A Pantelleria torna il festival The Island

Ambiente e musica a braccetto nello stesso luogo: un’isola che è anche un paradiso terrestre. E’ possibile? A scommetterci per il secondo anno consecutivo è ‘The Island’: il festival torna infatti a Pantelleria da giovedì 1 a domenica 3 giugno per far vivere ai suoi ospiti delle nuove esperienze diurne immerse nella natura all’insegna del benessere, che culmineranno in speciali live notturni in un universo fatto di musica di ricerca presso il resort Zubebi, headquarter del festival.

Anche a livello energetico il festival sarà sostenibile: verrà infatti alimentato da energia proveniente anche da fonti rinnovabili, al fine di ridurre l’impatto sull’ambiente delle attività collegate al festival stesso. Durante la prima edizione, il sustainability partner Plenitude (Eni) ha installato a Pantelleria un impianto di pannelli fotovoltaici che sarà utilizzato per contribuire ad alimentare anche l’edizione 2023 del festival, insieme a una turbina eolica residenziale installata proprio quest’anno, che andrà ad amplificare la produzione di energia rinnovabile.

Le giornate si concluderanno con i live e i DJ set di grandi artisti internazionali. Fra quelli già annunciati ci sono Palm Trax, Dj Tennis, Danilo Plessow, Young Marco e Saoirse.

Caro energia, le regole per l’utilizzo dei crediti d’imposta del primo trimestre 2023

All’indomani della proroga al primo trimestre 2023 dei crediti d’imposta sul ‘caro energia’, con il provvedimento n.116285/2023 l’Amministrazione finanziaria estende a tali crediti le medesime disposizioni applicate per la cessione e la tracciabilità degli analoghi crediti d’imposta relativi ai periodi precedenti.

In alternativa all’utilizzo in compensazione, i crediti d’imposta relativi al primo trimestre 2023 a favore delle imprese a forte consumo di energia elettrica, delle imprese dotate di contatori di energia elettrica di potenza pari o superiore a 4,5 kW, diverse dalle imprese energivore, delle imprese a forte consumo di gas naturale e diverse da quelle a forte consumo di gas naturale, nonché delle imprese esercenti attività agricola e della pesca e attività agromeccanica, in relazione alla spesa sostenuta per l’acquisto di carburante – sostiene Fedele Santomauro, vicepresidente dell’Istituto nazionale Esperti Contabili – possono essere ceduti secondo le modalità del provvedimento n. 253445/2022”.

La comunicazione di cessione dovrà essere inviata all’Agenzia delle Entrate dal 5 aprile al 18 dicembre 2023.

Ogni credito d’imposta potrà essere ceduto, solo per intero, ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli intermediari finanziari, i quali – prosegue Santomauro – potranno utilizzare i crediti d’imposta, tramite modello F24, entro il 31 dicembre 2023”.

Viene inoltre previsto che per il credito d’imposta a favore delle imprese esercenti attività agricola e della pesca, relativo all’acquisto di carburante effettuato nel terzo trimestre del 2022, l’utilizzo in compensazione dovrà avvenire entro il 30 giugno 2023.

Duferco e il nuovo laminatoio: basso impatto ambientale, alto risparmio energetico

Il nuovo laminatoio Duferco, grazie alle più moderne tecnologie utilizzate, è a bassissimo impatto ambientale, ad alto risparmio energetico e utilizza energie rinnovabili grazie anche alla stipula di PPA (power purchase agreement a lungo termine). Ma la sua storia viene da lontano. L’investimento strategico in grado di cambiare il mercato della produzione delle travi in Europa è stato infatti progettato nel 2019. Il progetto prevedeva la realizzazione di nuovo laminatoio integrato a valle dell’acciaieria per consentire la verticalizzazione ottimale dell’acciaio prodotto a San Zeno. Grazie alla localizzazione geografica, ai livelli di efficienza e qualità raggiunti dall’acciaieria e all’utilizzo delle più moderne tecnologie per la realizzazione del nuovo treno di laminazione, l’investimento punta a consolidare la posizione dell’azienda come best cost producer di travi in Europa.

Con il nuovo impianto l’intero sistema produttivo Duferco TP raggiunge il milione di tonnellate di prodotti laminati. I laminatoi di Pallanzeno (Verbania) e Giammoro (Messina) sono destinati alla specializzazione: il primo prevalentemente sui profili speciali e il secondo prevalentemente sui mercati geografici del Mediterraneo. Si tratta del coronamento di un sogno e il risultato di una lunga attività di miglioramento continuo, in cui tutti gli uomini di Duferco sono stati impegnati in questi anni.

La scommessa della Germania: addio al nucleare dal 15 aprile

Nonostante la crisi energetica, la Germania mantiene la rotta per quanto riguarda l’abbandono del nucleare: sabato il Paese staccherà la spina dei suoi ultimi tre reattori, scommettendo sul successo di una transizione verde senza energia nucleare. Sulle rive del fiume Neckar, non lontano da Stoccarda, il vapore bianco che fuoriesce dalla centrale nucleare del Baden-Württemberg sarà presto un ricordo. Lo stesso vale, più a est, per il complesso bavarese di Isar 2 e per quello di Emsland (nord), all’altro capo del Paese, non lontano dal confine olandese. Mentre molti Paesi occidentali dipendono dall’energia nucleare, la più grande economia europea sta voltando pagina. Anche se il tema rimarrà controverso fino alla fine.

La Germania sta attuando la decisione di eliminare gradualmente l’energia nucleare presa nel 2002 e accelerata da Angela Merkel nel 2011, dopo il disastro di Fukushima. Fukushima ha dimostrato che “anche in un Paese ad alta tecnologia come il Giappone, i rischi associati all’energia nucleare non possono essere controllati al 100%“, giustificò all’epoca l’ex cancelliera. L’annuncio ha convinto l’opinione pubblica di un Paese in cui il potente movimento antinucleare è stato alimentato inizialmente dai timori di un conflitto da Guerra Fredda e poi da incidenti come quello di Chernobyl. L’invasione dell’Ucraina del 24 febbraio 2022 avrebbe potuto rimettere tutto in discussione: privata del gas russo, il cui flusso è stato sostanzialmente interrotto da Mosca, la Germania si è trovata esposta ai peggiori scenari possibili, dal rischio di chiusura delle fabbriche a quello di rimanere senza riscaldamento in pieno inverno.

A pochi mesi dalla scadenza iniziale per la chiusura degli ultimi tre reattori, fissata al 31 dicembre, l’opinione pubblica ha iniziato a cambiare idea: “Con i prezzi elevati dell’energia e la questione scottante del cambiamento climatico, ci sono state ovviamente richieste di prorogare gli impianti“, afferma Jochen Winkler, sindaco di Neckarwestheim, dove l’omonima centrale è ai suoi ultimi giorni di vita. Il governo di Olaf Scholz, di cui fa parte il partito dei Verdi, il più ostile al nucleare, ha infine deciso di prolungare il funzionamento dei reattori per garantire l’approvvigionamento. Fino al 15 aprile.

Ci sarebbe potuta essere una nuova discussione se l’inverno fosse stato più difficile, se ci fossero state interruzioni di corrente e carenze di gas. Ma abbiamo avuto un inverno senza troppi problemi“, grazie alla massiccia importazione di gas naturale liquefatto, osserva Winkler. Per il sindaco della cittadina di 4.000 abitanti, di cui oltre 150 lavorano nell’impianto, “la ruota è già girata” e non c’era tempo per “tornare indietro“. Dal 2003 sono stati chiusi sedici reattori. Gli ultimi tre impianti hanno fornito il 6% dell’energia del Paese lo scorso anno, rispetto al 30,8% del 1997. Nel frattempo, la quota delle rinnovabili nel mix di generazione è salita al 46% entro il 2022, rispetto a meno del 25% di un decennio prima.

Tuttavia, l’attuale tasso di crescita delle rinnovabili non soddisfa né il governo né gli ambientalisti, e la Germania non raggiungerà i suoi obiettivi climatici senza una seria spinta. Questi obiettivi “sono già ambiziosi senza il phase-out del nucleare – e ogni volta che ci si priva di un’opzione tecnologica, si rendono le cose più difficili“, osserva Georg Zachmann, esperto di energia presso il think-tank Bruegel di Bruxelles. L’equazione è ancora più complessa se si considera l’obiettivo di chiudere tutte le centrali a carbone del Paese entro il 2038, molte delle quali entro il 2030. Il carbone rappresenta ancora un terzo della produzione elettrica tedesca, con un aumento dell’8% lo scorso anno per compensare l’assenza di gas russo. La Germania ha bisogno di installare “quattro o cinque turbine eoliche al giorno” nei prossimi anni per coprire il suo fabbisogno, ha avvertito Olaf Scholz. Si tratta di un’impresa ardua rispetto alle 551 unità installate nel 2022. Una serie di allentamenti normativi adottati negli ultimi mesi dovrebbe accelerare il ritmo. “Il processo di pianificazione e approvazione di un progetto eolico richiede in media quattro o cinque anni“, secondo la federazione di settore (BWE), per la quale guadagnare uno o due anni sarebbe già un “notevole progresso“.

gas Russia

Transizione energetica più lontana: nel 2023 aumentano investimenti e consumi nel gas

La transizione energetica mondiale sembra lontana leggendo il quarto rapporto annuale sul mercato del gas presentato a Doha, in Qatar, dal Forum dei Paesi esportatori di gas (Gecf) ovvero l’Opec del metano. I Paesi membri sono Algeria, Bolivia, Egitto, Guinea Equatoriale, Iran, Libia, Nigeria, Qatar, Russia, Trinidad e Tobago, Emirati Arabi Uniti e Venezuela. Invece Angola, Azerbaigian, Iraq, Malesia, Mozambico, Norvegia e Perù sono membri osservatori. In sintesi, dopo un 2022 nel quale il consumo globale di gas è diminuito, si prevede che riprenderà a crescere nel 2023 (+1%) e raggiungerà un livello massimo storico, con il settore della produzione di energia elettrica che rimane il più grande consumatore di gas. Stati Uniti, Cina e alcuni paesi emergenti dell’Asia Pacifico guideranno la crescita del consumo di gas. Inoltre gli investimenti nel petrolio e nel gas sono aumentati del 7% su base annua per raggiungere i 718 miliardi di dollari nel 2022 e dovrebbero aumentare ulteriormente nel 2023. Infine CCS/CCUS (ovvero le operazioni di Cattura, Utilizzo e Stoccaggio del Carbonio) e idrogeno hanno guadagnato slancio come potenziali percorsi per la decarbonizzazione, con un aumento significativo della capacità annunciata. Tuttavia, il numero di progetti operativi è ancora lontano dalla scala richiesta.

Gli sviluppi nel settore del gas sono un’indicazione delle brillanti prospettive per l’espansione dell’industria globale del gas, poiché il gas naturale è destinato a svolgere un ruolo fondamentale nello sviluppo socio-economico e verso transizioni energetiche giuste e inclusive“, ha commentato Mohamed Hamel, segretario generale del Gecf, proprio mentre la Ue chiede una riduzione sempre maggiore del gas. Quest’anno dovrebbe aumentare, oltre al consumo di gas, anche la produzione, l’utilizzo nella generazione di energia elettrica e nell’industria, senza scordare la crescita dell’import di Gnl. Innanzitutto la produzione è stimata 2in aumento di circa l’1% nel 2023, trainata da Nord America, America Latina e Caraibi, Medio Oriente e Africa. Lo scorso anno “sono stati scoperti oltre 600 miliardi di metri cubi di gas naturale, con un aumento del 16% su base annua, che rappresentano il 39% dei volumi totali di petrolio e gas scoperti. Tuttavia, il numero di pozzi di esplorazione è stato meno della metà del numero medio dei livelli pre-pandemici, evidenziando un continuo sottoinvestimento nell’esplorazione”, fa sapere l’Opec del gas.

A livello energetico/industriale “il settore della produzione di energia elettrica è ancora il principale consumatore di gas, con una quota del 44% del consumo globale di gas nel 2022. Il consumo di gas nel settore energetico è diminuito dello 0,2% su base annua, a 6.050 terawattora (TWh), a causa del passaggio dal gas al carbone in varie regioni e dei prezzi elevati del gas, che hanno reso il gas naturale meno competitivo rispetto altri combustibili. Tuttavia – segnala il report del Gecf – la produzione di energia elettrica rimarrà probabilmente il principale motore del consumo globale di gas a livello mondiale, dato che un numero sempre maggiore di Paesi sta abbandonando le centrali elettriche a carbone”. E poi, “con la prevista diminuzione dei prezzi del gas, il consumo di gas nel settore industriale dovrebbe aumentare nel 2023, poiché il gas naturale rimane una fonte di energia conveniente, affidabile ed ecologica per molte industrie“.

Con la crisi delle forniture via gasdotto in Europa, è esploso il mercato del Gnl, per il quale si prevede, nel 2023, “che le importazioni globali aumenteranno del 4-4,5% (16-18 Mt) su base annua, raggiungendo su base annua 416 Mt (milioni di tonnellate). La Cina e i Paesi del subcontinente indiano e del sud-est asiatico dovrebbero rappresentare la maggior parte delle importazioni di GNL, con ulteriori 13-15 Mt di importazioni di Gnl“, si legge nel 4° rapporto annuale. Questo nonostante lo scorso anno siano state “commissionate meno di 30 nuove metaniere, il che rappresenta l’aumento più lento dal 2013, mentre la flotta mondiale di metaniere ha superato le 670 unità. Le tariffe di noleggio per le metaniere hanno raggiunto livelli record nell’autunno del 2022. Questo, insieme all’aumento del costo dei combustibili per il trasporto del gas liquefatto, ha contribuito all’aumento dei costi di trasporto del Gnl“.

In ogni caso una previsione la dice lunga sulla transizione dal gas. Il Forum dei Paesi esportatori di gas prevede che crescano gli investimenti nel settore del petrolio e del gas, grazie ai maggiori investimenti nell’industria upstream e nei terminali di importazione di Gnl. Tuttavia, diverse incertezze incombenti, tra cui il rallentamento della crescita economica globale, le condizioni finanziarie rigide, l’inflazione e l’elevata volatilità dei prezzi dell’energia, potrebbero scoraggiare gli investimenti. Resta il fatto che il settore oil & gas nel solo 2022 ha mobilitato 718 miliardi di investimenti, una cifra superiore all’Ira di Biden per la svolta green.

Sud Sudan - giacinto - Bentiu

Sud Sudan, dal giacinto d’acqua nuova fonte di energia sostenibile

Nel Sud Sudan devastato dalle inondazioni e dal cambiamento climatico, dove non arriva la natura, l’istinto di sopravvivenza prende il sopravvento. Roda Nyawuy è madre di sette figli e vive a Bentiu, città del nord tra le più colpite dalle piogge devastanti. E’ suo il compito di raccogliere legna da ardere, necessaria a cucinare e a scaldare l’acqua. E per farlo è costretta a guadare acque torbide, senza sapere cosa ci sia sotto la superficie. “Probabilmente serpenti e piante piena di spine”, racconta, “ma non possiamo permetterci né gas né carbone”. E legna asciutta non se ne trova più. Così, la donna, ha trovato una soluzione sicuramente innovativa, grazie a un’erba spontanea che cresce abbondantemente nella zona. A prima vista i bricchetti che ardono nella stufa assomigliano al carbone venduto al mercato di Bentiu, ma non derivano dal legno. Sono fatti di giacinto d’acqua, una pianta galleggiante invasiva a a crescita rapida che ha prosperato nel Sud Sudan negli ultimi quattro anni a causa delle inondazioni. E’ ricca di biomassa, un materiale organico che produce energia e che può essere utilizzato come combustibile sostenibile ed economico per le necessità domestiche.

A Bentiu il cambiamento climatico sta ridisegnando il paesaggio e il giacinto d’acqua si sta diffondendo a perdita d’occhio, ricoprendo di macchie di verde la pianura allagata. Quella che è considerata un’erbaccia invasiva nel resto del mondo qui sta aiutando le donne a far sopravvivere le loro famiglie. Il difficile e pericoloso compito di raccogliere legna da ardere, infatti, ricade su donne e ragazze, che devono avventurarsi su lunghe distanze per trovarla. Lontane dagli argini di terra che proteggono la città dalle inondazioni, sono spesso vittime di aggressioni e violenze sessuali. Il giacinto, invece, viene raccolto in modo rapido e sicuro dalle rive utilizzando lunghi rastrelli, prima di essere essiccato al sole. I gambi vengono posti in un tamburo di metallo sigillato e cotti sul fuoco per circa 20 minuti, quindi mescolati con acqua fino a diventare una pasta nera da modellare in piccoli bricchetti. Un procedimento che non richiede formazione o attrezzature specifiche.

Non è come produrre carbone, che può richiedere tre mesi”, spiega Simon Riak, che sovrintende all’iniziativa finanziata dal Programma Alimentare Mondiale (WFP). Il carbone della varietà ampiamente utilizzata nei Paesi in via di sviluppo viene prodotto riscaldando lentamente la legna nei forni di terra. Ma questo processo richiede grandi quantità di materia prima, fattore che incide pesantemente nella deforestazione. Il legno è scarso e difficile da trovare, anche perché gli alberi marciscono nell’acqua.
I prezzi del carbone sono raddoppiati in appena un anno a Bentiu mettendo a dura prova la popolazione locale, che sta già lottando per ottenere i beni di prima necessità. Alla fine, i bricchetti di giacinto potrebbero essere venduti a metà del prezzo del carbone e fornire reddito ai piccoli produttori. Circa 300 persone, per lo più donne, hanno già avviato questa attività. Di fronte allo scetticismo, vengono organizzate manifestazioni pubbliche. Venditori di tè lungo la strada e ristoratori sono stati invitati a testare l’efficacia delle bricchette. “È una sorpresa per la maggior parte delle persone. Non sanno che il giacinto d’acqua può essere usato in questo modo”, afferma Riak
Gli esperti stimano che le inondazioni intorno a Bentiu potrebbero richiedere anni o addirittura decenni per placarsi. “Ne ho parlato con i miei vicini. Sono pronti a vedere come si fa e come lo usiamo“, assicura Roda Nyawuy. “Quelli di noi che imparano a fare questi bricchetti avranno un vantaggio“, conclude.

 

 

Photocredit: Afp

La Camera (Irena): “Golfo pronto a rifornire Europa di idrogeno verde. Italia sia hub”

Investire sulle rinnovabili in maniera massiccia (fino a 10mila gigawatt di potenza installata nel mondo al 2030) per liberarsi dal giogo delle energie fossili e non far saltare l’accordo di Parigi, puntare molto sull’idrogeno verde, ridisegnare completamente le reti elettriche, per terra e per mare, non escludere i Paesi in via di sviluppo nella transizione energetica. Al suo primo giorno del secondo mandato da Dg di Irena, l’agenzia internazionale delle energie rinnovabili, Francesco La Camera lascia Abu Dhabi per un giro di incontri istituzionali a Roma e fa il punto della situazione energetica mondiale con Gea. A partire dalle ricadute della guerra in Ucraina: “Nessuno si sarebbe aspettato, tre anni fa, che le rinnovabili sarebbero diventate la soluzione per la sicurezza energetica”, osserva.

La decentralizzazione dell’offerta, chiarisce, “è diventata il modo attraverso il quale si può assicurare più resilienza al sistema nel suo complesso ed evitare che l’offerta di energia possa essere cartellizzata o usata geopoliticamente”. Questo può avvenire solo attraverso le rinnovabili, ribadisce il DG, che “creano un mercato più libero, meno soggetto ad avere una caratterizzazione forte dal punto di vista geopolitico”. Lo sguardo è già rivolto alla Cop28 di Dubai, il 12 dicembre: “Dirà che i governi non hanno mantenuto le promesse degli accordi di Parigi e dovrà anche dire come rimetterci in rotta, chiudere il gap tra dove dovremmo essere e dove siamo adesso”.

In quanto tempo e come, verosimilmente, ci libereremo dal gas?

“A Irena stiamo cercando, nel disegnare il futuro, di dare la possibilità ai governi di individuare dei target precisi da raggiungere. Il primo che abbiamo messo a punto è 1000 GW di energia rinnovabile installata ogni anno. In questo momento, la domanda è soddisfatta per il 75-80% da Oil&gas e per il 20% dalle rinnovabili. Per aumentare la quota di rinnovabili nel sistema occorre avere almeno 10mila GW di rinnovabili installate al 2030, questo vuol dire avere 1000 GW l’anno di capacità installata. Questo sta già avvenendo, sono 8-9 anni ormai che la capacità installata di rinnovabili supera quella tradizionale, con nuovi record, l’ultimo anno 295 GW ed è l’84% della nuova capacità installata”.

Come dovrebbero essere distribuite le nuove installazioni di rinnovabili nel mondo?

“Bisogna riequilibrare il rapporto con i Paesi in via di sviluppo. Nello scorso anno, di tutta la capacità di rinnovabili installate, solo l’1% è stata in Africa. Se non acceleriamo la transizione energetica, con la crescita economica dell’Africa e del Sud Est asiatico dovremo abbandonare l’accordo di Parigi”.

L’Italia in questo percorso di transizione avrà un ruolo centrale, dettato dalla sua posizione geografica?

“Mi sembra evidente, dal punto di vista della collocazione naturale dell’Italia, un ponte naturale dell’Europa verso l’Africa, è che l’Africa ha il più grosso potenziale di idrogeno verde al mondo. L’Italia potrebbe sfruttare questa sua caratteristica geografica per diventare la piattaforma dell’idrogeno verde in Europa. Il problema delle infrastrutture sarà cruciale per accelerare il passo della transizione energetica”.

Come lo facciamo viaggiare questo idrogeno, se i tubi per il gas non vanno ancora bene?

“La Snam dice che con poche correzioni le pipeline esistenti possono essere adattate per trasportare idrogeno. C’è poi il progetto di un elettrodotto sottomarino che attraverso Cipro raggiunga l’Italia. E’ un altro modo per prendere energia prodotta in Africa e portarla in Europa. Ritengo che i Paesi del Golfo, l’Arabia Saudita, gli Emirati siano prontissimi a dare all’Europa tutto l’idrogeno verde di cui hanno bisogno ma occorre la logistica e l’Italia è in una posizione straordinaria per svolgere questo ruolo”.

In un futuro in cui l’energia solare coprirà una percentuale importante dei mix energetici, assisteremo a una inversione di polarità negli investimenti, nella ricchezza e nelle migrazioni, dal Nord al Sud del mondo? Possiamo immaginare nuovi migranti economici verso l’Africa?

“Il riequilibrio fra Paesi sviluppati e in via di sviluppo è importante. Se si crea ricchezza e capacità di vivere in maniera decente il problema delle migrazioni può essere attenuato o addirittura invertito. Bisogna riscrivere le regole della cooperazione. Abbandonare l’approccio predatorio nei confronti dei Paesi in via di sviluppo e riuscire a costruire una industria verde in quei Paesi. Anche per la catena di offerta per la transizione energetica sarebbe importante ridurre la dipendenza da una sola fonte, ma si riesca a decentralizzare in modo che ci sia più mercato e che si crei sviluppo per l’Africa e il Sud Est asiatico, in modo che si traduca in un bilanciamento tra Paesi ricchi e poveri. Come l’Europa ha ricostruito la propria economia grazie al Piano Mashall, l’Africa avrebbe bisogno di un Piano, un intervento importante, noi diciamo del sistema multilaterale e bancario, per costruire le infrastrutture di cui hanno bisogno. L’Africa è una power house dell’idrogeno verde, ma ha pochissimi porti che possono consentire lo smercio sotto forma di ammonio, anche il mercato regionale non può essere alimentato. Occorre costruire tutte le strutture”.

Nucleare, sì o no?

“Il nucleare non è una tecnologia che serve a combattere il cambiamento climatico. Quello che è molto importante nella tradizione energetica, e non mi sembra chiaro, è che la variabile più importante è il tempo. Se la scienza e i Paesi concordano nel dire che questi sette anni sono decisivi nella lotta al cambiamento climatico, che bisogna raggiungere dei risultati al 2030, le nuove centrali potranno portare energia elettrica non prima del 2035-2038. A quel punto le sorti dell’accordo di Parigi saranno già decise”.

Una buona quota di energia, quella dell’idroelettrico, lavora a scartamento ridotto a causa della siccità, che è uno dei tanti effetti del cambiamento climatico.

“Il problema dell’idroelettrico non è solo l’aumento delle temperature, che sicuramente esiste, ma c’è un problema di rinnovo di impianti esistenti. Chi ce l’ha è fortunato perché è la più grande batteria esistente. Chi ce l’ha ha una capacità di bilanciamento del sistema estremamente forte”.

Esiste una necessità di modificare le reti, per poter far viaggiare più facilmente l’energia da una parte all’altra della Terra?

“Sì. Occorre ridisegnare l’intera struttura delle reti, sia le reti a terra che le rotte del mare. Tutta l’infrastruttura fisica deve essere rivista e potenziata. Per dare un’idea di quanto sia importante, non riusciamo in Europa a utilizzare tutta l’energia eolica che viene dall’offshore wind del Mare del Nord, non abbiamo la logistica per portare quell’elettricità nelle nostre reti. Uno sforzo l’Europa lo sta facendo col connettore Portogallo-Spagna- Francia-Centro Europa ma questo dev’essere fatto in maniera strutturale, forte e importante. Perché le reti devono essere interconnesse, assicurare flessibilità e bilanciamento. Questo elemento è particolarmente importante per l’Africa e per il Sud Est asiatico”.

Il decreto bollette: nel 2023 meno tasse per l’agroenergia e agevolazioni

Il decreto con i nuovi aiuti per famiglie e imprese contro i rincari è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Rispetto al testo approvato in Consiglio dei ministri ci sono alcune novità, oltre alla proroga di una parte delle misure introdotte con l’ultima legge di Bilancio, i cui effetti hanno aiutato a tenere la barra dritta in questi mesi. “Possiamo presentare agli elettori i numeri della stabilità economica, risultati concreti, misurabili“, come dice la premier, Giorgia Meloni, a ‘La Stampa’. Ribadendo che “lo choc energetico è stato combattuto su due fronti: quello interno, con misure straordinarie per il contenimento dei prezzi nelle bollette, e quello esterno, con un’azione incisiva in sede europea per fissare un tetto al prezzo del gas. Abbiamo aiutato le famiglie e le imprese italiane a superare la fase più acuta dell’emergenza“.

Nel nuovo testo in GU viene indicata la cifra di 45 euro per Megawattora come soglia di prezzo medio del gas stabilita che farà scattare, dal prossimo 1 ottobre, il nuovo contributo in quota fissa e differenziato in base alle zone climatiche, riservata ai clienti domestici residenti diversi da quelli titolari di bonus sociale. Una misura che sarà valida fino al prossimo 31 dicembre.

Altro punto in più previsto dal provvedimento è il ritocco della tassazione per la cosiddetta agroenergia. Ovvero la produzione e cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali effettuate dagli imprenditori agricoli. “L’approvazione, su cui da mesi chiediamo un intervento, è un segnale di attenzione del governo verso il settore biogas agricolo, messo già a dura prova a causa dei forti rincari dei costi energetici e delle materie prime“, dichiara il presidente del Consorzio Italiano Biogas, Piero Gattoni, in una nota. Sottolineando “l’importanza dell’azione unitaria di tutte le organizzazioni agricole per l’ottenimento di questo importante risultato“. Perché “in un momento in cui le nostre aziende agricole si candidano a contribuire a una maggiore sicurezza energetica del Paese, sarebbe stato grave penalizzarle attraverso una tassazione insostenibile basata su un meccanismo influenzato dai forti rincari del valore dell’energia“, sostiene ancora Gattoni. Augurandosi che la norma sull’agroenergia “limitata per ora solo all’anno in corso, possa essere oggetto di una revisione più strutturata all’interno della riforma fiscale, per rispondere alla nuova congiuntura economica“.

Un’altra novità è rappresentata dall’articolo sulle agevolazioni fiscali per interventi di risparmio energetico. Nel decreto bollette pubblicato in Gazzetta ufficiale, infatti, “si considera ammessa ad agevolazione fiscale anche la parte di spesa a fronte della quale sia concesso” anche un “contributo dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e Bolzano“, che “sia cumulabile con le agevolazioni fiscali” e non ecceda “il 100% della spesa ammissibile all’agevolazione o al contributo“. Una norma applicata ai contributi erogati sia nell’anno in corso, sia per il prossimo. Scende al 20, invece, la percentuale del contributo straordinario, sotto forma di credito d’imposta, prevista per le imprese per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale.

I partiti della maggioranza salutano le aggiunte al testo con favore. “Con la pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale, la proroga delle misure per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale diventa realtà“, esultano le deputate leghiste Simona Bordonali, Laura Cavandoli ed Elena Maccanti. Ricordando che è stata confermata anche per il secondo trimestre 2023 “la riduzione al 5% dell’aliquota Iva sul teleriscaldamento e sul gas oltre all’azzeramento degli oneri di sistema. Un provvedimento che rientra tra le misure urgenti a sostegno delle famiglie e imprese italiane a fronte degli aumenti dei costi in bolletta“. Toni decisamente diversi, invece, dalle opposizioni: per il capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra in commissione Bilancio della Camera, Marco Grimaldi, si tratta di “un omnibus con condono“. E “meno male che la decretazione non dovrebbe essere usata per interventi disomogenei…“.

Biocarburanti, Descalzi: “Una menzogna dire che affamiamo l’Africa”

Sovranità energetica e autonomia passano da tre macrofattori: diversificazione delle fonti di approvvigionamento, infrastrutture e mix di gas e tecnologie di proprietà. La ricetta è firmata dall’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, da un anno è impegnato anche nel difficile compito di aiutare l’Italia e il governo a liberarsi dalle forniture russe (Mosca “non sta dando più nulla all’Italia e molto poco all’Europa, siamo al 5-6% rispetto alla domanda“) creando una indipendenza per il nostro Paese. Il manager ne ha parlato alla cena sociale dell’Unione cristiana imprenditori e dirigenti del Lazio per l’apertura dell’anno sociale 2023, che si è svolta la sera del 28 marzo, a Roma (qui nella foto di GEA accanto al presidente dell’Ucid regionale, Riccardo Pedrizzi).

Un ragionamento molto articolato, che parte dallo scenario in cui si trovano l’Europa e, di conseguenza, l’Italia: “Siamo un grande complesso di trasformazione industriale” ma senza “energia propria, quindi siamo in una grande macchina che però non ha energia. Come se avessimo comprato una Ferrari ma non abbiamo la benzina. Questa è la situazione”, spiega. Dunque, “quando si parla di sovranità o autonomia, vuol dire riuscire ad avere l’energia necessaria per far muovere la propria macchina, le proprie imprese”.

Per ovviare al problema, però, Descalzi richiama tutti alla realtà del momento: “Prima di tutto bisogna mettere i piedi per terra: il gas non può scomparire domani”. Anche perché, spiega, “da vent’anni le previsioni dicono che il gas in Europa sarà sempre meno presente: nel 2000 ne consumavamo 400 miliardi di metri cubi, nel 2022 abbiamo consumato 400 miliardi di metri cubi. Le stesse quantità. Nel mondo, nel 2000 si consumavano 2mila miliardi di metri cubi, oggi se ne consumano più di 4mila miliardi. Il gas, quindi, sta crescendo”.

In chiave futura, però, servono idrogeno verde e soprattutto rinnovabili, “che sono una parte fondamentale ma hanno avuto una penetrazione debole“. Dunque, serve “continuità“. Fino a quando tutto questo non sarà una realtà consolidata, però, serve il gas. Che “prima ci arrivava via tubo, via pipeline, mentre ora deve arrivare con i rigassificatori”, quindi, “oltre alla diversificazione” delle fonti di approvvigionamento “sono necessarie anche le infrastrutture”.

Fondamentale per la sovranità energetica, avvisa Descalzi, è che “il gas non deve essere di un terzo” come è accaduto con la Russia. “Dobbiamo importare gas nostro, per cui abbiamo investito e sviluppato, che nessuno può portarci via” perché questo “ci può dare continuità. E così stiamo facendo con il gas che Eni ha scoperto, trovato e che mette a disposizione”.

C’è anche il capitolo biocombustibili nel ragionamento del ceo del Cane a sei zampe. Vede il bicchiere mezzo pieno sulla battaglia del governo in Europa “vinta in parte”, ma è soprattutto sulle polemiche legate alla produzione che sente il bisogno di togliersi il sassolino dalle scarpe. “Ho sentito in televisione qualcuno che raccontava che noi di Eni stiamo affamando l’Africa perché produciamo olio vegetale. Possiamo dire che questa è una menzogna”, tuona. “Gli arbusti oleosi che coltiviamo in Africa sono in zone desertiche, quindi quasi senza acqua – spiega -. In 7 Stati africani produrremo circa 700-800mila tonnellate all’anno” creando “un totale di 2 milioni di posti di lavoro. Agricoltori. Formati, con Coldiretti, in Italia e in Ruanda”.

Infine, Descalzi parla anche dell’Europa agli imprenditori cristiani del Lazio. “Ci pone degli obiettivi sacrosanti, ma i percorsi e le tecnologie per raggiungerli dobbiamo lasciarli ai singoli Paesi, perché ognuno ha un proprio sistema e una propria storia: la Francia ha il nucleare, noi il gas, le rinnovabili e anche tecnologie su economia circolare o biocarburanti, che sono di nostra proprietà”. A suo modo di vedere, infatti, “questi sono i concetti che ci portano ad avere un’autonomia e una sovranità nel campo energetico e dobbiamo difendere le nostre tecnologie e la libertà di poterle scegliere e sviluppare per le nostre industrie“.

Energia e transizione ecologica alla “Cernobbio degli imprenditori cattolici”

Una serata per fare comunità, parlando dei temi di più stretta attualità, che toccano famiglie e imprese. La cena di apertura dell’anno sociale 2023 dell’Unione cristiana imprenditori e dirigenti del Lazio, avvenuta martedì 28 marzo, a Roma, è stata l’occasione per mettere allo stesso tavolo, non solo idealmente, ministri, esponenti di governo, presidenti di commissione, manager di partecipate pubbliche, consiglieri regionali e assessori del Lazio, ma soprattutto manager, ceo e presidenti di società italiane e multinazionali, oltre a banchieri e assicuratori. “Il Gota dell’economia e della finanza nazionale che si riunisce per fare comunità”, dice il presidente di Ucid Lazio, Riccardo Pedrizzi. Che definisce la serata “una sorta di Cernobbio degli imprenditori cattolici”.

Ospiti della serata, dal titolo emblematico ‘L’autonomia energetica per la sovranità nazionale’, tra gli altri, personalità del calibro di Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni, e Antonio Tajani, ministro degli Esteri e vicepremier, oltre alla ministra della Famiglia, Eugenia Roccella, al vice presidente del Senato, Maurizio Gasparri, l’ex ministro dell’Ambiente, Luciano Galletti, il cardinale Giovanni Battista Re, decano del Collegio Cardinalizio, e il vescovo Paolo Selvadagi, consulente ecclesiastico dell’Ucid gruppo Lazio. “Da un punto di vista umano vogliamo creare delle reti di solidarietà, perché in questo momento, nel nostro Paese, c’è bisogno di fare comunità per affrontare sfide drammatiche, come quella energetica”, spiega ancora Pedrizzi. Che indica le priorità anche dell’Ucid: “Gli approvvigionamenti e la transizione energetica che ci viene proposta dall’Europa”.

Secondo l’ex senatore “Abbiamo scongiurato l’appuntamento disastroso per quello che riguarda le macchine elettriche. Il governo italiano ha fatto un buon lavoro, ha stoppato questa transizione e adesso c’è da scongiurare la transizione energetica sulle nostre case”. Perché “l’Europa vorrebbe l’efficientamento energetico per il nostro patrimonio immobiliare, il ché significherebbe andare a colpire le famiglia, anche per le piccole abitazioni, con una spesa di circa 25-30mila euro che non si possono permettere. In questo la rappresentanza italiana in Europa dovrà farsi sentire”.

Anche Tajani non si sottrae dal tema. “La guerra in Ucraina ci ha costretto a liberarci dalla dipendenza dalla Russia: i risultati sono molto positivi, c’è stata una politica molto saggia”, sottolinea il responsabile della Farnesina. Che ricorda: “L’Italia vuole diventare hub energetico nel Mediterraneo per tutta Europa, andiamo avanti, è un impegno prioritario per il governo”.

Descalzi, nel suo breve intervento, parla di sovranità energetica e autonomia, che passano da tre macrofattori: diversificazione delle fonti di approvvigionamento, infrastrutture e mix di gas e tecnologie di proprietà. La ricetta del ceo di Eni, da un anno impegnato anche nel difficile compito di aiutare l’Italia e il governo a liberarsi dalle forniture russe (Mosca “non sta dando più nulla all’Italia e molto poco all’Europa, siamo al 5-6% rispetto alla domanda“) creando una indipendenza per il nostro Paese, parte da un ragionamento molto articolato. “Siamo un grande complesso di trasformazione industriale” ma senza “energia propria, quindi siamo in una grande macchina che però non ha energia. Come se avessimo comprato una Ferrari ma non abbiamo la benzina. Questa è la situazione”. Dunque, “quando si parla di sovranità o autonomia, vuol dire riuscire ad avere l’energia necessaria per far muovere la propria macchina, le proprie imprese”. Per ovviare al problema, però, Descalzi richiama tutti alla realtà del momento: “Prima di tutto bisogna mettere i piedi per terra: il gas non può scomparire domani”.