emissioni industriali

Clima, Report Ue: “Nel 2023 emissioni -8,3% ma serve continuare il lavoro”

L’azione per il clima dell’Unione europea dà risultati incoraggianti sulle riduzioni di emissioni, ma è necessaria un’azione continua per raggiungere gli obiettivi del 2030, 2040 e 2050 perché il cambiamento climatico, l’anno scorso, ha provocato più eventi catastrofici e perdite di vite umane e mezzi di sussistenza. È quanto emerge dal Report 2024 sui progressi dell’azione climatica pubblicato oggi dalla Commissione europea. Il documento mostra che le emissioni nette di gas serra (Ghg) dell’Unione europea sono diminuite dell’8,3% nel 2023 rispetto all’anno precedente. “Si tratta del calo annuale più grande degli ultimi decenni, ad eccezione del 2020, quando il Covid-19 ha portato a tagli delle emissioni del 9,8%. Le emissioni nette di Ghg sono ora inferiori del 37% rispetto ai livelli del 1990, mentre il Pil è cresciuto del 68% nello stesso periodo, a dimostrazione del continuo disaccoppiamento tra emissioni e crescita economica. L’Ue rimane sulla buona strada per raggiungere il suo impegno di ridurre le emissioni di almeno il 55% entro il 2030“, scrive l’esecutivo Ue.

Più nel dettaglio, le emissioni degli impianti elettrici e industriali coperti dal sistema di scambio di quote di emissione (Ets) dell’Ue hanno registrato un calo record del 16,5% nel 2023. “Le emissioni del settore Ets sono ora inferiori di circa il 47,6% rispetto ai livelli del 2005 e sono sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo del 2030 del -62%. Con l’Ue Ets, le emissioni derivanti dalla produzione di elettricità e dal riscaldamento sono diminuite del 24% rispetto al 2022, trainate dalla crescita delle fonti energetiche rinnovabili, in particolare l’energia eolica e solare, e dalla transizione dal carbone. Le emissioni dell’aviazione sono aumentate del 9,5%, continuando la tendenza post-Covid. L’Ue Ets ha generato entrate pari a 43,6 miliardi di euro nel 2023 per investimenti in azioni per il clima“, puntualizza. Il report precisa che le emissioni di edifici, agricoltura, trasporti nazionali, piccola industria e rifiuti sono diminuite di circa il 2% nel 2023 e il pozzo di carbonio naturale dell’Ue è aumentato dell’8,5% nel 2023. “L’Ue è all’avanguardia nella transizione pulita, con un altro anno di forti riduzioni delle emissioni di gas serra nel 2023. L’Ue rappresenta ora il 6% delle emissioni globali“, ha commentato il commissario Ue per l’Azione climatica, Wopke Hoekstra.

Tuttavia, Bruxelles evidenzia che “sono necessari ulteriori sforzi per raggiungere gli obiettivi del 2030” perché , sebbene il rapporto fornisca notizie incoraggianti sulle riduzioni delle emissioni dell’Ue, “l’anno scorso ha visto anche più eventi catastrofici e perdite di vite umane e mezzi di sussistenza, causati dal nostro clima già in cambiamento, e le emissioni globali non hanno ancora raggiunto il picco. È necessaria un’azione continua per garantire che l’Ue raggiunga i suoi obiettivi per il 2030 e si metta sulla strada giusta per raggiungere il suo futuro obiettivo per il 2040 e l’obiettivo del 2050 di emissioni nette zero“.

Per la Commissione, infine, l’Ue deve anche continuare il suo impegno internazionale, a partire dalla Cop29. “Con l’imminente partenza per la Cop29, dimostriamo ancora una volta ai nostri partner internazionali che è possibile intraprendere azioni per il clima e allo stesso tempo investire nella crescita della nostra economia. Purtroppo, il rapporto dimostra anche che il nostro lavoro deve continuare, sia in patria che all’estero, perché stiamo vedendo i danni che il cambiamento climatico sta causando ai nostri cittadini“, ha evidenziato ancora Hoekstra.

Auto, Ue rende definitivi dazi su import elettriche cinesi ma si continua a trattare

La Commissione europea ha deciso: sulle auto elettriche cinesi importate nell’Unione europea i dazi compensativi diventano definitivi. Pur “rimanendo impegnato a trovare una soluzione negoziata“, come ricordano da giorni e settimane da Palazzo Berlaymont, l’esecutivo Ue ha concluso oggi la sua indagine anti-sovvenzioni, che ha rilevato che la filiera dei veicoli elettrici a batteria (Bev) in Cina beneficia di sovvenzioni ingiuste che stanno causando una minaccia di danno economico ai produttori dell’Ue.

Per questo motivo, l’esecutivo Ue impone dazi compensativi definitivi sulle importazioni di veicoli elettrici a batteria (Bev) dalla Cina per un periodo di cinque anni. Le tariffe, che si aggiungeranno a quelle già esistenti del 10%, entreranno in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. “Parallelamente, l’Ue e la Cina continuano a lavorare per trovare soluzioni alternative compatibili con l’Omc che sarebbero efficaci nell’affrontare i problemi identificati dall’indagine. La Commissione rimane inoltre aperta a negoziare impegni sui prezzi con singoli esportatori, come consentito dalle norme dell’Ue e dell’Omc”, riporta una nota ufficiale.

A partire dall’entrata in vigore delle misure, i produttori esportatori cinesi inclusi nel campione saranno soggetti a dazi compensativi. Nello specifico, si tratta del 17% per BYD; del 18,8% per Geely; del 35,3% per SAIC. Le altre società che hanno collaborato saranno soggette a un dazio del 20,7%, mentre a tutte le altre società che non l’hanno fatto saranno imposte tariffe del 35,3%. A seguito di una richiesta motivata di esame individuale, a Tesla verrà assegnato un dazio del 7,8%. I dazi definitivi saranno riscossi a partire dall’entrata in vigore e la Commissione monitorerà che non vengano elusi. “Ogni produttore esportatore che ha collaborato ed è soggetto al dazio medio del campione, o che è un nuovo esportatore, ha il diritto di richiedere una revisione accelerata per stabilire un’aliquota di dazio individuale“, precisa ancora la Commissione. Inoltre, “gli importatori possono richiedere un rimborso se ritengono che il loro produttore esportatore non sia sovvenzionato o se il margine di sovvenzione è inferiore ai dazi pagati dagli importatori. Tale richiesta deve essere debitamente comprovata e supportata dalle rispettive prove“.

Le misure adottate saranno valide per un periodo di 5 anni, a meno che non venga avviata una revisione della scadenza prima. “L’Ue rimane il campione mondiale del commercio aperto, equo e basato sulle regole. Accogliamo con favore la concorrenza, anche nel settore dei veicoli elettrici, ma deve essere sostenuta dall’equità e da condizioni di parità“, ha evidenziato il vice presidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis. “Adottando queste misure proporzionate e mirate dopo un’indagine rigorosa, stiamo difendendo pratiche di mercato eque e la base industriale europea. Parallelamente, rimaniamo aperti a una possibile soluzione alternativa che sarebbe efficace nell’affrontare i problemi identificati e compatibile con l’Omc“, ha puntualizzato.

La decisione di oggi arriva dopo mesi di negoziati per tentare di trovare una soluzione amichevole e concordata con Pechino. Ma se a parole le due parti hanno più volte evidenziato la volontà di raggiungerla, nei fatti i tentativi sono andati a vuoto. Con Bruxelles ferma sul punto, ora, ma anche preoccupata per l’attuale procedimento anti-dumping cinese contro il brandy e per le azioni avviate su carne di maiale e latticini, che la parte Ue ritiene infondate.

Ue, Tatò (Mimit): “Rivedere norme ambientali ed Ets per tutelare imprese italiane”

“In Europa sono in vigore normative molto stringenti in materia ambientale ed Ets e probabilmente c’è la necessità di rivedere queste normative per evitare che le imprese italiane ed europee in generale siano penalizzate sul piano del confronto con la concorrenza internazionale”. Lo ha detto a GEA Roberto Tatò, dirigente della Divisione Energia e Imprese del Mimit, a margine del convegno organizzato da Assovetro su ‘La transizione ecologica del vetro. Innovazioni e tecnologie per decarbonizzare l’intera filiera produttiva’ che si è svolto a Roma. “L’Ets 2 – ha aggiunto – estenderà il sistema a settori fino ad oggi esclusi, come il trasporto aereo e il trasporto marittimo. Però questo sistema che entrerà in vigore dal 2026 prevede un apparato burocratico e di rendicontazione piuttosto complesso e sicuramente da questo punto di vista c’è bisogno di una semplificazione e il ministero si sta adoperando per far sì che la prevista revisione del meccanismo posso andare in questa direzione”.

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Fitto a Parlamento Ue: “Impegno per attuazione Pnrr entro il 2026”

Cresciuto in un’Europa profondamente divisa, la mia formazione è stata ispirata dal rispetto per i valori e i principi sanciti nei Trattati europei”. Esordisce così Raffaele Fitto, designato vice presidente esecutivo della Commissione europea a Coesione e riforme, nelle sue risposte alle 13 domande che la commissione per lo sviluppo regionale (Regi) del Parlamento europeo gli ha presentato in forma scritta in vista dell’audizione del 12 novembre in cui verrà ulteriormente esaminato. Questo accade, in base al processo di valutazione dell’Eurocamera, a tutti i commissari e vice presidenti designati dalla presidente Ursula von der Leyen: un vero e proprio esame, scritto e orale.

L’audizione del candidato italiano si presenta come una delle più tese dato che l’ala progressista del Parlamento europeo non vede di buon occhio l’inclusione di un membro di Fratelli d’Italia nel prossimo esecutivo Ue. E sarà forse per questo motivo che Fitto, nel presentarsi, in risposta alla prima domanda, spiega di aver iniziato la sua carriera politica nella Democrazia Cristiana ma non menziona il suo passaggio a FdI. E precisa: “Sono sempre stato un fermo sostenitore del progetto europeo, nonché dei principi e dei valori fondamentali dello Stato di diritto che lo sostengono”.

Fitto ricorda che “nei prossimi cinque anni, l’Unione europea dovrà affrontare sfide importanti”, come la transizione verde e digitale e il rilancio della competitività, e “sarà essenziale garantire risorse adeguate e lavorare insieme per un bilancio solido”. Ed è qui che puntella le sue competenze, cioè l’esperienza come ministro responsabile dell’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza dell’Italia, “il più grande in Europa per dimensioni”. In questo contesto Fitto si attiene alle regole concordate e non annuncia alcun cambiamento sulla scadenza del Recovery: “Se sarò confermato, intendo mettere a frutto questa esperienza collaborando con il commissario per l’Economia e la produttività per realizzare, come indicato nella mia lettera di missione, le riforme e gli investimenti concordati nel Piano di ripresa e resilienza degli Stati membri, entro il termine di spesa del 2026”. E assicura che – nel caso di difficoltà dei governi a rispettare gli impegni – lavorerà con gli Stati per “modificare i loro piani e garantire che i fondi siano concentrati su investimenti alternativi altrettanto ambiziosi che possano essere completati entro la durata dello strumento”. Ma se “alcune delle ultime tappe od obiettivi saranno ancora considerati non soddisfatti”, “la corrispondente erogazione non verrà effettuata”.

Fitto precisa che “la politica di coesione deve essere in grado di adattarsi alle sfide emergenti” e che, nonostante “innegabili progressi”, “le disparità regionali persistono e ne sorgono di nuove”. E qui, “gli investimenti e le riforme della politica di coesione dovrebbero andare di pari passo per affrontare le sfide di lunga data, accelerando la convergenza verso l’alto dei nostri territori e la fornitura di investimenti sul campo”. Per questo motivo, “è necessaria un’ulteriore semplificazione, la riduzione degli oneri amministrativi e la possibilità per i beneficiari, in particolare le piccole e medie imprese e le comunità locali, di accedere ai fondi in modo più efficiente”.

Infine, Fitto rassicura sulla gestione dei fondi di Coesione in rapporto al rispetto dello Stato di diritto: “Il Regolamento sulla condizionalità dello Stato di diritto si applica a tutti i fondi dell’Ue, inclusa la politica di coesione. Sono pienamente impegnato a rispettare questi principi”, scrive.

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Ue si spacca sui dazi alle auto elettriche cinesi. Urso: “Lavoriamo per evitare guerra commerciale”

Nessun accordo di peso – ma passa comunque il sì – tra i 27 Stati membri sull’introduzione dei dazi dell’Ue sulle auto elettriche importate dalla Cina. La votazione, infatti, non ha fatto emergere alcuna maggioranza qualificata né a favore né contro la proposta della Commissione. Fonti riferiscono che 10 Stati membri si sono espressi a favore – tra i quali ci sarebbe anche l’Italia – 5 contro (Germania, Ungheria, Slovacchia, Slovenia e Malta),e 12 si sono astenuti. Esplicitamente contraria la Germania, secondo la quale “le tariffe sarebbero sbagliate. Lo dice la nostra industria automobilistica, che dovrebbe essere protetta. Alcuni politici pensano di sapere tutto meglio degli stessi interessati. Bisogna parlare chiaramente e negoziare con la Cina, ma solo i perdenti sperimentano le guerre commerciali”, dice il ministro delle Finanze, Christian Lindner.

Nel dettaglio, le tasse aggiuntive ammonteranno al 7,8% per Tesla, al 17% per BYD, al 18,8% per Geely e al 35,3% per SAIC, secondo un documento finale inviato ai Paesi membri il 27 settembre.

Ora la palla passa alla stessa Commissione europea, che potrà procedere come riterrà più opportuno e dovrà arrivare a una decisione entro il 30 ottobre, quando si chiuderà l’indagine anti-sovvenzioni avviata un anno fa. La proposta, spiega la Commissione, “ha ottenuto il sostegno necessario dagli Stati membri dell’Ue per l’adozione delle tariffe. Questo rappresenta un ulteriore passo avanti verso la conclusione dell’indagine antisovvenzioni”. Parallelamente, però, assicura, “l’Ue e la Cina continuano a lavorare sodo per esplorare una soluzione alternativa che dovrebbe essere pienamente compatibile con l’Omc, adeguata per affrontare le sovvenzioni pregiudizievoli accertate dall’indagine della Commissione, monitorabile e applicabile”.

Insomma, si cerca ancora di arrivare a una soluzione condivisa. “Non vogliamo e non abbiamo mai voluto imporre tariffe giusto per farlo”, assicura il portavoce della Commissione europea, Olof Gill, responsabile per il Commercio e l’Agricoltura, che rimarca però “gli effetti dannosi” delle sovvenzioni sul mercato europeo, pur ribadendo che “restiamo aperti a trovare una soluzione”.

Immediata la replica di Pechino, che ha annunciato che si opporrà “fermamente” al piano dell’Unione Europea di aggiungere ulteriori tasse sulle auto elettriche cinesi. “La Cina si oppone fermamente alle pratiche protezionistiche ingiuste, non conformi e irragionevoli dell’Ue in questo caso e si oppone con forza all’imposizione di dazi antisovvenzioni sui veicoli elettrici cinesi”, ha dichiarato il ministero del Commercio che ha esortato i Paesi dell’Ue a “tornare in carreggiata” risolvendo le tensioni commerciali attraverso il dialogo e ha avvertito che “salvaguarderà gli interessi delle aziende cinesi”.

Sul fronte italiano il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ricorda che il nostro Paese si è espresso “in linea con le analisi tecniche della Commissione tese a ripristinare condizioni di equità commerciale. Auspichiamo che il negoziato riprenda sia in bilaterale sia in sede di Wto per giungere, come sempre sostenuto, ad una soluzione condivisa nel pieno rispetto delle regole internazionali”. In ogni caso, ribadisce Urso, “siamo contrari ad ogni ipotesi di ‘guerra commerciale’ e lavoreremo insieme per evitarla”.

 

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Auto, Germania frena su revisione target. Ma Urso festeggia: “Si allarga consenso su iniziativa”

La giornata bruxellese del ministro Urso inizia con una mezza doccia fredda e finisce con una certa soddisfazione. Le dichiarazioni in mattinata del sottosegretario all’Economia e all’Azione climatica tedesco, Sven Giegold, non fanno partire con il piede giusto il Consiglio Competitività dell’Ue per il ministro delle Imprese e del Made in Italy: “Abbiamo visto la stampa italiana riportare alcune osservazioni dall’Italia, ma anche dalla Germania. Ma ci sono malintesi che vorrei chiarire: la Germania non vuole indebolire le norme sul clima, che fanno parte del regolamento. Per noi gli obiettivi climatici sono fondamentali e vediamo già nel mercato automobilistico il grande pericolo che i produttori di Auto europei vengano superati dai veicoli elettrici di altri Paesi. Quindi chiaramente non è nostro obiettivo mettere in discussione l’eliminazione graduale del motore a combustione al 2035; non chiediamo nuovi biocarburanti che, se si calcola veramente, non sono climaticamente neutri, producono gas serra dal suolo. E quindi ciò di cui abbiamo bisogno è la neutralità tecnologica, sì, ma per soluzioni climatiche a zero emissioni di carbonio anche per le Auto. C’è quindi una differenza“. E chiarisce ancora: “Tuttavia è prevista una revisione e naturalmente chiediamo, come ha annunciato la presidente della Commissione, che questa revisione venga effettuata ma c’è bisogno della raccolta di dati. Quindi abbiamo avuto una conversazione amichevole con il ministro Urso, ma non è lo stesso spirito: noi non prendiamo di mira il target 2035“.

Un piccolo intoppo, che però non frena il percorso di Urso. Che spiega che “non c’è stata nessuna incomprensione con Berlino” e che “la via maestra, quella di mantenere il target del 2035, va sostanziata con adeguate misure. Su quello tutti siamo d’accordo“. A fine giornata, poi, arriva una ventata di positività: una sufficiente maggioranza di Paesi potrebbe sostenere la proposta italiana di chiedere l’anticipazione ai primi mesi del 2025 dell’esercizio della clausola di revisione del regolamento CO2. Anzi, addirittura, segnala il Mimit, si è registrato un “largo consenso“. Per ora le interlocuzioni del ministro Urso sono a livello bilaterale e nella riunione del Consiglio di oggi non c’è stato un dibattito sulla questione. Come spiegato in conferenza stampa da Mate Loga, ministro per la Strategia economica dell’Ungheria, Paese che ricopre il semestre di presidenza del Consiglio dell’Ue. “Il settore automobilistico, in relazione agli obiettivi climatici, non è stato al centro della discussione odierna”, ha detto. In generale, “la competitività, le sfide industriali e tecnologie e le sfide climatiche davanti al settore automobilistico, sono stati temi di discussione. Ma scadenze precise o argomenti come quello” relativo agli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 delle auto “non sono stati oggetto della nostra discussione“, ha precisato. I colloqui di Urso ora andranno avanti perché possano sfociare in un documento da sottoporre poi al Consiglio.

Nello specifico, il ministro “ha incontrato il ministro della Spagna per Industria e Turismo, Jordi Hereu; il ministro dell’Austria del Lavoro e l’Economia, Martin Kocher; il ministro dei Paesi Bassi per l’Economia, Dirk Beljaarts; il ministro dell’industria della Romania, Ștefan-Radu Oprea; il ministro dell’industria di Malta, Silvio Schembri; il vice ministro della Polonia per lo Sviluppo economico e la tecnologia, Ignacy Nemczycki. In tutti i bilaterali si è segnata una convergenza sulla necessità di un intervento, raccogliendo anche le indicazioni del report Draghi, e si è registrato un largo consenso sulla opportunità di anticipare l’esercizio della clausola di revisione del regolamento CO2 ai primi mesi del 2025, passaggio necessario per rivedere e rafforzare per tempo il percorso per il raggiungimento dei target del regolamento. Proposta che sarà uno dei pilastri del ‘non paper’ che l’Italia condividerà con altri Paesi nelle prossime settimane“, ha specificato il ministero in una nota arrivata a fine giornata. Intanto, la posizione italiana ha trovato riscontro nel corso della discussione del Consiglio, anche da parte dei rappresentanti di Slovacchia, Repubblica Ceca e Lettonia, che hanno rilevato la necessità di dotarsi di strumenti adeguati a sostenere l’industria europea, così come avvenuto ieri nel corso del colloquio con il vicecancelliere tedesco Robert Habeck. La medesima convergenza si è registrata, con diversi Paesi, anche sulla revisione delle regole del Cbam, con un focus sul settore siderurgico. Insomma, una giornata iniziata male si conclude con segnali positivi per il ministro, in attesa del responso degli altri Paesi sul suo non paper.

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Maltempo, via libera da Consiglio Ue ad aiuti all’Italia per 446 milioni

L’Unione europea si mobilita a sostegno delle popolazioni colpite dagli eventi alluvionali del 2023 e dei mesi passati. Nell’ordine, oggi sono arrivati, prima, l’ok dei Paesi membri dell’Unione europea – riuniti nel Consiglio Agricoltura e Pesca – allo stanziamento di oltre un miliardo di euro dal Fondo di solidarietà dell’Unione europea per fornire assistenza a Italia, Slovenia, Austria, Grecia e Francia, colpite da sei calamità naturali l’anno scorso, e, poi, la proposta della Commissione europea di aiuti per 119,7 milioni di euro dalla riserva agricola per sostenere direttamente gli agricoltori di Bulgaria, Germania, Estonia, Italia e Romania che hanno subito eventi climatici avversi eccezionali in primavera e all’inizio dell’estate.
Per quanto riguarda il sostegno alle calamità dell’anno scorso, il Consiglio ha precisato che “il Fondo di solidarietà dell’Unione europea sarà mobilitato per un importo totale di 1.028,54 milioni di euro in stanziamenti di impegno e di pagamento, incluso l’importo di 231,78 milioni di euro come anticipi”.

Nello specifico, l’Italia avrà la quota maggiore delle risorse, con 446,64 milioni di euro totali – 378,83 milioni di euro per le inondazioni causate da piogge estremamente intense nella regione Emilia-Romagna a maggio 2023, incluso l’importo di 94,71 milioni di euro come anticipo, e 67,81 milioni di euro per le alluvioni registrate nella regione Toscana a ottobre e novembre 2023. A seguire, la Slovenia, con 428,41 milioni di euro per le inondazioni subite ad agosto 2023, incluso l’importo di 100 milioni di euro come anticipo. La Grecia otterrà 101,53 milioni di euro per le inondazioni causate dalla tempesta mediterranea ‘Daniel’ in più posti nel centro del Paese, in particolare nella regione della Tessaglia, a settembre 2023, incluso l’importo di 25,38 milioni di euro come anticipo. Alla Francia andranno 46,76 milioni di euro per riparare i danni subiti dalle inondazioni causate dalle forti piogge nell’ex regione Nord-Pas-de-Calais a novembre 2023, incluso l’importo di 11,69 milioni di euro come anticipo. L’Austria è destinataria di 5,20 milioni di euro per far fronte ai danni registrati dopo le forti piogge nel sud ad agosto 2023. La proposta, che nel pomeriggio è stata approvata anche dalla commissione per i bilanci del Parlamento europeo, ora dovrà incassare il sì della plenaria dell’Aula tra il 7 e il 10 ottobre a Strasburgo. Una volta approvata dal Parlamento, il testo ripasserà dal Consiglio per l’ultimo ok prima di entrare in vigore e permettere l’erogazione degli aiuti finanziari ai Paesi.

Per quanto riguarda gli aiuti al settore agricolo, l’esecutivo Ue ha proposto di stanziare di stanziare 10,9 milioni di euro alla Bulgaria, 46,5 milioni di euro alla Germania, 3,3 milioni di euro all’Estonia, 37,4 milioni di euro all’Italia e 21,6 milioni di euro alla Romania per contribuire “a compensare gli agricoltori di questi Paesi che hanno perso parte della loro produzione e, di conseguenza, parte del loro reddito. Gli importi presentati oggi sono un segno della solidarietà dell’Ue con gli agricoltori colpiti, che può essere integrata fino al 200% con fondi nazionali”. La proposta della Commissione ora sarà discussa con tutti gli Stati membri, prima che decidano sulla sua approvazione durante la riunione del Comitato per l’organizzazione comune dei mercati agricoli del 7 ottobre. Una volta adottati, le autorità nazionali dovranno distribuire questo aiuto entro il 30 aprile 2025 e garantire che gli agricoltori siano i beneficiari finali. Gli Stati membri interessati dovranno inoltre notificare alla Commissione entro il 31 dicembre 2024 i dettagli dell’attuazione delle misure, in particolare i criteri utilizzati per determinare la concessione di aiuti individuali, l’impatto previsto della misura, le previsioni di pagamenti suddivisi per mese fino alla fine di aprile e il livello di sostegno aggiuntivo da fornire.

La notifica dovrebbe anche includere le azioni intraprese per evitare distorsioni della concorrenza e sovracompensazioni. Va ricordato che tale forma di sostegno è possibile perché la politica agricola comune (Pac) 2023-2027 include una riserva agricola di almeno 450 milioni di euro all’anno per far fronte a perturbazioni del mercato o eventi eccezionali che incidono sulla produzione o sulla distribuzione. Per attivarla, gli Stati membri devono inviare alla Commissione una relazione che giustifichi le loro richieste di risarcimento e dimostri la loro valutazione dei danni subiti dall’evento meteorologico eccezionale o dalle misure sanitarie. Per quanto riguarda l’Italia, la Commissione ha evidenziato che, nella prima metà del 2024, sono state registrate “temperature insolitamente calde e condizioni di siccità di portata senza precedenti nella parte meridionale dell’Italia continentale e nelle isole” e “ciò ha influito sulla produzione di frutta e verdura, vino e seminativi”.

Auto elettrica

Vendite auto ko in Europa. Acea chiede misure urgenti e cambia posizione su target CO2

L’Associazione europea dei costruttori di automobili (Acea) cambia posizione e non insiste più per un rinvio di due anni degli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 dell’Ue entro il 2025. Ora chiede che Bruxelles adotti misure urgenti per affrontare le crescenti sfide nel raggiungimento di questi obiettivi, poiché la quota di mercato dei veicoli elettrici a batteria continua a diminuire in tutta l’Unione. In una nota mette in luce una serie di preoccupazioni significative riguardo alla transizione verso una mobilità a zero emissioni e la sostenibilità del settore automobilistico europeo nel suo complesso.

Un aspetto fondamentale sottolineato da Acea è che la tecnologia dei veicoli e la disponibilità di modelli a zero emissioni non rappresentano più un collo di bottiglia per l’industria. Ci sono però criticità lungo la transizione: spicca l’insufficienza delle infrastrutture di ricarica elettrica e di rifornimento di idrogeno, che rappresentano un freno alla diffusione di massa dei veicoli elettrici. La scarsità di queste infrastrutture crea una notevole incertezza tra i consumatori, che esitano ad abbandonare i veicoli tradizionali per passare a soluzioni più ecologiche, spiega Acea, come emerge dalle immatricolazioni di agosto. Le vendite di nuove auto nell’Ue hanno registrato un forte calo (-18,3%) con risultati negativi nei quattro principali mercati della regione: perdite a due cifre sono state registrate in Germania (-27,8%), Francia (-24,3%) e Italia (-13,4%), con il mercato spagnolo in calo del 6,5%. In particolare le immatricolazioni di auto elettriche a batteria sono diminuite del 43,9% a 92.627 unità (rispetto alle 165.204 dello stesso periodo dell’anno scorso), con la loro quota di mercato totale scesa al 14,4% dal 21% dell’anno precedente.

Oltre a questo, l’associazione dei produttori di autoveicoli europei richiama l’attenzione sul problema della competitività dell’industria automobilistica del Vecchio Continente, che ha subito una forte erosione negli ultimi anni, un fenomeno confermato anche dal rapporto redatto dall’ex presidente della Bce, Mario Draghi. Le preoccupazioni non riguardano solo le infrastrutture fisiche, ma anche la fornitura di energia verde, che non è sufficientemente accessibile e a costi competitivi, e la necessità di incentivi fiscali e agevolazioni per l’acquisto di veicoli elettrici, strumenti cruciali per stimolare il mercato e incentivare i consumatori a scegliere soluzioni a basse emissioni. Un altro punto fondamentale evidenziato da Acea riguarda la fornitura di materie prime come le batterie e l’idrogeno, che non è ancora garantita in modo adeguato per sostenere l’aumento della produzione di veicoli elettrici.

Di fronte a questi ostacoli, Acea esprime preoccupazione per la fattibilità del raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 per auto e furgoni previsti entro il 2025. Le normative attuali, secondo l’associazione, non tengono conto dei cambiamenti significativi intervenuti nel contesto geopolitico ed economico globale negli ultimi anni. La rigidità di queste regole, che non riescono ad adattarsi agli sviluppi del mondo reale, rischia di aggravare ulteriormente le difficoltà di un settore già sotto pressione. Questo scenario solleva la prospettiva di multe multimiliardarie, evidenzia Acea, che potrebbero essere invece reinvestite per accelerare la transizione verso zero emissioni. Se le sanzioni non saranno evitate, il settore potrebbe essere costretto a ridurre inutilmente la produzione, con conseguenti perdite di posti di lavoro e un indebolimento della catena di fornitura europea.

La preoccupazione maggiore di Acea è, dunque, che l’industria automobilistica europea non possa permettersi di attendere la prevista revisione delle normative sulle emissioni, che è in programma per il 2026 o 2027. La nota dei produttori europei sottolinea che è necessaria “un’azione urgente” e concreta già nell’immediato per invertire la tendenza negativa attuale e per ripristinare la competitività dell’industria dell’Ue. Particolarmente importante, secondo Acea, sarà anche una “revisione anticipata delle normative per i veicoli pesanti”, in modo da garantire che le infrastrutture necessarie per camion e autobus siano ampliate tempestivamente, affinché anch’essi possano contribuire agli obiettivi di riduzione delle emissioni. Acea, quindi, chiede una discussione per un “pacchetto di misure di sostegno a breve termine” che possa contribuire al raggiungimento degli obiettivi di CO2 per auto e furgoni entro il 2025. Inoltre, l’associazione ribadisce l’importanza di una “revisione rapida, completa e solida delle normative sulla CO2” sia per auto che per veicoli pesanti, oltre a una legislazione secondaria mirata, al fine di avviare in modo deciso la transizione verso una mobilità a emissioni zero e assicurare un futuro industriale sostenibile per l’Europa.

Ue, l’andamento del debito pubblico negli ultimi anni

Nell’infografica INTERATTIVA di GEA su dati Eurostat diffusi oggi, è illustrato l’andamento del debito pubblico in rapporto al Pil dal primo trimestre 2022 al primo trimestre 2024. Come si vede è costantemente diminuito negli anni, per risalire proprio nell’ultimo trimestre.

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A Bruxelles 23/9 evento Ice su opportunità in ambito Nato e Ue per le imprese

‘Le prospettive della Nato sulle tecnologie emergenti (Edt) e la cooperazione con l’Ue’ è il titolo dell’evento che si svolgerà il 23 settembre online e in presenza presso Ice Bruxelles, Place de la Libertè dalle 9.30 alle 12.30. Organizzato dall’agenzia Ice è il primo del nuovo ciclo di seminari ‘Ice Ascolta l’Europa’, introdotto a dicembre 2022 su temi comunitari di particolare rilevanza come le opportunità di finanziamento nelle aree del Mediterraneo e in America Latina, la nuova politica Ue nei Paesi terzi e le opportunità per le aziende italiane fornite dal programma Global Gateway, la strategia comunitaria per il tessile sostenibile e circolare. In aggiunta, è stato avviato, a partire da giugno 2023, un progetto specifico di diffusione delle opportunità esistenti per le aziende italiane in ambito Nato.

Il progetto, organizzato con la Rappresentanza Permanente d’Italia presso la Nato, e in collaborazione con l’Ambasciata d’Italia in Belgio e la Rappresentanza Permanente presso l’Ue, nasce dalla consapevolezza dell’esistenza, nel quadro del procurement civile della Nato, di opportunità ancora non pienamente esplorate dalle imprese italiane, specie le Pmi.

L’accesso al procurement e ai fondi della Nato, spiega Ice “è, infatti, frenato dalla scarsa conoscenza da parte delle imprese italiane, e dalla difficoltà a rapportarsi con un mondo, quello della Difesa, percepito come estraneo e con regole complicate, in particolare circa la documentazione aggiuntiva per operare in contesti che toccano questioni di sicurezza”. L’iniziativa, mirata esclusivamente alle opportunità esistenti in ambito civile, serve anche a sperimentare nuove collaborazioni tra Ice e la Nato.

Nel corso dell’incontro si parlerà dello Strategic Technologies for Europe Platform (STEP), la piattaforma per incentivare gli investimenti delle Pmi nelle tecnologie critiche in Europa e della Net Zero Industry Act (NZIA), fulcro del Green Deal, che mira alla progressiva decarbonizzazione industriale del mercato unico. Per quanto concerne i programmi della Nato, invece, saranno trattati l’Acceleratore DIANA (Defence ovation Accelerator for the North Atlantic) a servizio delle aziende per sviluppare tecnologie avanzate in materia di sicurezza e il Nato Innovation Fund, fondo di venture capital sostenuto dagli alleati della Nato per investire in deep tech.

Introdurranno i lavori l’ambasciatore Marco Peronaci, rappresentante permanente d’Italia presso la Nato e Tindaro Paganini, direttore dell’Ufficio Ice di Bruxelles. A seguire, lato Ue interverranno Davide Lombardo, vice capo della Task Force Strategic Technologies for Europe Platform (STEP), Direzione Generale del Bilancio (Dg Budg) della Commissione Europea e Caterina Attiani, Attaché Politica industriale e Innovazione – Rappresentanza Permanente d’Italia presso l’Unione europea. Per la Nato saranno presenti Massimo Artini, rappresentante italiano nel Board of Directors di Nato DIANA, Salvatore Calabrò, Head Science & Technology Advice – Office of the Chief Scientist, e Matija Matoković, Deputy Head Innovation Unit – Innovation, Hybrid and Cyber (IHC) Division. Al termine si incontreranno le imprese in presenza e i relatori.

Nel 2024 sono previsti due ulteriori appuntamenti, entrambi a Bruxelles in presenza e anche in modalità ibrida. Il primo, ‘Access2Markets e Single Entry Point: Quali opportunità per le imprese italiane?’ si svolgerà il 2 ottobre, dalle 10 alle 11.30 ed è realizzato in collaborazione con la Commissione europea, Dg Trade. Il secondo, invece, è previsto per il 28 ottobre, dalle 10 alle 12, e sarà focalizzato su ‘Le prospettive della Nato e la Cooperazione con l’Ue nel settore della logistica’. Infine, nel 2025 ma con data ancora da definire, si svolgerà un ulteriore evento, dal titolo ‘Le prospettive della Nato e la cooperazione con l’Ue nel settore dell’energia’.

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