idrogeno verde

Italia presente nell’elenco progetti rinnovabili transfrontalieri Ue

La Commissione europea ha individuato il primo elenco di tre progetti transfrontalieri di energia rinnovabile da realizzare in Ue, tra cui uno finalizzato alla produzione di energia elettrica pulita in Italia, Spagna e Germania per la conversione, il trasporto e l’utilizzo di idrogeno verde nei Paesi Bassi e in Germania. Per la commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson, i tre progetti selezionati “sono solo l’inizio: stiamo accelerando la diffusione delle energie rinnovabili in tutta l’Ue e ci stiamo muovendo verso un approccio sempre più collaborativo”.

Per quanto riguarda l’Italia, il piano punta alla costruzione di nuove centrali rinnovabili aggiuntive nella Penisola e quindi convertire l’energia verde prodotta in idrogeno verde e/o ammoniaca. Parte di questa – spiega l’esecutivo europeo – sarà utilizzata per gli acquirenti direttamente nei Paesi Bassi, ma la maggior parte sarà convertita in idrogeno e trasportata in Germania per un ulteriore utilizzo, soprattutto per le industrie difficili da elettrificare. Gli stati lavoreranno in simbiosi, anche perché, come afferma Simson: “Il pieno potenziale per la transizione verde e la decarbonizzazione dell’Ue può essere realizzato solo attraverso sforzi congiunti in tutti i settori, tecnologie e regioni”. Quanto agli altri due progetti dell’elenco, si tratta di un parco eolico offshore ibrido tra Estonia e Lettonia e una rete di teleriscaldamento transfrontaliera basata sulle rinnovabili tra Germania e Polonia.

(Photo credits: Ina FASSBENDER / AFP)

Il G7 spinge su price cap a petrolio russo via mare, serve l’unanimità Ue

Si spinge per il price cap sul petrolio russo via mare, ora serve l’unanimità tra i 27 membri dell’Unione europea. Il vertice ministeriale del G7 delle Finanze ha approvato il piano per stabilire un tetto al prezzo dei prodotti petroliferi in arrivo da Mosca e la palla passa a Bruxelles, dove dovrà essere aggiornato il sesto pacchetto di sanzioni, quello che per un mese (durante tutto il mese di maggio) era rimasto ostaggio del veto dell’Ungheria di Viktor Orbán.

Confermiamo la nostra intenzione politica comune di finalizzare e attuare un divieto globale di servizi che consentano il trasporto marittimo di greggio e prodotti petroliferi di origine russa a livello globale“, si legge nel comunicato del G7 ministeriale, che riprende l’impegno del vertice dei leader a Elmau di impedire alla Russia di trarre profitto dalla guerra di aggressione in Ucraina e di sostenere la stabilità dei mercati energetici globali. “La fornitura di tali servizi sarà consentita solo se il petrolio e i prodotti petroliferi saranno acquistati a un prezzo pari o inferiore rispetto a quello determinato dall’ampia coalizione di Paesi che aderiscono al price cap e lo attuano“, specificano i ministri di Canada, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Italia e Stati Uniti.

Il price cap sul petrolio è “specificamente concepito” per ridurre le entrate del Cremlino, ma allo stesso tempo anche per “limitare l’impatto della guerra russa sui prezzi globali dell’energia“, permettendo ai fornitori di servizi del settore di operare con prodotti petroliferi russi via mare venduti solo a un prezzo pari o inferiore al tetto fissato: “Questa misura si baserebbe e amplificherebbe la portata delle sanzioni esistenti, in particolare del sesto pacchetto dell’Ue, garantendo la coerenza attraverso un solido quadro globale“. Come confermato anche dal commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni, adesso bisogna “allargare il sostegno europeo e globale al price cap, contro gli extra profitti destinati alla guerra e per ridurre i prezzi dell’energia“. L’accordo del G7 “si basa e rafforza ulteriormente” il sesto pacchetto di sanzioni dell’Unione, in linea con le tempistiche concordate del 5 dicembre per il greggio e del 5 febbraio del prossimo anno per i prodotti petroliferi.

Il tetto iniziale dei prezzi sarà basato su “una serie di dati tecnici” e sarà deciso “dall’intera coalizione prima dell’attuazione in ogni giurisdizione“, precisano i sette ministri, che sottolineano con forza che la comunicazione sarà fatta in modo “pubblico, chiaro e trasparente“. Inoltre, “il prezzo, l’efficacia e l’impatto saranno monitorati attentamente e il livello dei prezzi sarà rivisto se necessario“. Secondo le previsioni del G7, l’attuazione pratica del price cap sul petrolio russo importato via maresi baserà su un modello di registrazione e attestazione che coprirà tutti i tipi di contratti pertinenti“, limitando le possibilità di aggirare il regime e riducendo al minimo l’onere amministrativo per gli operatori di mercato. Nel frattempo continuerà il confronto con Paesi e parti interessate “in vista della progettazione e dell’implementazione definitiva“.

L’obiettivo è proprio quello di creare “un’ampia coalizione per massimizzare l’efficacia” della misura: “Esortiamo tutti i Paesi che vogliono ancora importare petrolio e prodotti petroliferi russi a impegnarsi a farlo solo a prezzi pari o inferiori al massimale di prezzo“, ribadiscono i ministri del Gruppo dei Sette. Il punto di forza della misura è non solo l’ambizione di affrancarsi dal petrolio in arrivo da Mosca per chi ne ha la forza e la volontà, ma soprattutto l’essere “particolarmente vantaggiosa per i Paesi, in particolare quelli vulnerabili a basso e medio reddito, che soffrono per gli alti prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari“. È proprio in quest’ottica che saranno sviluppati anche “meccanismi di mitigazione mirati accanto alle nostre misure restrittive“, in modo da garantire che i partner più svantaggiati possano mantenere la sicurezza dell’accesso ai mercati dell’energia, “anche dalla Russia“.

Nord stream

Commissione Ue contro crisi energetica: timori e rassicurazioni

Situazione critica”, ma “nessuna particolare preoccupazione”. La crisi energetica vissuta a Bruxelles è all’insegna della consapevolezza della posta in gioco e della necessità di rassicurare, per quanto possibile. L’inverno alle porte, Nord Stream fermo per manutenzione, il gas russo che è sempre più un’incognita. I timori non possono mancare. E se a livello di alto rango si usa un linguaggio, per la comunicazione esterna si sceglie un altro timbro. Le due facce della stessa questione vengono esposte nella stessa giornata, a distanza di poche ore l’una dall’altra.

In audizione in Parlamento europeo la vicedirettrice per l’energia della Commissione europea, Mechthild Wörsdörfer, dà il senso di agitazione che anima il palazzo dell’esecutivo comunitario. Esploriamo gli strumenti per acquisti congiunti” di gas ed energia, così come “esploriamo la possibilità di tetti ai prezzi. Il caro energia spinge l’inflazione, mettendo a rischio famiglie, imprese e tenuta economica del club a dodici stelle. Non entra nel merito delle risposte che offre, perché la linea di questa Commissione è che tutto passi sempre attraverso la presidente Ursula von der Leyen, che nulla sia rilevato prima che non sia lei stesso a farlo. Il 14 settembre Von der Leyen terrà il tradizionale discorso sullo stato dell’Unione e quindi anche sul mercato dell’energia, che “dobbiamo riformare”. Tutto è rimandato a “dopo il discorso delle presidente”.

Restano fermi principio e obiettivo ormai arcinoti. “Dobbiamo ridurre la domanda di gas”, ripete più di una volta di più la vicedirettrice per l’energia della Commissione europea. “Se riduciamo la domanda di gas – spiega – evitiamo gli effetti di decisioni unilaterali quando è troppo tardi”. Wörsdörfer si riferisce a Mosca e al suo colosso energetico Gazprom: “c’è il rischio di interruzioni”. Di fronte all’atteggiamento del fornitore russo e del governo a cui risponde, “la situazione rimane critica e risulta difficile fare previsioni per l’inverno” nella misura in cui non è chiaro se il gas continuerà ad arrivare, magari a singhiozzo e non al pieno della capacità. “La buona notizia è che a livello di media Ue le riserve di gas sono piene all’80%”, e l’Unione dovrebbe riuscire a superare questa stagione fredda alle porte.

È qui che interviene il servizio dei portavoce, Tim McPhie , responsabile per le questioni energetiche, si sente in dovere di precisare e rassicurare. “A livello Ue abbiamo superato l’80% del livello di riempimento degli stoccaggi di gas”, come affermato dalla vice direttrice generale. “Alcuni Stati membri sono sotto la soglia – riferisce – ma non abbiamo nessuna particolare preoccupazione”. Ma ancora una volta, nessuna anticipazione su quello che verrà: “è prematuro ora dire cosa la Commissione proporrà”. Lo sa von der Leyen e lo annuncerà lei. Ma per le famiglie si avvicinano modifiche sostanziali alle abitudini di sempre. “Dovremo considerare anche la questione della riduzione dei consumi dell’elettricità, oltre a quelli del gas”.

Manon Aubry

Aubry (Sinistra Ue): “Serve alternativa sociale e climatica a destra”

Le implicazioni delle elezioni italiane a livello europeo, il “pericolo” dell’estrema destra al governo e le priorità per affrontare la crisi energetica e climatica. L’eurodeputata francese e co-presidente del gruppo della Sinistra al Parlamento europeo, Manon Aubry, ha spiegato a GEA la sua prospettiva sul voto italiano del 25 settembre e cosa dovrebbe prevedere l’agenda del centro-sinistra per allinearsi alle aspettative delle forze progressiste a Bruxelles.

Cosa si aspetta dalle elezioni del 25 settembre?
“I sondaggi sembrano dire che vincerà la coalizione di destra/estrema destra e che il Partito Democratico non riuscirà a trovare una maggioranza dopo aver rifiutato di allearsi con i Cinque Stelle. Ma i sondaggi danno solo una tendenza e la campagna elettorale è appena iniziata”.

La preoccupa qualcosa in particolare?
“L’ascesa dei neofascisti e il potere accumulato dall’estrema destra in Italia. Se riuscissero a guidare un governo con la Lega e Berlusconi, sarebbe una cosa terribile per il popolo italiano”.

Cosa auspicherebbe per l’Italia?
“In questo contesto, abbiamo bisogno di un’alternativa forte alla destra, in grado di affrontare sia la crisi sociale sia quella climatica, di rispondere alle esigenze della gente, in particolare all’aumento dei prezzi, e di abbandonare le precedenti politiche liberali. Questa è anche l’unica risposta alle crescenti forze xenofobe”.

Quali sono i punti-chiave di un’agenda di sinistra?
“Le elezioni presidenziali e legislative francesi hanno dimostrato che la sinistra può accrescere il proprio sostegno popolare avendo una posizione politica chiara: allontanarsi dai dogmi neoliberisti e cambiare radicalmente il sistema economico. Hanno anche dimostrato che le agende femministe, antirazziste ed ecologiche devono essere al centro di una piattaforma di sinistra”.

Ed è soddisfatta dalle proposte elettorali del centro-sinistra italiano?
“Purtroppo il centro-sinistra italiano non ha imparato nessuna di queste lezioni. In passato ha approvato leggi a favore della precarizzazione del mercato del lavoro, innalzando l’età pensionabile (tra le più alte d’Europa). E temo che, in caso di vittoria, manterranno la stessa filosofia di liberismo economico, che li rende più vicini a Macron in Francia che alla nostra coalizione di sinistra Nupes”.

Per quanto riguarda il Piano nazionale di ripresa e resilienza dell’Italia, c’è da temere un fallimento con un prossimo governo, qualunque esso sia?
“Penso che sia il Next Generation Eu a rischiare di fallire, soprattutto a causa delle sue condizionalità economiche. Ero ovviamente favorevole a garantire la solidarietà europea e ad aiutare finanziariamente gli Stati membri più a rischio durante la pandemia. Ma all’epoca avevamo avvertito che le condizioni di austerità avrebbero creato enormi problemi in futuro”.

Problemi che intravede ora?
“La situazione è ancora più grave oggi, con un’inflazione senza precedenti, un aumento delle disuguaglianze e la classe operaia che fatica a sbarcare il lunario. E la risposta sarebbe quella di tagliare la spesa pubblica, i servizi pubblici, lo Stato sociale? Dobbiamo fare l’esatto contrario: la nostra priorità dovrebbe essere quella di porre un tetto ai prezzi dell’energia, proteggere i beni essenziali dalle regole del mercato e tassare gli speculatori che stanno lucrando sulla crisi”.

gas stoccaggio

Ue centra l’obiettivo stoccaggi pieni all’80%. Ma continua riempimento

Con due mesi d’anticipo il target dell’Unione europea è stato raggiunto, almeno a livello medio tra i Paesi membri. Le riserve sotterranee di gas dell’Ue sono già piene oltre l’80% per cento della propria capacità, così come da obiettivi comuni sugli stoccaggi al primo novembre 2022 (per arrivare poi al 90% a partire dall’inverno 2023). Lo ha annunciato al Baltic Sea Energy Security Summit di Marienborg la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, lo ha ribadito la commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson: “Gli Stati membri e le aziende hanno fatto un ottimo lavoro“, ma ora “non dobbiamo fermarci, continueremo a riempirli“.

Secondo quanto emerge dalla piattaforma indipendente europea (Gas Infrastructure Europe – AGSI+), che certifica il dato con due giorni di ritardo, già lunedì (29 agosto) la media Ue aveva sfondato di 0,17 punti percentuali la soglia psicologica dell’80%, con Portogallo, Polonia e Francia a guidare la classifica (rispettivamente al 100%, 99,54% e 91,54%), mentre l’Italia continua ad aumentare la propria quota di riempimento (81,93%) dopo aver raggiunto l’obiettivo minimo per il 2022 esattamente una settimana fa. Sono otto i Paesi membri che devono ancora allinearsi ai target Ue entro il primo novembre: se per Slovacchia (79,38%), Paesi Bassi (77,93%), Croazia (76,3%) e Romania (72,69%) ci si aspetta nelle prossime settimane il raggiungimento della soglia richiesta sul riempimento degli stoccaggi di gas, Austria (66,06%), Ungheria (63,19%), Bulgaria (60,91%) e Lettonia (54,97%) dovranno accelerare i propri sforzi, in un momento critico per lo scenario energetico dell’Unione.

Continuiamo a riempire i punti in cui il livello è ancora più basso e implementiamo il piano di riduzione della domanda dell’Ue – è stata l’esortazione della commissaria Simson -, questo ci aiuterà a superare l’inverno in sicurezza“. L’obiettivo è prepararsi a livello nazionale a uno scenario di completa interruzione delle forniture di gas da parte della Russia, tenendo piene le riserve e presentando misure di risparmio della domanda. Lo scenario è più che realistico considerate le tensioni tra Bruxelles e Mosca per la guerra in Ucraina e l’interruzione delle forniture di gas da parte del colosso energetico russo Gazprom per “lavori in una stazione di compressione nel nord della Germania“, che dovrebbero durare fino al 3 settembre.

A livello comunitario Italia e Germania sono i principali importatori di gas in Ue e – insieme a Francia, Paesi Bassi e Austria – anche i Paesi a concentrare la maggior parte della capacità di stoccaggio in tutta l’Unione (l’Italia pari a 197,7 terawattora, mentre la Germania di 245,3 terawattora). Sono 18 su 27 gli Stati membri Ue che dispongono di impianti di stoccaggio del gas (e rappresentano circa il 27% del consumo annuale di gas comunitario): Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Lettonia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Spagna, Svezia e Ungheria. Un terzo invece non dispone di proprie capacità nazionali (Cipro, Finlandia, Grecia, Irlanda, Lituania, Lussemburgo e Slovenia) e, in caso di stop delle forniture da Mosca, dovrà fare affidamento sulle strutture degli altri Stati membri. Il gruppo europeo di coordinamento sul gas (che fa capo alla Commissione europea) sta lavorando per rafforzare la cooperazione regionale tra i Ventisette attraverso task force e Bruxelles continua a esortare i governi a siglare accordi di solidarietà bilaterale come quello tra Italia e Slovenia, uno dei sei attualmente in vigore.

Ursula von der Leyen

Commissione Ue al lavoro per una riforma del mercato dell’elettricità

Niente di nuovo, all’apparenza, ma sotto i colpi dei prezzi dell’elettricità “in crescita vertiginosa” la Commissione europea stringe i tempi e potrebbe non aspettare necessariamente il nuovo anno per presentare la sua proposta di riforma del mercato elettrico. “Vediamo i limiti del nostro attuale design di mercato, sviluppato per circostanze e obiettivi completamente diversi da quelli che ci dobbiamo trovare ad affrontare oggi“, ha spiegato la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, nel corso del suo intervento al Bled Strategic Forum (in Slovenia), annunciando che l’esecutivo comunitario “sta lavorando a un intervento d’emergenza e a una riforma strutturale” del mercato dell’elettricità.

Già a fine luglio la commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson, si era esposta sulla questione, mettendo però in chiaro che la proposta del gabinetto von der Leyen non sarebbe arrivata prima dell’inizio del 2023. A un mese di distanza da quelle parole, la situazione in tutta l’Unione è peggiorata sensibilmente, con prezzi record dell’elettricità raggiunti in Italia, Francia e Germania. Ecco perché potrebbe accelerare anche il lavoro della Commissione sulla proposta legislativa che dovrebbe svincolare il prezzo dell’energia elettrica proveniente dal gas naturale da quella di altre energie, il cosiddetto disaccoppiamento dei prezzi per evitare l’effetto contagio. L’intervento sarà di vasta portata, per delineare “un modello nuovo che funzioni davvero e ci riporti in bilanciamento“, ha assicurato la presidente von der Leyen: l’attuale design di mercato dell’elettricità è calibrato sulle esigenze di vent’anni fa, quando le energie rinnovabili avevano un costo molto più elevato, mentre oggi – all’opposto – è il gas a essere più costoso, andando però ancora a definire l’intero prezzo dell’energia sul mercato.

La questione dell’aumento dei prezzi dell’energia e del design di quello dell’elettricità deriva dalle conseguenze della guerra rissa in Ucraina e la via d’uscita, secondo la numero uno dell’esecutivo comunitario, passa dalla “neutralizzazione della capacità russa di minacciarci“, che potrebbe materializzarsi presto in unacompleta interruzione delle forniture” verso l’Europa. Le vie da seguire sono diverse e passano dalla diversificazione delle fonti energetiche da Mosca (aumentate di 31 milioni di metri cubi da gennaio, ha ricordato von der Leyen) al taglio del 15% dei consumi di gas in tutti i Paesi membri (“per risparmiare 45 milioni di metri cubi”), fino all’impulso allo sviluppo delle rinnovabili: “Ogni chilowatt di elettricità dalle fonti solare, geotermica, eolica e dalle biomasse è un chilowatt in meno di dipendenza dalla Russia“, ha aggiunto von der Leyen nel suo intervento a Bled. Domani la leader dell’esecutivo Ue sarà in Danimarca per “discutere di parchi eolici nel Mar Baltico, come già ne esistono nel Mare del Nord“.

energia

Luci spente e limite riscaldamento: obiettivo risparmio gas in Ue

Per sopravvivere al prossimo inverno la regola uno è risparmiare energia. Come? Limitando il ricorso all’aria condizionata e ai riscaldamenti, con tetti minimi e massimi al termostato, o ancora spegnendo le luci negli edifici pubblici e addirittura le insegne dei negozi.

Gli Stati dell’Ue stanno lavorando alle misure utili a risparmiare energie, una necessità figlia delle conseguenze della guerra in Ucraina e delle relazioni deteriorate con la Russia, e ma anche frutto degli impegni assunti a livello Ue. Lo scorso 26 luglio al consiglio Energia l’Unione Europea ha concordato di ridurre il consumo di gas del 15 per cento rispetto alla media dei consumi nazionali degli ultimi cinque anni. Il target per il momento resta volontario, ma potrebbe diventare un obiettivo vincolante e obbligatorio in caso di crisi energetica. I governi europei sono alle prese con il tentativo di mettere a punto un piano di risparmio energetico, che sarà assegnato alla Commissione europea entro il 1 ottobre. Intanto, ci si mette al lavoro.

Spagna

La settimana scorsa in Spagna è arrivato il via libera al piano di risparmio energetico adottato all’inizio del mese dal governo di Pedro Sanchez, che prevede di limitare l’aria condizionata a 27 gradi nella maggior parte dei negozi, di cinema e teatri e delle infrastrutture di trasporto. In inverno, in questi luoghi, il riscaldamento dovrà limitarsi a un massimo di 19 gradi. Il piano prevede anche che le vetrine dei negozi e degli edifici pubblici siano spesi dopo le 22.

Germania

La Germania, tra i Ue più dipendenti dal gas russo Paesi, ha varato mercoledì scorso il piano per tagliare la domanda di energia, che secondo le previsioni a un risparmio del 2 per cento per non mettere in difficoltà i consumatori. A partire dal primo settembre, negli edifici pubblici – tranne gli edifici come gli ospedali – il riscaldamento sarà limitato a 19 gradi, mentre edifici e monumenti non saranno più illuminati per scopi non importanti. Il ministro dell’Economia e del clima, Robert Habeck, ha affermato, secondo Reuters, che le misure potrebbero risparmiare alle famiglie private, alle aziende e al settore pubblico circa 10,8 miliardi di euro in totale nei prossimi due anni.

Francia

In Francia ancora si partecipa alla presentazione del piano di risparmio. Il portavoce del governo Olivier Véran, ha affermato a luglio che il piano in questione chiederà a tutti i cittadini di impegnarsi per il risparmio energetico, introducendo ad esempio pratiche come lo spegnimento delle luci. Anche in Italia – che da poco ha raggiunto il target dell’80 cento per delle riserve di gas piene – si attende nei prossimi giorni la presentazione del piano di emergenza per il risparmio. A luglio il governo ha presentato una serie di misure per il risparmio, tra cui l’abbassamento delle temperature a 19 gradi nelle abitazioni e negli edifici pubblici, ma il piano sarà aggiornato prima di essere presentato all’Ue.

Finlandia

In Finlandia, per la prima volta dalla crisi petrolifera degli anni Settanta, a ottobre partirà la campagna per il risparmio energetico ‘un grado in meno’ che invita i cittadini a ridurre di un grado la temperatura abituale del riscaldamento il prossimo inverno e a ridurre il tempo trascorso sotto la doccia e nelle amate saune. Il gigante energetico russo Gazprom ha interrotto le forniture di gas a Helsinki a maggio, dopo che il governo finlandese si è rifiutato di pagare in rubli come richiesto dalla Russia. Nel 2021, Gazprom aveva fornito i due terzi del consumo di gas del Paese, ma solo l’8% del consumo totale di energia. Gasum, l’azienda di Stato finlandese, sta ora cercando di diversificare le proprie forniture, anche approvvigionandosi maggiormente dall’Estonia.

(Photo credits: BORIS HORVAT / AFP)

foreste

La strategia Ue per foreste e obiettivo 3 mld di alberi entro 2030

Una strategia europea per le foreste, con l’obiettivo di tre miliardi di nuovi alberi su tutto il continente entro il 2030. Al fianco del pacchetto sul clima Fit for 55, per quanto riguarda i nuovi obiettivi di assorbimento della CO2, hanno trovato spazio anche azioni concrete per migliorare la quantità e la qualità delle foreste sul territorio dell’Unione europea e per rafforzarne la protezione, il ripristino e la resilienza.

Le foreste sono essenziali nella lotta contro i cambiamenti climatici, garantiscono posti di lavoro e crescita nelle zone rurali, materiali sostenibili per lo sviluppo della bioeconomia e servizi ecosistemici preziosi per la nostra società”. La conferma è arrivata dal commissario europeo per l’Agricoltura, Janusz Wojciechowski, che ha osservato come la strategia per le foreste dell’Ue sottolinei il “ruolo centrale” svolto da milioni di silvicoltori che operano sul territorio.

Le foreste sono i più grandi pozzi di assorbimento di carbonio e la Commissione riconosce che quelle europee soffrono di molteplici pressioni, incluso il cambiamento climatico. Di qui la volontà di piantare tre miliardi di nuovi alberi entro l’inizio del nuovo decennio, per rispondere anche all’obiettivo vincolante di rimuovere 310 milioni di tonnellate di CO2 equivalente al 2030. La strategia dell’esecutivo comunitario rappresenta una delle iniziative faro del Green Deal europeo e si basa sulla Strategia Ue sulla biodiversità per il 2030. Al centro del progetto c’è anche l’adattamento alle nuove condizioni meteorologiche estreme e all’elevata incertezza causata dal cambiamento climatico, una “precondizione affinché le foreste continuino a svolgere le loro funzioni socioeconomiche e per garantire zone rurali vivaci con popolazioni fiorenti”, spiega la Commissione.

Oltre alla riforestazione e al rimboschimento delle foreste europee, la strategia Ue prevede anche la promozione della bioeconomia non basata sul legno, compreso l’ecoturismo, lo sviluppo di competenze e la responsabilizzazione dei cittadini, la protezione delle ultime foreste primarie rimaste sul continente e incentivi finanziari a proprietari e gestori per migliorare la quantità e la qualità delle aree verdi. Imprescindibile il sostegno alle funzioni socioeconomiche delle foreste europee, che si dovrà concentrare inoltre sul monitoraggio e la raccolta dei dati, ma anche sullo sviluppo di una “forte agenda di ricerca e innovazione” per migliorare le conoscenze di questi ambienti naturali. Non saranno esclusi gli aspetti legislativi, attraverso il rafforzamento dell’applicazione dell’acquis comunitario e l’attuazione di un quadro amministrativo forestale a livello Ue “inclusivo e coerente”.

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agricoltura

L’Ue verso un quadro normativo sui certificati di cattura di CO2

Riciclare, rimuovere, immagazzinare in maniera “sostenibile” la CO2 che contribuisce ai cambiamenti climatici in maniera sostanziale. Per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 (con zero nuove emissioni nette entro la metà del secolo) l’Unione europea lavora da una parte per tagliare le emissioni di carbonio generate dalla propria economia e attività; dall’altra, intende lavorare a strategie per immagazzinare più carbonio in natura (attraverso l’agricoltura del carbonio, la cosiddetta ‘carbon farming’ o dalle foreste, grazie al loro potenziale naturale di assorbimento della CO2) e promuovere soluzioni industriali e tecnologie per rimuovere e riciclare il carbonio in modo sostenibile e verificabile.

Questo perché anche introducendo misure per ridurre la produzione di carbonio, è importante contrastare l’accumulo di CO2 nell’atmosfera, che rappresenta una delle principali cause del riscaldamento globale. A dicembre 2021 la Commissione europea ha presentato una comunicazione sui “cicli sostenibili del carbonio” fissando l’impegno che entro il 2030 le iniziative di stoccaggio del carbonio nei suoli agricoli portino a immagazzinare 42 Mt (Mega tonnellate) di CO2 nei pozzi di assorbimento naturali europei. “Entro il 2050, ogni tonnellata di CO2 equivalente emessa nell’atmosfera dovrà essere neutralizzata da una tonnellata di CO2 rimossa dall’atmosfera” in modo da compensare e contribuire alla neutralità, ovvero zero nuove emissioni nette. Ma è necessario capire come fare a calcolare e verificare le emissioni che sono realmente immagazzinate.

La comunicazione ha solo fissato l’impegno dell’Ue a invertire la rotta, promettendo però che entro il 2022 arriverà un quadro normativo, incentrato su una proposta legislativa per introdurre i certificati delle rimozioni di carbonio, in modo che i dati sull’immagazzinamento siano effettivamente verificabili tra Stati membri. L’esecutivo europeo ha in mano la grande sfida di creare uno schema di certificazione in modo che le misure di rimozione del carbonio siano credibili e trasparenti. Ad esempio, uno dei rischi legati all’assorbimento è che il carbonio venga riemesso nell’atmosfera in modo incontrollato (quella che Bruxelles definisce la “non permanenza” degli assorbimenti).

Tra le azioni per contribuire alla rimozione della CO2, un ruolo importante giocherà l’agricoltura e la promozione di pratiche di coltivazione del carbonio nell’ambito della Politica agricola comune (PAC), come la semina di colture di copertura nei terreni vuoti. Bruxelles punta molto sull’agricoltura smart e sequestro di anidride carbonica dai terreni agricoli per la neutralità climatica. In uno studio ne ha riconosciuto il ruolo per “contribuire in modo significativo agli sforzi dell’UE per affrontare il cambiamento climatico”, con benefici in termini di sequestro e stoccaggio del carbonio ma anche per quanto riguarda l’aumento della biodiversità e la conservazione degli ecosistemi.

L’Ue e la modifica al regolamento sui conti economici ambientali

Tanto patrimonio boschivo, e altrettanta difficoltà a tenerlo sotto controllo come si potrebbe e dovrebbe. L’Unione europea sa solo parzialmente quello che accade a boschi e foreste, complice un mondo verde piuttosto esteso. Circa 182 milioni di ettari di tronchi e chiome, che coprono il 43% della superficie terrestre dell’Ue. Un vero e proprio capitale, se si considera il potere di assorbimento della CO2, il principale responsabile dell’aumento globale della temperatura e conseguente cambiamento climatico. La Commissione europea vuole vederci più chiaro di quanto fatto finora, ritiene che non ci siano dati e informazione a sufficienza, e chiede a Consiglio e Parlamento la riforma del regolamento sui conti economici ambientali.

La normativa comunitaria in questione prevede raccolta e diffusione di sei principali filoni di informazioni: conti delle emissioni atmosferiche, imposte ambientali ripartite per attività economica, conti dei flussi di materia a livello di intera economia, conti delle spese per la protezione dell’ambiente, conti del settore dei beni e dei servizi ambientali e conti dei flussi fisici di energia. Ma qualcosa manca, quanto fatto finora non risponde più alle nuove politiche di sostenibilità dell’Unione europea, e la legislazione va aggiornata al pari della più ampia agenda politica. “La proposta per il modulo dei conti delle risorse forestali è in linea con le politiche in materia di clima e risorse forestali”, rileva la Commissione, e si inserisce nel quadro del Green Deal europeo. È qui che la Commissione ha presentato la nuova strategia dell’Ue per le foreste per il 2030, e la proposta di riforma che mira a raccogliere più informazioni è un tassello ulteriore.

L’esecutivo comunitario intende aggiornare il modo di monitorare il sistema di gestione del patrimonio boschivo. I conti forestali misurano specificamente l’area forestale e la sua quota disponibile per l’estrazione di legname, tutti dati che possono essere utilizzati per monitorare la gestione forestale e l’industria del legno. Accanto a questo il team von der Leyen propone anche informazioni sui sussidi ambientali. Queste ultime riguardano il sostegno degli Stati membri per promuovere un’economia più verde, proteggere l’ambiente e salvaguardare le risorse naturali, incluse quelle forestali.

L’intervento di emendamento risponde anche ad un’esigenza di armonizzazione. I Ventisette Stati membri hanno modalità di raccogliere informazioni tutte diverse. Il team von der Leyen intende agire su questo aspetto per almeno due motivi. In primo luogo le statistiche europee “devono essere comparabili tra Stati membri”, recita il testo di proposta di modifica del regolamento nella parte esplicativa. La riforma del regolamento sui conti economici ambientali permetterà quindi un miglioramento dei resoconti di Eurostat, l’istituto di statistica europea facente capo alla Commissione europea, e la pubblicazione di dati più aggiornai e completi sull’argomento.

In secondo luogo “i temi ambientali hanno una portata e un carattere transnazionali” e non possono essere gestiti solo a livello nazionale, tanto più che l’ambiente è una materia di competenza concorrente, vale a dire condivisa tra Bruxelles e i governi. In terzo luogo, “alcuni impieghi dei conti economici ambientali vanno al di là dell’Ue, come gli obiettivi di sviluppo sostenibile, per cui l’Ue deve applicare norme globali”. La riforma dunque appare obbligata, ma se ne parlerà dopo la pausa estiva.

(Photo credits: COLE BURSTON / AFP)

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