa Vladimir Rogov, rappresentante dell’amministrazione filorussa della regione.

La missione dell’Aiea, per ispezionare l’impianto occupato dall’esercito russo sulla linea del fronte nell’Ucraina meridionale, sarà guidata dallo stesso direttore generale, Rafael Grossi, e composta da almeno una dozzina di persone. “Il giorno è arrivato, la missione dell’AIEA a Zaporizhzhia è in arrivo. Dobbiamo proteggere la sicurezza dell’Ucraina e della più grande centrale energetica d’Europa“, ha annunciato su Twitter, precisando che la missione sarebbe arrivata sul posto “nel corso della settimana“. Grossi chiede da mesi una visita al sito, avvertendo del “rischio reale di un disastro nucleare“. “La missione sarà la più difficile nella storia dell’Aiea a causa degli attacchi della Russia sul territorio“, rimprovera il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, durante una visita a Stoccolma.

Accusata da Kiev di aver cercato di ostacolare la missione dell’AIEA, la Russia dichiara di accogliere con favore l’imminente ispezione. “Aspettavamo questa missione da molto tempo. Lo riteniamo necessario“, sostiene il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, che domanda di “fare pressione sulla parte ucraina affinché smetta di mettere in pericolo il continente europeo bombardando l’impianto“. Secondo l’operatore ucraino Energoatom, le forze russe, “preparandosi all’arrivo della missione dell’AIEA, stanno facendo pressione sul personale dell’impianto per impedire che rivelino le prove dei crimini dell’occupante“.

Intanto, i Paesi del G7, “profondamente preoccupati” premono perché al personale dell’AIEA sia garantito un accesso “senza ostacoli” all’impianto. Il Presidente francese Emmanuel Macron precisa che “la sovranità ucraina su questo impianto non deve essere messa in discussione“, e aggiunge, ricevendo il Primo Ministro polacco Mateusz Morawiecki, che “la situazione intorno all’impianto è ciò che preoccupa maggiormente“. Energoatom denuncia che l’impianto “sta operando con il rischio di violare le norme di sicurezza in materia di radiazioni e incendi“. Inoltre, secondo l’operatore, “10 abitanti sono rimasti feriti” nei bombardamenti delle ultime 24 ore a Energodar, la località da cui dipende l’impianto, quattro sono dipendenti dell’impianto. La centrale di Zaporizhia, dove si trovano sei dei 15 reattori dell’Ucraina, è stata sequestrata dalle truppe russe all’inizio di marzo, poco dopo l’invasione del 24 febbraio.

Kiev e Mosca si accusano a vicenda di aver bombardato i dintorni del complesso sul fiume Dnieper e di aver messo in pericolo il sito. Secondo il ministero della Difesa, un drone armato ucraino è stato abbattuto sopra l’impianto e le forze ucraine hanno sparato otto proiettili contro aree residenziali di Energodar, tra cui due vicino all’impianto, ferendo alcune persone. Kiev a sua volta accusa le forze russe di aver messo in pericolo gli impianti nucleari stessi. “L’infrastruttura dell’impianto è stata danneggiata e c’è il rischio di fuoriuscita di idrogeno e di irrorazione radioattiva“, ha avvertito sabato Energoatom. Secondo Kiev, tra giovedì e venerdì l’impianto e i suoi sei reattori da mille megawatt ciascuno sono stati “totalmente scollegati” dalla rete nazionale a causa di danni alle linee elettriche, prima di essere ricollegati. In un videomessaggio alla conferenza sull’energia di Stavanger, in Norvegia, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky chiede sanzioni contro il gruppo russo Rosatom: “Non è normale che non ci siano ancora sanzioni contro Rosatom per questo ricatto nucleare alla centrale di Zaporizhia“, tuona, senza fornire ulteriori dettagli.

Dal 23 agosto, il municipio di Zaporizhzhia distribuisce compresse di iodio ai residenti nel raggio di 50 km dall’impianto, in conformità con le istruzioni del Ministero della Salute, sottolineando che lo iodio deve essere assunto solo in caso di allarme radioattivo.

Sotto la pressione internazionale, la Russia ha dovuto accettare una missione attraverso l’Ucraina e non attraverso i territori che controlla, come aveva richiesto in precedenza.

Dopo l’adozione di sanzioni economiche e personali contro i membri del regime russo, i ministri degli Esteri dell’UE, che si riuniranno a Praga oggi e domani, prenderanno in considerazione la sospensione di un accordo del 2007 che prevedeva agevolazioni per i visti di breve durata per i cittadini russi. Nel frattempo, sono proseguiti i combattimenti nella parte orientale e meridionale del Paese. Secondo le autorità locali ci sono stati bombardamenti nelle regioni di Kharkiv (nord-est), Mykolaïev (sud) e Dniepropetrovsk (centro). Il governatore di quest’ultima regione, Valentyn Reznichenko, ha annunciato sul suo account Telegram la morte di una persona nell’ultimo attentato.

Nel suo discorso, Zelensky ha affermato di voler riprendere “tutte le regioni sotto l’occupazione russa, compresa la Crimea, annessa dalla Russia nel 2014.

(Photo credits: Dimitar DILKOFF / AFP)