Ferrari spegne l’impianto di trigenerazione di Maranello e punta sulle energie rinnovabili

Ferrari ha spento l’impianto di trigenerazione nello stabilimento di Maranello per proseguire nella sostituzione di una quota significativa di gas metano con fonti energetiche rinnovabili. L’approvvigionamento di energia elettrica continuerà ad essere garantito infatti, tra le diverse soluzioni, anche dal raddoppio degli impianti fotovoltaici installati, con l’obiettivo di raggiungere al 2030 circa 10 megawatt di picco (MWp) a partire dai 5 MWp attuali.

Lo spegnimento del trigeneratore alimentato a gas, che dal 2009 ha generato energia elettrica, termica e frigorifera, è avvenuto con un anticipo di tre mesi rispetto a quanto precedentemente programmato. In coerenza con il piano di decarbonizzazione annunciato al Capital Markets Day nel 2022, assicurerà una riduzione annua del 60% delle emissioni di CO2 di Scopo 1 e 2 e del 70% del consumo di gas metano rispetto ai livelli precedenti .

Il trigeneratore, che fino al 2022 ha prodotto a pieno regime circa 120 GWh/anno di elettricità grazie a due motori endotermici a gas metano, è stato un esempio di tecnologia ad alta efficienza (Cogenerazione ad Alto Rendimento), che nel corso degli anni ha ottenuto riconoscimenti dal Gestore Servizi Energetici (GSE) sotto forma di certificati bianchi, attestando il conseguimento di risparmi energetici.

“Oggi è una data storica per il nostro viaggio verso la carbon neutrality al 2030. Abbiamo spento il trigeneratore, non useremo più gas per produrre elettricità in questo impianto ma energia elettrica da fonti rinnovabili. Questo è un altro importante tassello dopo l’installazione dell’impianto a fuel cell, i nuovi edifici con massima efficienza energetica e le soluzioni per l’efficientamento energetico nei processi produttivi. Sono orgoglioso di lavorare insieme a un team così impegnato nel percorso verso la carbon neutrality”, commenta il ceo di Ferrari, Benedetto Vigna.

Attualmente la quota di energia rinnovabile autoprodotta nello stabilimento e la fornitura mediante PPA (Power Purchase Agreement) da fonti rinnovabili coprono nel complesso circa il 40% del fabbisogno della sede di Maranello. La restante parte viene alimentata dalla rete, attraverso l’acquisto di sola energia con garanzia di origine da fonte rinnovabile.

Per supportare questo cambiamento nel mix energetico, Ferrari ha adottato le tecnologie più avanzate. Ad esempio, è stata rafforzata l’infrastruttura elettrica generale degli impianti di Maranello, con la completa ristrutturazione della sottostazione elettrica e l’installazione di tre nuovi trasformatori da 40 MVA ciascuno.

Il consumo totale di energia all’interno del Gruppo per il 2023 è stato di 1.520 TJ, con una diminuzione del 4% rispetto al 2022 (1.580 TJ), all’interno di un percorso di continua innovazione tecnologica e di processo per l’approvvigionamento e l’efficienza energetica.

Energia, nel 2023 migliora efficienza casa per 1 su 4 in Ue, Italia a ultimi posti

Nell’infografica INTERATTIVA di GEA, l’evoluzione dell’efficienza energetica delle abitazioni in Ue in rapporto alla quota di popolazione negli ultimi 5 anni. Secondo Eurostat, il 25,5% dei residenti ha vissuto in un’abitazione in cui l’efficienza energetica è stata migliorata. Le persone a rischio di povertà o esclusione sociale avevano meno probabilità di dichiarare di vivere in abitazioni con una migliore efficienza energetica (17,8%) rispetto a quelle non a rischio (27,5%). A livello nazionale, tra le persone a rischio di povertà o esclusione sociale, l’Estonia (47,8%), i Paesi Bassi (45,1%) e la Lituania (32,5%) hanno riportato i tassi più alti di miglioramento dell’efficienza energetica delle abitazioni in cui vivono, mentre Cipro (5,0%), Malta (6,7%) e l’Italia (6,9%) hanno registrato i tassi più bassi. Sono i dati di Eurostat, l’Ufficio di statistica dell’Ue. L’Italia ha registrato il 14,7% di persone di età pari o superiore a 16 anni che viveva in un’abitazione in cui l’efficienza energetica è stata migliorata negli ultimi cinque anni. Si tratta del quintultimo posto tra i 27 Paesi membri dopo Malta (8,4%), Grecia (11,9%), Cipro e Spagna (entrambi a 14,6%). Più nel dettaglio l’Italia riscontrava il dato del 6,9% tra le persone a rischio di povertà o esclusione sociale e del 16,9% di quanti non erano a rischio.

La fine di un’era: il Regno Unito chiude la sua ultima centrale a carbone

Ha chiuso lunedì ufficialmente l’ultima centrale elettrica a carbone del Regno Unito, segnando la prima volta che un Paese del G7 smette di usare il carbone per generare elettricità. La chiusura dell’impianto, inaugurato nel 1967, è un passo simbolico nell’ambizione di Londra di decarbonizzare completamente l’elettricità entro il 2030, per poi raggiungere la neutralità di carbonio entro il 2050. Il Regno Unito diventa così il primo Paese del G7 a fare a meno del combustibile: l’Italia si è posta come obiettivo il 2025, la Francia il 2027, il Canada il 2030 e la Germania il 2038. Giappone e Stati Uniti non hanno una data precisa. Questa chiusura “segna la fine di un’epoca” ma inaugura anche “una nuova era” che incoraggerà la creazione di nuovi posti di lavoro nel settore energetico, promette il governo britannico in un comunicato stampa, che quest’estate ha lanciato un piano energetico verde.

La centrale, situata a Ratcliffe-on-Soar, tra Derby e Nottingham, nel cuore dell’Inghilterra, sarà completamente smantellata “entro la fine del decennio”, secondo la società energetica tedesca Uniper, sua proprietaria, prima della creazione di un “cluster energetico e tecnologico a zero emissioni” sul sito. Il carbone ha contribuito in modo determinante alla crescita economica del Regno Unito dal XIX secolo fino agli anni Novanta. Negli anni ’80, questa forma di energia estremamente inquinante rappresentava ancora quasi il 70% dell’elettricità del Regno Unito. Prima di un calo spettacolare: 38% nel 2013, 5% nel 2018 e 1% l’anno scorso. Per liberarsene, i britannici hanno compensato con il gas naturale, un combustibile fossile presentato come meno inquinante e che nel 2023 sarà utilizzato per produrre un terzo dell’elettricità. Un quarto proviene dall’energia eolica, una percentuale significativa. L’energia nucleare rappresenta circa il 13%.

Questo cambiamento si spiega in particolare con una politica proattiva, con normative severe a partire dagli anni ’90 a causa dell’inquinamento, e con la fine dell’economia manifatturiera, che ha ridotto l’importanza del carbone. “Il posto del carbone è ormai nei libri di storia”, afferma Tony Bosworth dell’ONG Friends of the Earth. “La priorità è ora quella di abbandonare il gas sviluppando il più rapidamente possibile l’enorme potenziale di energia rinnovabile del Regno Unito”. “La Gran Bretagna ha dato un esempio da seguire per il resto del mondo”, ha dichiarato Doug Parr di Greenpeace UK.

Come parte del suo piano per l’energia verde, Londra intende creare una società pubblica, la Great British Energy, con sede ad Aberdeen, nella Scozia orientale, per investire in turbine eoliche galleggianti, energia dalle maree ed energia nucleare. Nella stessa ottica, il governo britannico ha recentemente nazionalizzato per 630 milioni di sterline (746 milioni di euro) l’ESO, l’operatore della rete elettrica britannica responsabile della regolazione dell’equilibrio tra domanda e offerta di elettricità, al fine di collegare in modo più efficace i “progetti di nuova generazione” sostenibili.

Le otto ciminiere grigie della centrale di Ratcliffe-on-Soar, che dà lavoro a 350 persone, fumavano ormai solo a intermittenza, soprattutto quando il tempo era caldo o freddo. In grado di fornire elettricità a due milioni di case, la centrale ha ricevuto un ultimo carico di carbone all’inizio dell’estate – 1.650 tonnellate – sufficiente ad alimentare 500.000 case per otto ore. La prima centrale elettrica a carbone del mondo, creata da Thomas Edison, è stata inaugurata nel cuore di Londra nel 1882.

Assemblea Federacciai, Gozzi: “Obiettivo acciaio green al 2030 ma Ue volti pagina”

“Ci appelliamo al Governo italiano, al neo Commissario europeo Raffaele Fitto, a cui facciamo i più fervidi auguri di buon lavoro, alle grandi famiglie politiche: popolari, socialisti, liberali e conservatori affinché si faccia il bilancio di questi anni, si intervenga sulle politiche sbagliate nei tempi e nei modi (come è stato nel caso della decarbonizzazione) o assenti del tutto (come è stato nel caso delle politiche industriali e dell’energia) per voltare pagina mettendo l’industria al centro. Perché senza industria, anche quella tradizionale e di base, non c’è Europa”. Antonio Gozzi, presidente di Federacciai, lancia l’allarme per la siderurgia italiana, colpita da una serie di problemi, in primis le norme green europee che rischiano non solo di mortificare il settore continentale, in particolare quello italiano, ma soprattutto l’intera industria a vantaggio di aree del mondo che le regole ambientali nemmeno le rispettano.

L’intervento di Gozzi durante l’assemblea di Federacciai a Vicenza ha lo sguardo che va oltre il 2030, perché in realtà, nel 2023, l’industria siderurgica italiana ha prodotto 21,1 milioni di tonnellate di acciaio, segnando una riduzione del 2,5% rispetto al 2022, ma mantenendo un fatturato significativo, stimato tra i 50 e i 60 miliardi di euro all’anno. La produzione di laminati a caldo ha registrato una flessione dell’1,5%, mentre i laminati lunghi, principalmente utilizzati nell’edilizia, hanno subito una contrazione del 2,6%. Al contrario, i laminati piani, impiegati nei settori automotive, meccanico ed elettrodomestico, hanno mantenuto una produzione stabile.

Il problema principale è quello dell’energia. Tuttavia, le imprese italiane continuano a fronteggiare sfide significative legate ai costi energetici. Nel 2023, le aziende energivore tedesche hanno pagato in media 65 euro/MWh per l’energia elettrica, mentre in Italia i costi superavano i 110 euro/MWh. Questa disparità genera un notevole svantaggio competitivo per il made in Italy a causa del mix energetico nazionale e della mancanza di un mercato elettrico interconnesso a livello europeo. Gozzi ha sottolineato come il sistema del “marginal price” unifichi il costo dell’energia da fonti rinnovabili e idrocarburi, aggravando ulteriormente il problema. Federacciai ha proposto un approccio unificato per l’utilizzo dei proventi d’asta ETS, ovvero le quote di carbonio compensative, evidenziando come paesi come Germania e Francia abbiano investito molto di più dell’Italia nella decarbonizzazione industriale. Un prezzo unico europeo per i settori ad alta intensità energetica – è l’auspicio di Federacciai – potrebbe aiutare a ridurre queste differenze.

Gozzi chiede una svolta normativa perché, se si parla di sostenibilità, l’elettrosiderurgia italiana è già prossima alla neutralità carbonica per quanto riguarda le emissioni dirette. Tuttavia, restano alcune problematiche legate alle piccole emissioni residue dai forni elettrici e dall’uso di gas naturale nei forni di riscaldo dei laminatoi. Per affrontare queste sfide, il settore sta esplorando soluzioni come il biometano e l’idrogeno. Il presidente di Federacciai evidenzia che l’energia elettrica acquistata dalla rete riflette il carbon footprint della produzione nazionale e solo un terzo proviene da fonti rinnovabili. Per raggiungere l’obiettivo del “net zero” o addirittura diventare “carbon negative”, sarà necessario un ulteriore terzo di energia elettrica a zero emissioni di carbonio. Molte aziende hanno già investito in impianti per la produzione di rinnovabili e stanno considerando di partecipare, sia singolarmente che in consorzio, alle gare per il rinnovo delle concessioni idroelettriche, auspicando che vengano bandite al più presto in conformità alle direttive europee.

Energia, sale uso rinnovabili in settore servizi Ue: 8% nel 2022

Secondo Eurostat nel 2022, le energie rinnovabili e i biocarburanti hanno rappresentato l’8% del consumo finale di energia, davanti al calore con il 7,6%, e al petrolio e ai prodotti petroliferi con il 6,3%. Nel frattempo, l’elettricità (50,6%) e il gas naturale (26,9%) hanno continuato a rappresentare più dei tre quarti del consumo energetico finale del settore dei servizi. Nel 2021, le rinnovabili e i biocarburanti hanno rappresentato il 7,3%, dopo calore (7,6%) e petrolio e prodotti petroliferi (8,3%). Nell’infografica INTERATTIVA di GEA sono riportati in una torta i dati comunicati da Eurostat.

Clima, Aie: -10 mld di tonnellate di CO2 entro il 2030 rispettando gli obiettivi della Cop28

Se gli obiettivi energetici stabiliti alla conferenza sul clima Cop28 tenutasi a Dubai lo scorso anno venissero pienamente attuati, si ridurrebbero le emissioni di gas serra e si accelererebbe in modo significativo la trasformazione del settore energetico globale. Lo conferma un nuovo rapporto dell’Aie (Agenzia internazionale dell’energia), che può servire da guida per trasformare gli impegni collettivi dei Paesi in azioni concrete.

Alla Cop28, quasi 200 Paesi hanno concordato di lavorare per raggiungere un’ambiziosa serie di obiettivi energetici globali nell’ambito del cosiddetto UAE Consensus, tra cui emissioni net zero entro il 2050, abbandonare i combustibili fossili, triplicare la capacità di energia rinnovabile, raddoppiare il tasso di miglioramento dell’efficienza energetica entro il 2030, accelerare la diffusione di altre tecnologie a basse emissioni. Il nuovo rapporto dell’Aie, ‘From Taking Stock to Taking Action: How to implement the COP28 energy goals’ ,è la prima analisi globale completa di ciò che si potrebbe ottenere mettendo in pratica gli obiettivi – e di come si può fare.

Il rapporto evidenzia la fattibilità del raggiungimento degli obiettivi di triplicazione e raddoppio, in particolare, anche se sottolinea che ciò dipenderà da ulteriori sforzi internazionali per creare le giuste condizioni di base, nonché dal fatto che i Paesi utilizzino l’UAE Consensus come bussola per la prossima serie di Contributi Nazionali Determinati (NDC) nell’ambito dell’Accordo di Parigi.

Gli obiettivi fissati da quasi 200 Paesi alla Cop28 “possono essere trasformativi per il settore energetico globale, mettendolo su una corsia preferenziale verso un futuro più sicuro, accessibile e sostenibile. Per garantire che il mondo non perda questa enorme opportunità, l’attenzione deve spostarsi rapidamente sull’attuazione”, ha dichiarato il direttore esecutivo dell’Aie, Fatih Birol. Come dimostra questo nuovo rapporto gli obiettivi energetici della Cop28 “dovrebbero gettare le basi per i nuovi obiettivi climatici dei Paesi nell’ambito dell’Accordo di Parigi: sono la stella polare di ciò che il settore energetico deve fare”. Inoltre, un’ulteriore cooperazione internazionale è “fondamentale per realizzare reti adeguate, un sufficiente stoccaggio dell’energia e un’elettrificazione più rapida, che sono parte integrante di una transizione energetica pulita rapida e sicura”.

Secondo il rapporto, l’obiettivo di triplicare la capacità globale di energia rinnovabile entro il 2030 è raggiungibile grazie a un’economia favorevole, a un ampio potenziale produttivo e a politiche forti. Ma una maggiore capacità non significa automaticamente che una maggiore quantità di elettricità rinnovabile ripulirà i sistemi energetici mondiali, abbasserà i costi per i consumatori e ridurrà l’uso dei combustibili fossili.

Secondo il documento, per sbloccare tutti i benefici dell’obiettivo di triplicazione, i Paesi devono impegnarsi a costruire e modernizzare 25 milioni di chilometri di reti elettriche entro il 2030. Il mondo avrebbe inoltre bisogno di 1 500 gigawatt (GW) di capacità di stoccaggio dell’energia entro il 2030, di cui 1 200 GW dovrebbero provenire da batterie di stoccaggio, un aumento di 15 volte rispetto al livello attuale.

Il rapporto, poi, sottolinea la necessità di un approccio più granulare e specifico per ogni Paese per raggiungere l’obiettivo critico di raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030. In questo modo si potrebbero tagliare i costi energetici globali di quasi il 10%, ridurre le emissioni di 6,5 miliardi di tonnellate e rafforzare la sicurezza energetica dei Paesi.

Tuttavia, per raggiungere questo obiettivo è necessario che i governi di tutto il mondo facciano dell’efficienza energetica una priorità politica molto più importante e si concentrino senza sosta su azioni chiave. Per le economie avanzate, ciò significa puntare sull’elettrificazione, dato che per raddoppiare l’efficienza è necessario portare la quota dell’elettricità nel consumo energetico globale al 30% entro il 2030. Il rapporto rileva che i veicoli elettrici e le pompe di calore sono molto più efficienti delle loro alternative tradizionali. Nel frattempo, per le economie emergenti, standard di efficienza più severi – in particolare per le apparecchiature di raffreddamento come i condizionatori d’aria – sono fondamentali per un progresso più rapido. E per i Paesi che non hanno pieno accesso alle moderne forme di energia, il raggiungimento dell’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile dell’accesso universale a fonti di cottura pulite riduce significativamente la domanda di energia, trasforma le vite e i mezzi di sussistenza e previene milioni di morti precoci.

Il rapporto rileva che il pieno raggiungimento degli obiettivi della Cop28 per le energie rinnovabili e l’efficienza ridurrebbe le emissioni globali di 10 miliardi di tonnellate entro il 2030, contribuendo a dare al mondo una possibilità di raggiungere gli obiettivi di temperatura dell’Accordo di Parigi.

Il documento è stato pubblicato durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York, in concomitanza con la Settimana del clima. Nel corso della settimana, i leader del governo, dell’industria e della società civile si riuniscono per discutere le opportunità di una maggiore azione sui temi dell’energia, del clima e dello sviluppo sostenibile. Oltre a questi eventi, l’Aie ospiterà il terzo della serie di dialoghi di alto livello sulla transizione energetica in collaborazione con la presidenza della Cop29. Il dialogo con i decisori globali a New York si concentrerà sui risultati di questo rapporto e sulle prossime tappe.

Sostenibilità, Ue avanti con le ‘case green’: “Aumentare tasso di ristrutturazioni”

Efficienza, sostenibilità, edifici e immobili a prova di futuro. In estrema sintesi: avanti con le case ‘green’. La Commissione europea non molla, e anzi rilancia quello che è stato uno dei cavalli di battaglia della scorsa legislatura. Il rapporto sullo stato dell’unione dell’energia insiste su un tassello del più ampio pacchetto noto come ‘Fit for 55’, contenente le misure per ridurre le emissioni di CO2 di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Tassello che si tramuta in tasto dolente in certi Paesi, a partire dall’Italia. “Gli sforzi per l’efficienza energetica dovranno fare un ulteriore passo avanti per raggiungere l’obiettivo di riduzione del consumo energetico finale dell’11,7 % entro il 2030″, rileva l’esecutivo comunitario nel documento.

A oggi la valutazione condotta sulle bozze aggiornate dei piani nazionali per l’energia e il clima (Nepc) indica una riduzione di solo il 5,8 % rispetto alle proiezioni del 2030. Si è in ritardo. Quindi, in pratica, “i tassi di ristrutturazione e l’elettrificazione delle apparecchiature di riscaldamento in generale rimangono troppo bassi” e le misure nazionali sono “insufficienti” per raggiungere un parco edilizio decarbonizzato entro il 2050. Ai governi si fa perciò presente che “una rapida attuazione della direttiva rivista per la prestazione energetica degli edifici sarà assolutamente fondamentale”.

Raccomandazione chiara, che vale soprattutto per quei governi che, come l’Italia, sulla questione delle case sostenibili continuano a nutrire dubbi e perplessità. Maros Sefcovic, commissario per il Green Deal, ne fa però una questione di bollette. “Dovremmo attuare rapidamente la nuova politica e il nuovo quadro normativo per affrontare i prezzi elevati dell’energia”, sottolinea.
A proposito di prezzi e stangate per le famiglie, c’è un passaggio tanto delicato quanto controverso nel capitolo relativo all’Italia. La Commissione europea sottolinea come nel 2023, il 4,1 % della popolazione ha avuto difficoltà a pagare le bollette mentre il 9,5 % non è stato in grado di mantenere la propria casa adeguatamente riscaldata nel periodo invernale. “Questo sottolinea l’importanza di aumentare il tasso e la qualità della ristrutturazione degli edifici”, in particolare di quelli con le performance energetiche peggiori. Peccato che il dato citato tocchi il tema della gente che non ce la fa, quelle persone a rischio povertà ed esclusione sociale che non pagano perché non hanno soldi, un problema che solo in Italia riguarda 13 milioni di uomini e donne.
Semmai l’invito politico implicito racchiuso in questi rilievi è quello di interventi di sostegno, che passano per riforme del mercato del lavoro che garantiscano più inclusione e migliore retribuzione. Un compito assegnato al governo Meloni nello specifico di un rilievo incastonato nella pagine sull’Italia, ma che nella portata generale del rapporto vale per tutti. Come per tutti vale l’invito a mettere in sicurezza il comparto industriale e lavorare per rilanciarlo.

E’ vero che, come sottolinea la commissaria per l’Energia, Kadri Simson, a livello di Unione europea “non siamo più in balia delle condutture di Putin” vista la riduzione della domanda di gas da Gazprom. Ma per un rischio che si dissipa di nuovi se ne affacciano. “L’industria europea – avverte il rapporto – si trova ad affrontare una sfida significativa alla sua competitività a causa della crescente concorrenza della Cina, degli elevati differenziali dei prezzi dell’energia rispetto ad altri concorrenti industriali come gli Stati Uniti e delle potenziali dipendenze strategiche dalle tecnologie energetiche pulite”.

Green Deal e obiettivi economici sono a rischio. L’invito a rendere ancora più efficienti le abitazioni si deve anche all’eventualità di scenario di un’Unione europea leader nella legislazione verde e solo in quella. Certo, a Bruxelles, comprensibilmente, si guarda ai contenuti positivi del rapporto sullo stato dell’unione dell’energia. Progressi e passi avanti ci sono. Quando si parla di sostenibilità nella prima metà del 2024 metà della produzione di elettricità dell’Ue proveniva da fonti rinnovabili, mentre sul fronte della sicurezza l’importo di gas russo è sceso dal 45 % del fabbisogno complessivo nel 2021 al 18 % entro giugno 2024, riducendo, tra agosto 2022 e maggio 2024 la domanda di gas di 138 miliardi di metri cubi. Inoltre l’Ue ha raggiunto il suo obiettivo di stoccaggio invernale del gas del 90% il 19 agosto 2024, ben prima della scadenza del 1° novembre. L’Ue è certamente più solida e più sicura, ma non consolidata né messa in sicurezza. L’invito ad accelerare sulle case green risponde a questa preoccupazione di fondo.

Energia, nel 2023 capacità solare europea a 260 GW. Ue: “E’ la fonte più accessibile per famiglie”

L’energia solare è la fonte energetica in più rapida crescita nell’Ue: nel 2023 la capacità di generazione ha raggiunto, secondo SolarPower Europe, una stima di 259,99 GW. A dirlo è la Direzione generale per l’Energia della Commissione europea in un approfondimento. “Il costo dell’energia solare è diminuito dell’82% tra il 2010 e il 2020, rendendola la fonte di elettricità più competitiva in molte parti dell’Ue”, ha scritto la Dg. Inoltre, “la sua distribuzione accelerata contribuisce a ridurre la dipendenza dell’Ue dai combustibili fossili importati” ed “è l’energia rinnovabile più accessibile per le famiglie e contribuisce a proteggere i consumatori dai prezzi volatili dell’energia”.

Nel maggio 2022, la Commissione europea, come parte del piano RepowerEu, ha adottato una strategia dell’Ue per l’energia solare, che identifica le barriere e le sfide rimanenti nel settore e delinea iniziative per superarle e accelerarne la realizzazioni: l’obiettivo dell’Ue è arrivare a fornire oltre 320 GW di energia solare fotovoltaica entro il 2025 e quasi 600 GW entro il 2030. Insieme al piano, la Commissione ha anche presentato una serie di iniziative sui processi di autorizzazione per i progetti di energia rinnovabile. ‘L’iniziativa europea sui tetti solari’, che contiene una proposta per introdurre gradualmente un obbligo di predisposizione solare per i nuovi edifici e, per gli edifici pubblici esistenti, un’installazione graduale, dal 2027, “laddove sia tecnicamente, economicamente e funzionalmente fattibile”.

Il ‘Partenariato di competenze su larga scala dell’Ue’, con l’obiettivo di colmare il divario di competenze nell’Ue e promuovere lo sviluppo di una forza lavoro qualificata nel settore delle energie rinnovabili. ‘L’Alleanza dell’industria solare fotovoltaica dell’Ue’, che è “un forum per le parti interessate del settore”. Infine, il 15 aprile 2024, i ministri dell’Energia di 23 Paesi dell’Ue, i rappresentanti dell’industria e la commissaria Ue Kadri Simson hanno firmato una Carta solare europea che stabilisce una serie di azioni volontarie da intraprendere per sostenere il settore fotovoltaico dell’Ue.

“Anno dopo anno, il fotovoltaico rappresenta una quota maggiore del mix energetico dell’Ue. Nel 2021, la produzione di elettricità fotovoltaica dell’Ue ha rappresentato il 5,5% della produzione lorda di elettricità dell’Ue. Nei prossimi decenni si prevede una crescita continua del settore dell’energia solare, guidata sia da installazioni su larga scala che da un aumento dell’autoconsumo basato su installazioni fotovoltaiche sui tetti”, ha sottolineato la Dg Energia. E l’energia solare “crea anche posti di lavoro direttamente: la forza lavoro del settore fotovoltaico è cresciuta del 39% a 648.100 entro la fine del 2022, rispetto ai 466 mila lavoratori del 2021”, cosa che anticipa “le precedenti previsioni di raggiungere oltre 1 milione di lavoratori nel settore solare entro il 2030 per raggiungere potenzialmente tale cifra già nel 2025, secondo l’EU Solar Jobs Report 2023 di SolarPower Europe”. Proprio in questo contesto, come parte del Net-Zero Industry Act dell’Ue, a giugno 2024 è stata lanciata l’Accademia solare europea con lo scopo di sviluppare contenuti e programmi di apprendimento insieme all’industria, per garantire competenze e forza lavoro sufficienti nella catena del valore. L’obiettivo è formare 100 mila lavoratori in 3 anni.

Pichetto: “Le e-car sono il futuro, ma ora diciamo no alla monocultura dell’elettrico”

Le e-car saranno sicuramente il futuro “tra 15-20 anni“, ma per il momento l’Italia dice “no alla monocultura dell’elettrico“. Parola di Gilberto Pichetto. Il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, ospite del panel sui cambiamenti climatici alla quinta edizione della ‘Venice Soft Power Conference‘, riprende la vecchia ‘battaglia‘ sulla neutralità tecnologica e annuncia una delle prime mosse che il governo intende portare avanti una volta che si sarà insediata la nuova Commissione Ue: “Chiederemo di iscrivere i biocarburanti nella tassonomia europea, allargando il loro uso oltre aviazione e marina“.

Il concetto base non cambia: “Per raggiungere i nostri ambiziosi obiettivi dobbiamo fare in modo che la politica climatica vada di pari passo con la nostra economia e la nostra società”, dunque anche l’Europa deve attivarsi per tenere insieme la tutela ambientale, i target climatici ma anche la sostenibilità per le tasche dei cittadini. Altrimenti “il rischio che si corre è di introdurre riforme e provvedimenti che rendano la transizione ecologica invisa all’opinione pubblica – avverte -. Che il cambiamento sia vissuto come un peso, un limite, non come un’opportunità”. Non a caso, sfruttare appieno le opportunità che arrivano dallo sviluppo della tecnologia è proprio la strada che Roma suggerisce a Bruxelles: “Non abbiamo bisogno di un’Europa proibizionista, ma di un’Europa innovativa che ponga le esigenze economiche, finanziarie e sociali dei suoi cittadini al centro del futuro approvvigionamento energetico”.

In questo senso non si può rinviare ancora la discussione su uno dei temi maggiormente divisivi nel dibattito pubblico e politico. “Sul nucleare il Parlamento si è espresso per andare avanti con ricerca e sperimentazione, ma tutte le forze politiche devono essere coscienti, e ancor di più lo devono essere i cittadini, perché ci sono stati due referendum sul tema, che senza questa tecnologia non ci sono altre forme di energia per raggiungere gli obiettivi”, sia energetici che ambientali.

Le sole fonti alternative non bastano è mantra ripetuto spesso da chi ha responsabilità di governo. Ma Pichetto coglie l’occasione per togliersi anche qualche sassolino dalle scarpe: “Il problema del consenso è fondamentale, anche se colgo qualche contraddizione in chi a Roma ci accusa di essere negazionisti e poi blocca le rinnovabili a livello locale dove governa”. Ogni riferimento al braccio di ferro con la Sardegna sulla legge per le aree idonee dove installare nuovi impianti, appare puramente voluto.

Nel discorso, molto articolato, che il ministro porta al tavolo della discussione a Venezia, c’è anche la necessità di cambiare approccio con i Paesi da cui oggi ci forniamo per gli approvvigionamenti energetici. Primo tra tutti l’Africa. L’Italia ha lanciato da tempo il Piano Mattei: “Il nostro Governo vuole invertire la rotta, puntando a un cambio di prospettiva per costruire con i nostri vicini della sponda Sud del Mediterraneo un rapporto partitario e non predatorio”, assicura Pichetto. Che allarga la riflessione: “Il Piano Mattei incarna una missione storica dell’Italia, che oggi si riprende con orgoglio il proprio spazio” nel Mediterraneo, dove “riveste un ruolo cruciale” anche come “ponte” con l’Europa.

Ma i vantaggi sono potenzialmente più ampi e importanti, per tutti. Perché “la diffusione delle rinnovabili in Nord Africa è un contributo essenziale alla transizione energetica, sia diminuendo le emissioni globali complessive sia fornendo energia pulita da esportare nell’Europa che ne ha bisogno”. La stagione politica è ripresa.

Consumi di energia in aumento del 4,3% a luglio. Volano le rinnovabili, crolla il carbone

In soli dodici mesi i consumi di energia elettrica sono saliti a 31,3 miliardi di kilowattora, in termini percentuali il 4,5 in più. I dati raccolti a luglio da Terna, la società che gestisce la rete nazionale di trasmissione, evidenziano una variazione significativa rispetto allo stesso periodo dello scorso anno: il “più alto in termini di consumi dal 2015”, mette in luce l’azienda guidata da Giuseppina Di Foggia. Sottolineando anche altri fattori: innanzitutto il pieno recupero dal dato negativo di luglio 2023 (-3,4%), raggiunto contando due giorni lavorativi in più, 23 anziché 21, con il caldo a farla ovviamente da padrone sebbene con temperature medie mensili “sostanzialmente in linea“, eccezion fatta per l’ultima settimana del mese “durante la quale hanno superato di tre gradi centigradi quella dello stesso periodo dello scorso anno“. Terna, comunque, chiarisce che “le elevate temperature raggiunte non hanno intaccato i margini di adeguatezza, che rimangono positivi“.

Il trend di luglio rispecchia l’andamento dei primi sette mesi di quest’anno, durante i quali è stato registrata una crescita del fabbisogno nazionale dell’1,7%, così come sono aumentati del 3,5 percento (su base annua) i consumi delle imprese ‘energivore’, secondo l’Indice mensile dei consumi elettrici industriali (Imcei). Di positivo c’è che oltre l’86% della domanda di energia del Paese è stata soddisfatta grazie alla produzione nazionale, riducendo così al 13,6 il saldo dello scambio con l’estero.

L’analisi di Terna, poi, conferma l’ascesa delle rinnovabili. Da gennaio la capacità installata è ulteriormente migliorata di 4.282 MW (3.853 MW solo di fotovoltaico), ovvero il 39% in più in un anno. Inoltre, a luglio le fonti alternative hanno coperto il 44,2% della domanda di energia su un totale di 27 miliardi kilowattora prodotti a livello nazionale. Una percentuale di circa quattro punti superiore rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. A godere di ottima salute sono soprattutto idrico (+38,7%), fotovoltaico (+22,4%) e geotermia (+0,7%), sebbene con dettagli che vanno assolutamente presi in considerazione nella riflessione generale. Perché, ad esempio, la siccità produce danni significativi nel Sud del Paese, con la Sicilia che registra valori minimi storici di idraulicità mentre al Nord volano. Per quanto riguarda la produzione fotovoltaica, l’incremento di 867 Gigawattora “è dovuto al contributo positivo dell’aumento di capacità in esercizio (+877 GWh) che ha compensato il minor irraggiamento (-10 GWh)“. Nel quadro, però, ci sono anche aspetti negativi, come il calo di eolico (-11,6%) e termico (-6,5%).

Buone notizie arrivano anche sul fronte della riduzione dell’utilizzo di fonti fossili, perché a luglio la quota di produzione a carbone crolla addirittura del 74,8 percento rispetto allo stesso periodo del 2023. Segnali che indicano come il sentiero sia ancora lungo da percorrere, ma almeno la strada imboccata dal nostro Paese è quella giusta.