Nucleare, via libera al ddl Pichetto. Il ministro: “Guardiamo al futuro con realismo”

Il Consiglio dei Ministri ha approvato, in via definitiva, il Ddl Pichetto in materia di energia nucleare sostenibile. “Con questo provvedimento – spiega il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin – l’Italia si dota di uno strumento fondamentale per guardare al futuro con realismo e ambizione. Vogliamo essere protagonisti delle nuove tecnologie, dagli SMR e AMR fino alla fusione, nel quadro della neutralità tecnologica e della transizione energetica europea. Il nucleare sostenibile è una scelta di innovazione, sicurezza e responsabilità verso i cittadini, imprese e verso l’ambiente”.

Il provvedimento è stato già esaminato preliminarmente lo scorso 28 febbraio ed è stato acquisito il parere favorevole della Conferenza unificata. Le Regioni e le Province autonome hanno espresso parere favorevole a maggioranza, condizionato all’intesa sui decreti legislativi attuativi, mentre l’ANCI ha chiesto e ottenuto che i Comuni siano coinvolti nelle consultazioni qualora si proceda all’individuazione ex ante di aree aventi le caratteristiche per ospitare gli impianti, con la valutazione di adeguate misure di compensazione per i territori interessati.

Il testo ha l’obiettivo di intervenire in modo organico sulla produzione di energia da fonte nucleare sostenibile e da fusione, inserendola nel “mix energetico italiano” per raggiungere l’indipendenza energetica e gli obiettivi di decarbonizzazione. Il provvedimento supera le precedenti esperienze nucleari e si concentra sull’uso delle migliori tecnologie disponibili, incluse quelle modulari e avanzate.

Più in particolare, il disegno di legge conferisce al Governo una delega per disciplinare in modo organico l’introduzione del nucleare sostenibile, nel quadro delle politiche europee di decarbonizzazione al 2050 e degli obiettivi di sicurezza energetica. La delega prevede, tra l’altro, l’elaborazione di un Programma nazionale per il nucleare sostenibile, l’istituzione di una Autorità per la sicurezza nucleare indipendente, il potenziamento della ricerca scientifica e industriale, la formazione di nuove competenze e lo svolgimento di campagne di informazione e sensibilizzazione. I decreti legislativi attuativi dovranno essere adottati entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge.

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L’Ue avverte l’Italia: “Fare di più per contrastare cambiamento climatico e povertà energetica”

Positivi l’agricoltura biologica, la crescita delle fonti rinnovabili, la riduzione delle emissioni a gas serra. Problematici la dipendenza dalle importazioni di materie prime critiche, l’adattamento ai cambiamenti climatici e la povertà energetica. E’ la fotografia dell’Italia scattata dall’Agenzia europea dell’Ambiente (Aea) nel suo Rapporto sullo stato dell’ambiente.

“L’Italia sta compiendo passi significativi verso la sostenibilità, ma deve affrontare numerose sfide”, evidenzia. Più nel dettaglio, vanno bene “lo sviluppo dell’agricoltura biologica, la crescita delle fonti rinnovabili, che supera il traguardo 2020 e punta al 38,7% entro il 2030, e la riduzione delle emissioni di gas serra”, elenca il documento. “Ampia” è anche l’estensione delle aree protette, sebbene “per contribuire al raggiungimento degli obiettivi europei sarà necessario compiere ulteriori passi avanti”.

Sul fronte dell’economia circolare, “l’Italia registra un tasso elevato di utilizzo dei materiali”, ma “occorre ridurre la dipendenza dalle importazioni di materie prime critiche, rafforzando il riciclo e il riutilizzo delle risorse già presenti sul territorio nazionale”. Dunque, per l’Agenzia, “restano aperte questioni importanti” per l’Italia che vanno “dalle strategie di adattamento ai cambiamenti climatici alla gestione dei rifiuti, fino alle sfide socio-economiche legate al divario generazionale, alla scarsa mobilità sociale e alla diffusa povertà energetica”. In particolare, “le sfide ambientali si intrecciano con quelle sociali ed economiche, richiedendo un approccio integrato capace di coniugare tutela ambientale, innovazione e benessere collettivo”, precisa il report e, sotto questa luce, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è visto come “strumento decisivo per sostenere sostenibilità, innovazione e competitività”, mentre “la Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, in coerenza con l’Agenda 2030, resta il quadro di riferimento per garantire politiche coerenti e di lungo periodo”.

Allargando lo sguardo, il report dell’Agenzia – il settimo quest’anno, dato che viene pubblicato ogni cinque anni a partire dal 1995 – descrive come “non buono” lo stato di salute dell’ambiente europeo perché “continua a subire degrado, sfruttamento eccessivo e perdita di biodiversità”. Non solo: le prospettive per la maggior parte delle tendenze ambientali sono “preoccupanti” e “comportano gravi rischi per la prosperità economica, la sicurezza e la qualità della vita in Europa”.

All’indice ci sono cambiamenti climatici e degrado ambientale che rappresentano una “minaccia diretta per la competitività dell’Europa”. Circa l’81% degli habitat protetti si trova in condizioni mediocri o pessime, dal 60 al 70% dei suoli è degradato e il 62% dei corpi idrici non è in buone condizioni ecologiche. Il cambiamento climatico sta aggravando la scarsità di risorse idriche e, sul fronte energetico, si registra l’impossibilità per il 19% degli europei di mantenere una temperatura confortevole nelle proprie case.

E mentre la frequenza delle ondate di calore estreme è in aumento, solo 21 dei 38 Paesi membri dell’Aea (i Ventisette Ue a cui si aggiungono Islanda, Norvegia, Liechtenstein, Turchia, Svizzera e i 6 dei Balcani occidentali) dispongono di piani d’azione per la salute in caso di ondate di calore. Inoltre, gli eventi climatici e meteorologici estremi (ondate di calore, alluvioni, frane, incendi boschivi) hanno causato oltre 240 mila morti tra il 1980 e il 2023 nell’Ue, con perdite economiche medie annue che sono state 2,5 volte superiori tra il 2020 e il 2023 rispetto al periodo compreso tra il 2010 e il 2019.

Per queste ragioni, il Rapporto – che arriva in un momento in cui i Paesi Ue hanno approvato un compromesso minimo sulla riduzione delle emissioni di gas serra entro il 2035 e non sono riusciti a raggiungere un accordo su sulla proposta della Commissione europea di ridurre le emissioni del 90% entro il 2040 rispetto al 1990 – esorta ad accelerare l’attuazione di politiche e azioni, per una sostenibilità a lungo termine, già concordate nell’ambito del Green deal europeo. Un invito subito rimarcato dalla vicepresidente esecutiva della Commissione europea per la Transizione, Teresa Ribera: “Ritardare o rinviare i nostri obiettivi climatici non farebbe altro che aumentare i costi, aumentare le disuguaglianze e indebolire la nostra resilienza. Proteggere la natura non è un costo ma un investimento, nella competitività, nella resilienza e nel benessere dei nostri cittadini”, ha affermato. Mentre per Leena Ylä-Mononen, direttrice esecutiva dell’Aea, “non possiamo permetterci di ridimensionare le nostre ambizioni in materia di clima, ambiente e sostenibilità”.

Mattarella in Kazakistan e Azerbaigian, per Italia partnership cruciali in Asia centrale

Una doppia tappa diplomatica dall’alto valore geopolitico, ma anche geoeconomico. Dal 30 settembre all’1 ottobre il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sarà in visita ufficiale per la prima volta in Kazakistan e a seguire in Azerbaigian, dove è già stato nel 2018.

Corposa l’agenda degli appuntamenti nei due Paesi, che rappresentano un esempio virtuoso in un contesto globale caratterizzato dagli scenari di guerra, in Ucraina come in Medio Oriente. Kazakistan e Azerbaigian, invece, sono aree del mondo che hanno saputo ritrovare e percorrere sentieri di pace, dialogo e diplomazia, ponendosi come stella polare lo sviluppo delle rispettive potenzialità. Non a caso per l’Unione europea sono interlocutori preziosi e per l’Italia due partner di grande importanza, sul piano energetico ma anche per l’approvvigionamento di materie prime e le infrastrutture, ma non solo. Le relazioni sono molto strette, al punto che lo scorso maggio la premier, Giorgia Meloni, ha partecipato, ad Astana, al Vertice Italia-Asia Centrale.

Per entrambi i Paesi l’influenza della Russia è storicamente forte, ma le evoluzioni che hanno saputo compiere ormai già da qualche anno, ha permesso ad Astana e Baku di compiere passi decisivi verso una visione globale. Certo, Mosca resta un interlocutore importante a livello economico, ma non l’unico. Così come questo cammino ha permesso di sganciarsi anche dall’Iran e dalla Cina. Inoltre, questi due Paesi stanno portando avanti un’opera di dialogo con le altre regioni dell’Asia centrale.

Alla luce dei progressi compiuti, gli orizzonti che si aprono sono decisamente ampi. Con potenzialità di grande livello, che possono rivelarsi vincenti nel contesto in cui si trova l’Occidente, l’Europa e ovviamente il nostro Paese.

Procedendo con ordine, i campi di collaborazione tra Italia e Kazakistan spaziano dal petrolio ai metalli di base, ai cereali: settori che insieme fanno quasi il 90% dell’export kazako verso il nostro Paese. Forte è anche la presenza delle aziende italiane sul territorio: grandi gruppi come Eni, Ferrero, Saipem, Iveco sono realtà consolidate nell’area.

Con l’Azerbaigian la cooperazione è di lunga data, al punto che l’Italia è il primo partner commerciale. Con il gasdotto trans-adriatico, conosciuto con l’acronimo Tap, arriva sulle sponde di Melendugno una consistente quantità di gas che parte dal giacimento Shah Deniz II, dopo aver attraversato Grecia, Albania e Adriatico. Il collegamento funziona così bene che sembra ormai tutto pronto per il raddoppio. Non solo, perché l’ultimo scambio di rilievo è avvenuto proprio alla vigilia del viaggio del capo dello Stato, con il colosso azero Socar che ha rilevato da Api Holding le stazioni di servizio della Italiana Petroli, con closing che dovrebbe avvenire all’inizio del prossimo anno. Senza contare che per mesi Baku Steel è stato in procinto di acquisire l’ex Ilva, ma alla fine ha scelto di ritirarsi dalla corsa per gli stabilimenti di quella che era la più grande azienda siderurgica del nostro Paese.

Per tutte queste ragioni, la visita di Mattarella, accompagnato dal vice ministro degli Esteri, Edmondo Cirielli, assume una grande importanza. Entrando nel dettaglio, il capo dello Stato incontrerà lunedì 19 settembre il presidente della Repubblica kazaka, Kassym-Jomart Tokayev, per poi trasferirsi nel palazzo del Senato, dove sarà ricevuto dal presidente, Maulen Ashimbayev. A seguire il capo dello Stato vedrà una delegazione della collettività italiana.

Il giorno dopo, 30 settembre, Mattarella terrà un’allocuzione alla Scuola Nazionale per la Pubblica Amministrazione kazaka, istituzione che richiama il vanto di un Paese che ha scelto la strada della modernizzazione e delle riforme, a partire proprio dalla Pa. L’impulso decisivo per la Scuola è arrivato proprio da Tokayev, che ha segnato così un segno di profonda discontinuità dal suo predecessore, Nursultan Nazarbaev, dimessosi nel 2019 dopo essere rimasto in carica per ben 29 anni di fila. Sarà un momento importante della visita del capo dello Stato, che nel suo discorso ripercorrerà lo sviluppo delle relazioni bilaterali tra i nostri Paesi, ma toccando anche temi come lo sviluppo tecnologico, l’arrivo dell’Intelligenza artificiale e come questi strumenti possono essere applicati ai servizi per la cittadinanza.

A seguire, Mattarella visiterà l’Astana Hub, il più grande parco tecnologico internazionale per startup dell’Information Technology dell’Asia centrale, che ospita realtà internazionali. Sarà l’occasione per presentargli alcune iniziative del settore, che contribuiscono all’avanzamento del Kazakistan, aprendo potenziali canali di collaborazione e partenariato economici.

Nel pomeriggio del 30 settembre, poi, il capo dello Stato partirà per Baku, dove in serata parteciperà al pranzo offerto in suo onore dal presidente della Repubblica azera, Ilham Aliyev, con il quale sarà il giorno dopo, 1 ottobre, alla Ada-Azerbaigian Diplomatic Academy, dove è stato realizzato dal 2022 il progetto universitario Italia-Azerbaigian. Sarà un appuntamento di grande valore simbolico, visto che l’istituzione prende spunto proprio grazie ai colloqui tra Mattarella e Aliyev ed è stata fondata in collaborazione la Luiss, l’Università di Bologna, il Politecnico di Milano, il Politecnico di Torino e La Sapienza, si pone come obiettivo quello di rafforzare lo scambio di conoscenze tra i due Paesi, concentrando l’offerta formativa nei campi del design e architettura, agricoltura e scienze alimentari, economia e ingegneria.

Prima di rientrare a Roma, il presidente della Repubblica farà tappa al Cimitero dei Martiri per deporre una corona. Poi l’aereo decollerà in direzione Italia.

Trump show all’Onu: “Cambiamento climatico più grande bufala mai raccontata”

Il cambiamento climatico? “Una truffa, la più grande bufala mai raccontata”. Le politiche green? “Una follia”. L’impronta di CO2? “Non esiste”. In quasi un’ora di discorso senza contradditorio – a fronte dei 15 minuti concessi agli altri capi di Stato e di governo – è dal Palazzo di Vetro dell’Onu – in occasione dell’80esima Assemblea generale delle Nazioni Unite – che l’uragano Donald Trump fa piazza pulita di decenni di ricerche, progetti, politiche internazionali e accordi. Il climate change, per il repubblicano, non esiste affatto e, anzi, agire per contrastarlo significa, soprattutto per l’Europa, “continuare ad autoinfliggersi delle ferite”. La posizione di The Donald in tema ambientale è sempre stata chiara, ma mai in un discorso pubblico aveva messo sul piatto tutto ciò che ruota intorno al clima, dalle politiche energetiche alla salute, dalla manifattura alla Cina, passando per l’Accordo di Parigi al petrolio e al carbone “buono e pulito”.

L’assunto di base è evidente: “Il cambiamento climatico è la più grande truffa mai perpetrata al mondo” da un gruppo di “stupidi”, nel quale rientrano anche le “Nazioni Unite”. Il riscaldamento del pianeta, insomma, è “una bufala”, ed è per questo che “mi sono ritirato dal falso accordo di Parigi sul clima, dove tra l’altro l’America stava pagando molto più di ogni altro paese”. Mettere in campo azioni per non superare +1,5°C è, per Trump, troppo. Il presidente Usa fa un esempio legato all’attualità. Recenti ricerche hanno stimato che il caldo abbia causato almeno 175mila vittime solo in Europa. Negli Usa, invece, si registrano “circa 1.300 decessi all’anno” per la stessa ragione. “Ma dato che il costo” dell’energia “è così elevato” nel Vecchio Continente, “non si può accendere l’aria condizionata. Tutto in nome della finzione di fermare la bufala del riscaldamento globale”. In sostanza per il repubblicano, “l’intero concetto globalista di chiedere alle nazioni industrializzate di successo di infliggersi dolore e sconvolgere radicalmente le loro intere società deve essere respinto totalmente”.

Gli sforzi messi in campo dall’Europa, dalle organizzazioni internazionali, dal mondo delle imprese, dalle Cop sono “una follia”. L’effetto principale di queste “brutali politiche energetiche verdi non è stato quello di aiutare l’ambiente, ma di ridistribuire l’attività manifatturiera e industriale dai paesi sviluppati che seguono le folli regole imposte ai paesi inquinanti che le infrangono e stanno facendo fortuna”. Favorire, quindi, in primis, la Cina, che ora produce “più CO2 di tutte le altre nazioni sviluppate del mondo”.

Quindi, sulla scia dell’ormai celebre ‘Drill, baby drill’, il presidente Usa stronca ogni apertura verso le rinnovabili perché “sono costose da gestire. Sono un grandissimo scherzo”. Per l’Agenzia internazionale dell’Energia (Aie), invece, il 96% delle nuove energie rinnovabili ha un costo di produzione inferiore rispetto ai combustibili fossili. Meglio ripiegare sul “carbone pulito”, che “ci permette di fare qualsiasi cosa”, sul “gas” e sul “petrolio”, dal momento “che ne abbiamo più di ogni altro Paese al mondo”. E poco importa se poco prima il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, aveva parlato di una crisi climatica che “sta accelerando”, sottolineando che “il futuro dell’energia pulita non è più una promessa lontana. È già qui. Nessun governo, industria o interesse particolare può fermarlo. Ma alcuni ci stanno provando”. Appunto.

Dal palco, di fronte a centinaia di delegazioni internazionali, Trump fa la sua predica: “Se non usciamo da questo scherzo che io chiamo il green, non avremo scampo. I vostri paesi non ce la faranno”. Gli Stati Uniti, ne è certo, sono invece “in una nuova età dell’oro”.

“Alcuni passaggi” del lunghissimo discorso del leader Usa convincono la premier Giorgia Meloni, il cui intervento all’Onu è previsto per domani alle 20 (orario di New York). “Sono d’accordo sul fatto che un certo approccio ideologico al Green Deal abbia finito per non rendersi conto che stava minando la competitività dei nostri sistemi e quindi ci sono dei passaggi di Trump che ho assolutamente condiviso”, dice in un punto stampa a margine dell’Assemblea.

La politica di Trump sulle rinnovabili minaccia migliaia di imprese e penalizza Sud

Negli Stati Uniti l’occupazione nel settore dell’energia pulita è cresciuta 3 volte più velocemente rispetto all’economia nel suo complesso nel 2024, aggiungendo quasi 100.000 nuovi posti di lavoro e portando il numero totale di lavoratori nel settore green energy a 3,56 milioni. Tuttavia, a fronte dell’incertezza politica e di un rallentamento generale della crescita economica e delle assunzioni, l’anno scorso la crescita dei posti di lavoro nei settori green ha raggiunto il ritmo più lento dal 2020, creando circa 50.000 posti  in meno rispetto al 2023. E un’ulteriore spallata potrebbe arrivare dalle politiche dell’attuale amministrazione.

Secondo il decimo rapporto annuale ‘Clean Jobs America’ pubblicato da E2, oltre il 7% di tutti i nuovi posti di lavoro creati negli Stati Uniti e l’82% di tutti i nuovi posti di lavoro creati nel settore energetico lo scorso anno riguardavano professioni legate all’energia pulita. Nonostante questo rallentamento, i posti di lavoro nei settori del solare, dell’eolica, delle batterie, dell’efficienza, dello stoccaggio e delle reti e in altri sottosettori dell’energia pulita hanno continuato a crescere più rapidamente dell’economia in generale, rappresentando una quota sempre maggiore della forza lavoro complessiva degli Stati Uniti.

Gli analisti spiegano che sebbene non siano riflessi nei dati del 2024, le recenti azioni politiche del Congresso e dell’amministrazione Trump “hanno già causato ingenti perdite di posti di lavoro nel settore, e si prevede che ne seguiranno altre”. Alcune organizzazioni stimano che oltre 830.000 posti di lavoro potrebbero essere persi solo a causa delle modifiche alla politica energetica contenute nel One Big Beautiful Bill Act, firmato il 4 luglio.

Negli ultimi 5 anni, i settori dell’energia pulita e dei veicoli puliti hanno creato più di 520.000 posti di lavoro, con un incremento del 17%, superando di gran lunga l’aumento dell’occupazione nei settori dei combustibili fossili, dei veicoli a motore a benzina e diesel e nell’economia statunitense in generale. Il settore dell’energia pulita Usa naviga insomma nell’incertezza, scosso dalle recenti decisioni politiche federali di bloccare progetti, revocare crediti d’imposta, cancellare permessi e aggiungere nuova burocrazia normativa e ostacoli legali volti a ostacolare l’energia solare, eolica, i veicoli elettrici e altri settori.

“Questi attacchi alle politiche federali si verificano proprio mentre l’Ufficio di Statistica del Lavoro degli Stati Uniti afferma che le professioni in più rapida crescita in America sono i tecnici di manutenzione delle turbine eoliche e gli installatori di impianti solari fotovoltaici” spiega lo studio di E2, associazione di imprenditori e finanzieri con 100 miliardi di dollari di investimenti in portafoglio. I posti di lavoro nel settore delle energie pulite rappresentano ormai il 42% del totale nel settore energetico in America e il 2,3% della forza lavoro nazionale complessiva.

Attualmente, le persone impiegate in professioni legate alle energie pulite sono più numerose di quelle impiegate come infermieri, cassieri, camerieri e cameriere, o insegnanti di scuola materna, elementare e media. “Questi numeri dimostrano che questo era uno dei settori occupazionali più promettenti e promettenti del Paese alla fine del 2024 – ha affermato Bob Keefe, direttore esecutivo di E2 -. Ora la crescita dell’occupazione nel settore delle energie pulite è seriamente a rischio, e con essa, la nostra economia in generale”.

L’efficienza energetica rimane il settore principale per l’occupazione green Usa. Impiega quasi 2,4 milioni di lavoratori a livello nazionale dopo aver creato 91.000 posti di lavoro nel 2024. Seguono la generazione di energia rinnovabile (569.000 in totale, +9.000 nel 2024) e i veicoli a basse o zero emissioni dirette (398.000 in totale, -12.000 nel 2024). Nonostante un calo generalizzato dell’automotive, i posti di lavoro in quest’ultimo segmento sono infatti cresciuti del 52% dal 2020, creandone 137.000. “Ogni anno, i posti di lavoro nel settore dell’energia pulita diventano sempre più interconnessi e cruciali per la nostra economia nel suo complesso – ha affermato Michael Timberlake, direttore della Ricerca di E2 -. Questi posti di lavoro rappresentano ormai un punto fermo fondamentale per la forza lavoro del settore energetico americano. La solidità del mercato del lavoro statunitense e il futuro della nostra economia energetica sono ormai inscindibili dalla crescita dell’energia pulita”.

E2 rileva peraltro un paradosso politico-economico. Dal 2020 nessuna regione ha creato più posti di lavoro nel settore dell’energia pulita e a un ritmo più rapido del Sud: dal Texas alla Virginia, Stati che si sono rivelati cruciali per l’elezione di Trump nel 2024, le imprese hanno creato 41.000 posti di lavoro contro gli oltre 20mila della West Coast e del New England e i 13mila del Midwest. In totale, 17 Stati hanno visto la loro forza lavoro nel settore dell’energia pulita aumentare di almeno il 20% negli ultimi cinque anni.

Patto Italia-Usa per l’energia: più Gnl americano e Italia hub Mediterraneo

L‘impegno dell’Italia ad acquistare più gas naturale liquido dagli Stati Uniti è siglato in una dichiarazione congiunta firmata Gilberto Pichetto Fratin e dal segretario all’Interno e presidente del Consiglio nazionale per il dominio energetico della Casa Bianca, Doug Burgum. Nero su bianco, Roma riconosce il “ruolo vitale” del gnl degli States per “assicurare la sicurezza nel settore energetico, soprattutto alla luce del panorama geopolitico in evoluzione e dell’importanza di una fornitura adeguata all’Italia e all’Europa di una cruciale fonte energetica di transizione come il GNL e il gas naturale“. Ma nel documento viene anche riconosciuto il “ruolo strategico” dell’Italia come hub nel Mediterraneo.

Nel dossier, c’è l’impegno per la competitività, con semplificazioni normative, per costruire un futuro in campo energetico “più prospero, sicuro e a prezzi sostenibili in linea con le rispettive priorità, obiettivi e piani dei nostri due paesi, all’interno e all’estero”. Un accordo stretto nell’ottica di diversificazione delle fonti e delle vie di trasporto dell’energia. “È una priorità che il Governo si è data anche per rispondere alla domanda dei nostri cittadini e delle nostre imprese cui dobbiamo garantire energia sicura e sostenibile grazie a prezzi accessibili che sostengano la competitività delle nostre industrie, che resta l’obiettivo centrale anche per l’Europa”, osserva Pichetto, che illustra al segretario Usa le iniziative legislative del Governo per riaprire al nucleare. Il Gnl americano “contribuisce alla sicurezza degli approvvigionamenti anche grazie alla maggiore affidabilità della rotta che conduce dagli Usa all’Italia e all’Europa rispetto ai rischi geopolitici che si registrano su altre rotte”, ribadisce il ministro.

Centrale nella dichiarazione congiunta anche il ruolo dell’intelligenza artificiale per l’ottimizzazione e la sicurezza delle reti energetiche. Uno strumento in grado di “rivoluzionare” il settore dell’energia.

Il segretario americano è anche ricevuto dall’inquilino del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, con cui discute di cooperazione nel settore minerario, di progetti congiunti lungo l’intera catena del valore delle materie prime critiche e di investimenti reciproci. “Vogliamo rafforzare la nostra autonomia attraverso la diversificazione delle fonti di approvvigionamento, per raggiungere un ruolo chiave nella duplice transizione, green e digitale”, spiega Urso. Per l’Italia, Washington può diventare un partner strategico per lo sviluppo della value-chain mineraria: si aprono opportunità di cooperazione con aziende statunitensi attive nel campo dell’estrazione, della raffinazione e del riciclo delle materie prime critiche. Roma ha già adottato una legge in materia per analizzare la domanda e i fabbisogni del Paese e rilanciare il settore minerario del Paese, che conta circa la metà delle 34 materie prime considerate critiche dall’Unione Europea. Una delegazione del Mimit parteciperà alla Conference on Critical Minerals and Materials in programma nei prossimi giorni a Chicago.

rinnovabili

Calano consumi energia a luglio, 44% coperto da rinnovabili: +53,4% produzione eolico

Crescita a due cifre per la produzione di energia da eolico (+53,4%) e dal solare fotovoltaico (+17,8%), in Italia. Dati che spingono lo sfruttamento delle rinnovabili: a luglio le fonti pulite hanno coperto il 43,8% della domanda elettrica nazionale, la stessa quota del luglio 2024). Questa la fotografia di Terna relativa allo scorso mese e ai primi sette mesi dell’anno. In particolare, segnala la società che gestisce la rete nazionale di trasmissione dell’energia, l’incremento della produzione del fotovoltaico (+840 GWh) è dovuto al contributo positivo dell’aumento di capacità in esercizio (+873 GWh) che ha compensato il minor irraggiamento (-33 GWh). In diminuzione invece la fonte idrica (-30,4%), termica (-6,9%) e geotermica (-2,2%). Da gennaio a luglio, la capacità rinnovabile in esercizio è aumentata di 3.705 MW (di cui 3.354 MW di fotovoltaico), mentre negli ultimi dodici mesi, la capacità installata di fotovoltaico ed eolico è aumentata di 6.868 MW (+14,6%), raggiungendo i 53.781 MW complessivi. Al 31 luglio 2025, secondo il database di Terna, si registrano in Italia 17.132 MWh di capacità di accumulo (valore in aumento del 68,7% rispetto allo stesso mese del 2024), che corrispondono a 6.991 MW di potenza nominale, per circa 828.000 sistemi di accumulo.

Quanto ai consumi, nel mese di luglio il fabbisogno di energia elettrica in Italia è stato pari a 30 miliardi di kWh, in calo del 3,5% rispetto a luglio 2024. “La variazione negativa, che si confronta con il dato record di 31 TWh di luglio dello scorso anno (+4,6%), è stata raggiunta con lo stesso numero di giorni lavorativi (23) e una temperatura media mensile leggermente inferiore rispetto a luglio 2024 (-0,4°C)”, spiega la nota della società, ricordando che il picco massimo di domanda, pari a circa 56,2 GW, è stato registrato nella giornata di martedì 1 luglio tra le ore 14 e le 15. Il dato della domanda elettrica corretto dal solo effetto temperatura, porta la variazione a -2% rispetto a luglio 2024. A livello territoriale, la variazione tendenziale di luglio è risultata ovunque negativa: -3,7% al Nord e al Centro, -2,9% al Sud e nelle Isole. Nei primi sette mesi dell’anno, il fabbisogno nazionale è sostanzialmente stazionario (-0,3%) rispetto al corrispondente periodo del 2024 (-0,6% il valore rettificato). Lo scorso mese la domanda di energia elettrica italiana è stata soddisfatta per l’84,6% dalla produzione nazionale e per la quota restante (15,4%) dal saldo dell’energia scambiata con l’estero. Il valore del saldo estero mensile risulta pari a 4,6 TWh, l’8,1% in più rispetto a luglio 2024. A livello progressivo, da gennaio a luglio 2025, l’import netto è in diminuzione del 10% rispetto ai primi sette mesi del 2024.

L’indice Imcei (Indice Mensile dei Consumi Elettrici Industriali) elaborato da Terna, che prende in esame i consumi industriali delle imprese cosiddette ‘energivore’, ha fatto registrare una flessione del 2,1% rispetto a luglio 2024. In particolare, positivi i comparti di ceramiche e vetrarie, siderurgia, cemento calce e gesso e meccanica. In flessione, chimica, cartaria, metalli non ferrosi e alimentari; stazionari i mezzi di trasporto. In termini congiunturali, la variazione della richiesta elettrica destagionalizzata e corretta dagli effetti di calendario e temperatura è negativa (-4,8%) rispetto a giugno 2025. In diminuzione anche la variazione congiunturale dell’indice Imcei (-1,2%).

In Irlanda l’eolico che non ti aspetti: l’energia è prodotta dagli aquiloni

Sulla ventosa costa occidentale dell’Irlanda, alcuni ricercatori fanno volare enormi aquiloni, ma non per divertimento, bensì per produrre elettricità rinnovabile. “Utilizziamo un aquilone per catturare il vento e un generatore alla sua base cattura l’energia”, spiega all’Afp Padraic Doherty, dell’azienda olandese Kitepower, promotrice del progetto.

Un modello di 60 metri quadrati è appena uscito da un hangar nel sito di prova di Bangor Erris, una piccola città nella contea di Mayo, inaugurato nel settembre 2023. Un team trasporta il dispositivo fino al generatore, prima di collegarlo con un cavo. L’aquilone, dotato di un sistema di corde e carrucole, si libra in aria e funziona come uno “yo-yo o un mulinello da pesca”, spiega Padraic Doherty. Può raggiungere un’altitudine di 400 metri, prima di ridiscendere a 190. Un movimento ripetuto che genera circa 30 kilowatt all’ora.

L’energia prodotta viene immagazzinata in batterie simili a quelle utilizzate per i pannelli fotovoltaici. Secondo i suoi progettisti, un solo aquilone sarebbe sufficiente per ricaricare una batteria da 336 kilowattora. “Si tratta di una quantità di energia significativa, sufficiente per alimentare un avamposto isolato, una piccola isola, una stazione polare o persino un cantiere edile”, afferma Andrei Luca, responsabile delle operazioni presso Kitepower.

Le coste tempestose dell’Irlanda, il cui governo sta cercando di ridurre la dipendenza dal petrolio e dal gas, sono un terreno di gioco ideale per testare questa nuova tecnologia, denominata “energia eolica aerea”.

“Stiamo assistendo a una rivoluzione nell’energia eolica”, assicura Andrei Luca, mentre il suo team controlla la traiettoria dell’aquilone con un software di pilotaggio. Secondo Padraic Doherty, uno dei principali vantaggi del sistema è la sua rapida messa in funzione: “Possiamo installarlo in 24 ore e portarlo ovunque”. Inoltre, a differenza delle “turbine eoliche tradizionali”, non richiede “fondazioni costose in termini di denaro, tempo ed energia”, aggiunge.

Il suo socio Andrei Luca riassume: l’aquilone è “molto meno invasivo dal punto di vista paesaggistico, produce energia pulita e non dipende da una catena di approvvigionamento di combustibile per funzionare”.

Una dimostrazione della sua efficacia si è avuta a gennaio, durante la tempesta Eowyn, che ha causato importanti interruzioni di corrente in tutto il Paese: l’aquilone “ha fornito elettricità ininterrotta prima, durante e dopo la tempesta”, afferma Luca.

L’energia eolica è da tempo considerata un settore promettente in Irlanda. Tuttavia, la diffusione su larga scala delle turbine, sia terrestri che marine, è ostacolata da ritardi amministrativi e dai limiti di capacità della rete elettrica. Il governo punta a raggiungere 20 gigawatt di eolico offshore entro il 2040 e almeno 37 entro il 2050. Nel 2024, secondo Wind Energy Ireland (WEI), la principale lobby del settore, i parchi eolici hanno fornito circa un terzo dell’elettricità del Paese.

Per Mahdi Salari, ricercatore presso l’University College di Cork, nel sud del Paese, la capacità degli aquiloni di catturare i venti in quota con poche infrastrutture “li rende particolarmente adatti ad ambienti isolati, in mare o ad usi mobili”. Riconosce tuttavia che Kitepower dovrà affrontare sfide in materia di “normativa, sicurezza e affidabilità del sistema”. Ma secondo lui, questa tecnologia potrebbe affermarsi laddove “la disponibilità di terreni, i costi o i vincoli logistici frenano lo sviluppo delle turbine eoliche tradizionali”.

Enel cresce ancora, ricavi oltre i 40 miliardi. Acquistato il 62,5% di Cetasa in Spagna

Continua il cammino in terreno positivo per Enel. Un risultato tutt’altro che scontato, nel contesto geopolitico ed economico attuale, frutto di una strategia che sta dando i propri frutti, soprattutto per gli investimenti all’estero, che compensano ampiamente la riduzione dei margini in Italia sia per la scelta di applicare prezzi medi inferiori ai clienti finali, sia per rinnovabili e minori disponibilità idriche.

Tirando le somme, al giro di boa del semestre i ricavi superano i 40,8 miliardi, facendo registrare un incremento di 5,4 punti percentuali rispetto a un anno fa. Mentre il risultato netto ordinario cresce di 160 milioni (+4,4%). Altra voce di sicuro impatto è il costante calo dell’indebitamento finanziario netto, che arriva 55,4 miliardi, riducendosi così di un ulteriore 0,6% rispetto alla fine del mese di dicembre del 2024. Un dato che, combinato in rapporto all’Ebitda (in calo dell’11,6% a 11.092 milioni nel semestre), fa scendere il rapporto alla soglia del 2,5 restituendo “flessibilità al bilancio”, come spiega agli investitori l’ad, Flavio Cattaneo. Che assicura: “Siamo pronti a cogliere opportunità di creazione di valore a lungo termine”. Del resto, da gennaio a giugno gli investimenti sono già oltre i 4,5 miliardi. Lo stesso Cattaneo conferma che “siamo nella fase finale di negoziazione per alcune operazioni brownfield”, chiarendo però che “la strategia resta invariata: nessun accordo di grande entità, solo tecnologie a basso rischio in paesi dell’Ue e degli Usa”.

Il ceo di Enel commenta i dati del semestre mettendo in luce che “confermano ancora una volta l’efficacia della nostra strategia di capital allocation e delle iniziative di advocacy in Europa e nelle Americhe, che ci hanno consentito di migliorare il profilo rischio-rendimento del Gruppo riducendo l’esposizione alla volatilità dei mercati energetici e aumentando la visibilità sull’evoluzione del business”. Sulla base dei risultati ottenuti, l’amministratore delegato prevede “che l’utile netto ordinario di Gruppo si attesterà a fine anno nella parte più alta della guidance”. Che viene confermata, ovviamente, con stime per la fine dell’anno che vanno dai 22,9 ai 23,1 miliardi per i ricavi e tra 6,7 e 6,9 miliardi per l’utile netto ordinario.

Oltre ai conti Enel ha anche due novità di grande rilievo. La prima riguarda Egpe, la società del Gruppo controllata tramite Endesa, che ha perfezionato l’acquisizione da Caja Rural de Soria e Caja Rural de Navarra, rispettivamente, del 37,5% e del 25% del capitale sociale di Cetasa, società che detiene un portafoglio di 99 MW di impianti eolici operativi nella provincia spagnola di Soria, per circa 240 GWh all’anno di produzione, e ulteriori 30 MW di progetti eolici in fase di sviluppo. Il target stimato, a regime, è quello di incrementare il margine operativo lordo di Egpe per circa 10 milioni di euro all’anno. L’altra operazione, infine, è l’avvio, autorizzato dal Consiglio di amministrazione, di un programma di buyback da 1 miliardo, che prenderà il via il 1 agosto e si concluderà il 31 dicembre prossimo, per “riconoscere agli azionisti una remunerazione aggiuntiva rispetto alla distribuzione dei dividendi”. Enel, dunque, non si ferma e lancia nuove sfide.

Italgas

Italgas, +31,1% utile netto nel primo semestre. Gallo: “Risultati mostrano la forza industriale del gruppo”

Nel primo semestre 2025, il gruppo Italgas ha registrato ricavi totali adjusted per 1,126,7 miliardi di euro, in aumento del 29,2%, e un Ebitda adjusted cresciuto del 27,8%, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, a 857,5 milioni di euro. L’Ebit adjusted è pari a 558,0 milioni di euro, in crescita del 38,9% rispetto al primo semestre 2024. L’utile netto adjusted attribuibile al gruppo al 30 giugno si attesta a 316,6 milioni di euro, in aumento del 31,1% rispetto al 30 giugno 2024 (241,5 milioni di euro). Risultati, spiega l’ad Paolo Gallo, che “testimoniano la forza industriale e finanziaria del gruppo”, la capacità di “generare valore in modo costante e sostenibile”.

Gli investimenti tecnici, nei primi sei mesi dell’anno, ammontano a 495,1 milioni di euro. In crescita, e di molto, quelli nell’ambito della distribuzione gas (329,3 milioni di euro), che registrano +46,7% rispetto al corrispondente periodo del 2024, e quelli nella digitalizzazione (106,6 milioni di euro) che crescono del 7,6% rispetto al primo semestre 2024. Merito dell’inclusione nel perimetro di consolidamento della società 2i Rete Gas che, dice Gallo, “ha reso Italgas il primo operatore europeo della distribuzione del gas e ha, cambiato il volto di un settore storicamente frammentato e sostanzialmente immobile”.

Gli altri investimenti (59,2 milioni di euro) aumentano di 29,1 milioni di euro e includono i lavori di riqualificazione dell’area Corso Regina Margherita” di Torino e il parco automezzi. “Gli investimenti hanno raggiunto il mezzo miliardo di euro e hanno riguardato principalmente le reti per renderle ancora più intelligenti e quindi capaci di gestire gas diversi, di origine fossile e rinnovabile”, spiega l’ad Gallo.

La strategia di sviluppo del gruppo Italgas, che sarà nuovamente delineata in occasione della presentazione del Piano Strategico 2025-2031 il prossimo ottobre, rappresenta  per l’amministratore delegato “una risposta efficace alla crescente domanda di energia sicura, rinnovabile ed economicamente accessibile per famiglie e imprese”. Gallo ricorda che “abbiamo dato vita al primo operatore europeo della distribuzione del gas con più di 4.000 Comuni e quasi 13 milioni di clienti serviti, oltre 155 mila chilometri di reti e una forza lavoro di circa 6.500 dipendenti”. L’integrazione di 2i Rete Gas, completata in soli 90 giorni, dice ancora l’ad, “è il risultato della nostra capacità di affrontare attività molto complesse, con un’organizzazione ad hoc articolata su numerosi gruppi di lavoro: l’integrazione dei sistemi informatici e la riorganizzazione territoriale della Società sono la principale evidenza di un incredibile sforzo effettuato in un tempo molto ridotto”.

I ricavi regolati distribuzione gas adjusted aumentano di 230,9 milioni di euro rispetto al corrispondente periodo del 2024. Al netto dell’inclusione nell’area di consolidamento della società 2i Rete Gas (+217,5 milioni di euro), nonostante la significativa riduzione del Wacc (-25,8 milioni di euro), la voce si incrementa per effetto della crescita della RAB, che beneficia anche della revisione da parte di Arera dei criteri di rivalutazione dei costi di capitale. I ricavi diversi del gruppo aumentano di 23,5 milioni di euro rispetto al corrispondente periodo del 2024 prevalentemente per l’incremento di 15,3 milioni di euro dei ricavi derivanti dal settore efficienza energetica e 7,7 milioni di euro del settore idrico.

I costi operativi del primo semestre 2025, nella configurazione adjusted, ammontano a 269,2 milioni di euro, in aumento di 68,1 milioni di euro rispetto al corrispondente periodo del 2024, prevalentemente per effetto dell’inclusione nell’area di consolidamento della società 2i Rete Gas (+52,9 milioni di euro) e della crescita dalle attività relative al settore dell’efficienza energetica che hanno registrato un incremento nei costi di 11,6 milioni di euro, che trovano corrispondenza alla voce ricavi diversi.

Gli oneri finanziari netti adjusted al 30 giugno 2025 ammontano a 100,0 milioni di euro e aumentano di 44,2 milioni di euro principalmente per effetto degli oneri relativi alla linea di credito c.d. Bridge per l’acquisizione di 2i Rete Gas, dell’inclusione nell’area di consolidamento degli oneri di 2i Rete Gas, e per l’impatto dell’emissione obbligazionaria dual-tranche effettuata a marzo 2025. I proventi netti su partecipazioni al 30 giugno 2025 sono pari a 4,7 milioni di euro e fanno riferimento al contributo delle società partecipate valutate con il metodo del patrimonio netto; in particolare, le società dell’idrico contribuiscono per 3,7 milioni di euro. Le imposte sul reddito, nella configurazione adjusted, al 30 giugno 2025 ammontano a 129,5 milioni di euro, in aumento di 32,5 milioni di euro rispetto al corrispondente valore dell’anno precedente, come conseguenza del maggior risultato ante imposte del periodo. Il tax rate adjusted del semestre si attesta quindi al 28,0%