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Bollette, Pichetto: Per la fine del mercato tutelato valutiamo gradualità

Per la fine del mercato tutelato per 10 milioni di utenti domestici, in scadenza il 10 gennaio 2024, il governo valuta “gradualità“. Il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, tenta di rassicurare i cittadini che dall’inizio del prossimo anno dovrebbero passare al mercato libero per il gas e l’elettricità, in una fase ancora di forte instabilità. La conclusione della riflessione, spiega il responsabile del Mase, “ci sarà nelle prossime settimane“.

Il passaggio dal mercato tutelato a quello libero comporterà l’obbligo di scegliere il proprio fornitore, con il rischio di incorrere nuovi rincari dei prezzi, già gravati dall’inflazione e dalle turbolenze geopolitiche internazionali. Ma si ragiona anche sul ‘disaccoppiamento’ degli utenti vulnerabili dagli altri, spiega il ministro da Torino, a margine dell’evento l’Italia delle Regioni.

Questo perché la fascia fragile della popolazione sarebbe più gravata dai rincari. Sarebbero ‘salvi’ quindi i cittadini con più di 75 anni, chi si trova in condizioni economicamente svantaggiate o in gravi condizioni di salute che richiedono l’utilizzo di apparecchiature medico-terapeutiche salvavita alimentate dall’energia elettrica, ma anche i soggetti presso i quali risiedono persone in queste condizioni, disabili a cui sono stati riconosciuti i benefici previsti dalla legge 104, coloro i quali sono in soluzioni abitative di emergenza dopo eventi calamitosi e chi vive in un’isola minore non interconnessa.

Il mercato tutelato dell’energia garantisce condizioni economiche delineate dall’Arera sulla base dell’andamento dei prezzi all’ingrosso di luce e gas. Il provvedimento nasce sei anni fa, in un quadro diverso, con i prezzi dell’energia non volatili, in una situazione poco ‘rischiosa’ per gli utenti. Dall’inizio del 2022 in poi, però, il mercato ha fatto registrare picchi vertiginosi e abbassamenti dei prezzi che non sono mai scesi comunque ai livelli di due anni fa.

Il rinvio dovrà essere valutato dal Consiglio dei ministri, in raccordo con l’Unione europea. La proroga, però, non è l’unica opzione dell’esecutivo.

L’inizio del percorso che porterà alla fine del servizio di maggior tutela nel settore del gas è iniziato nel peggiore dei modi, all’insegna dell’improvvisazione, di comportamenti erratici delle aziende e dello spregio dei più elementari diritti dei consumatori”, denuncia Federconsumatori. Gli utenti del servizio di maggior tutela, fa sapere l’associazione, stanno ricevendo, in questi giorni, le lettere da parte del proprio gestore che li invita a sottoscrivere l’offerta più conveniente sul libero mercato tra quelle disponibili nel proprio pacchetto. “Pena, in caso di mancata sottoscrizione, di ritrovarsi da gennaio con un contratto applicato in automatico, che sarà, quasi certamente, peggiorativo“. Il contenuto delle lettere, per i consumatori, sarebbe complicato, non facile da decifrare. Pesa, per Federconsumatori, “l’assenza assoluta di comunicazioni istituzionali che il Governo si era impegnato a mettere in campo per aiutare i consumatori a gestire nel migliore dei modi questo complicato passaggio“. La richiesta al Governo è di “fermare questo treno che ha già deragliato pochi metri fuori dalla stazione”: “Basta con gli annunci di singoli ministri o viceministri – invoca l’associazione -, occorre che il Consiglio dei ministri assuma, già nelle prossime ore, una decisione formale di sospensiva, almeno per un anno, alla fine del servizio di maggior tutela per il gas e l’energia elettrica“.

Bollette della luce su del 18,6% nel quarto trimestre. Arera: “Manca ancora equilibrio”

Ancora cattive notizie sul fronte delle bollette per gli italiani. L’Arera, infatti, ha comunicato un +18,6% per quanto riguarda l’elettricità per la famiglia tipo in tutela nel quarto trimestre. Il costo sarà di 28,29 centesimi al kWh, in netta diminuzione rispetto ai 66,01 centesimi che caratterizzavano il quarto trimestre 2022 (-57% circa). Il prezzo attuale è legato al forte incremento dei costi di acquisto dell’energia elettrica (+19,4%), e della voce oneri di sistema (+0,4%), leggermente compensata da una riduzione dei costi di dispacciamento (-1,2%). Nell’arco del 2023, una famiglia tipo spenderà in media 889,60 euro, segnando un -32,7% rispetto al 2022.

Arera sottolinea, come componente positiva, l’introduzione, al fianco del bonus elettricità, di una novità: un contributo straordinario crescente con il numero dei componenti familiari, che arriverà in automatico a chi già riceve il bonus elettrico, cioè le famiglie con livello Isee fino a 15.000 euro (30.000 euro per le famiglie numerose), per un valore totale di 300 milioni di euro. Misure che attuano quanto previsto dal Governo nel decreto approvato nella riunione del Consiglio dei ministri dello scorso 25 settembre. Su questo in giornata si era espresso anche il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, che aveva sottolineato come “non possiamo andare avanti eternamente con i bonus, ma fin quando c’è necessità sì. Speriamo arrivi presto un nuovo equilibrio, che però dipende anche da dinamiche internazionali, i fattori sono moltissimi, non possiamo fare altro che gestire il presente. Non ha senso fare bonus strutturali, ha senso curare la ferita, l’antibiotico a vita costa molto di più a chi lo riceve”.

Equilibrio che, per il momento, secondo il presidente di Arera, Stefano Besseghini, non c’è ancora: “E’ vero che i prezzi dell’energia non mordono con l’aggressività di un anno fa ma le oscillazioni sono indice di un settore energetico ancora alla ricerca di un suo equilibrio, con inevitabili riflessi nella bolletta anche a causa della stagionalità a cui andiamo incontro”. Anche per questo Besseghini sottolinea l’importanza “in questa stagione invernale” di “prestare molta attenzione al contenimento dei consumi e, per quanto possibile, a sviluppare investimenti di efficienza energetica”.

Notizie dalle tinte fosche per Assoutenti, che parla di “pessimo segnale”, sottolineando come le bollette stiano tornando al livelli di fine 2021, “quando l’Italia si ritrovò in piena emergenza energetica”. Una “mazzata”, per il Codacons, che stima come le nuove tariffe peseranno in media per 120 euro su base annua sulla famiglia tipo, che fra luce e gas si trova a spendere oltre 2mila euro l’anno. Per questo Codacons spinge il Governo a “adottare da subito misure di contrasto, a partire dal rinvio alla fine del mercato tutelato prevista per il prossimo gennaio”. E, oltre alle famiglie, il problema interessa anche le imprese. “Il costo dell’energia – chiosa Coldirettisi riflette infatti in tutta la filiera e riguarda sia le attività agricole ma anche la trasformazione e la distribuzione”.

Riprodurre la fusione sulla Terra ci darebbe l’energia dei sogni

L’energia a fusione nucleare? Sarà talmente economica da non aver nemmeno bisogno di essere misurata. Non è vero, ovviamente. La frase – metà anni ‘50 – è attribuita all’allora presidente della commissione per l’energia atomica Lewis Strauss (per gli amanti del cinema: uno dei protagonisti, interpretato da Robert Downey Jr, del film campione di incassi ‘Oppenheimer’). Richiamava l’idea di un futuro in cui l’energia potesse essere – cito – disponibile come l’acqua.

La previsione rimandava alla futura progettazione di reattori nucleari a fusione. Macchine in cui dovrebbe avvenire lo stesso processo che alimenta il Sole e le stelle: strizzare, cioè, la materia grazie a campi magnetici potentissimi (nel Sole ci pensa la gravità) per fondere fra loro nuclei di atomi di idrogeno. E generare energia. Tutto diverso dal processo delle attuali centrali a fissione, dove invece la reazione si produce bombardando l’atomo.

Riprodurre la fusione sulla Terra ci darebbe l’energia dei sogni: pulita, sicura, prodotta da un combustibile facilissimo da reperire, e senza produzione di scorie radioattive a lungo tempo di decadimento.

La previsione di settant’anni fa era, senz’altro, troppo entusiasta. Il percorso che potrebbe portarci a una vera centrale termonucleare funzionante guarda a dopo il 2050. In mezzo ci sono una serie di sfide scientifiche e tecnologiche.

Ma la frase di Strauss (“Too cheap to meter”, in originale) era impropria anche in senso più stretto: una delle sfide lungo il percorso, infatti, è proprio quella di misurare la potenza emessa dal reattore durante un processo di fusione. Sì, perché la fusione nucleare è già una realtà dal punto di vista sperimentale. Quello che manca è dimostrare che possa essere vantaggiosa economicamente in un reattore di grandi dimensioni, capace, in teoria, di alimentare intere città.

La vera notizia, è che oggi l’ostacolo della misurazione è superato. A compiere l’ultimo importantissimo passo, un team di fisici italiani dell’università di Milano-Bicocca e del Cnr. La sfida era trovare un metodo di misurazione indipendente a quello già sviluppato in passato, basato sui neutroni emessi dalla reazione. Un nuovo metodo che potesse confermare i risultati del primo durante il processo di fusione. E senza il quale, di accendere il reattore non se ne parla nemmeno.

L’idea degli scienziati è stata sfruttare l’emissione di raggi gamma durante la reazione: individuarli, contarli, e risalire alla potenza. “Come cercare un ago in un pagliaio”, per usare parole loro.

Noi di GEA abbiamo raccontato questa storia. E l’abbiamo pubblicata in esclusiva insieme a Wired, testata da sempre attenta alle tematiche scientifiche.

E per farlo siamo partiti dal passato, che coinvolge fisici come Bruno Pontecorvo, Andrej Sacharov e Bruno Coppi. E dalle storie dei protagonisti di questa scoperta. Come il direttore del dipartimento di Fisica di Milano-Bicocca, Giuseppe Gorini, che ha guidato il gruppo di ricerca dell’ateneo, e che dagli anni ‘80 in poi ha sviluppato gli spettrometri ora utilizzati per le misurazioni. Lavorando insieme a fisici internazionali e facendo calcoli nella campagna di famiglia, vicino a Ravenna, raccogliendo ogni tanto pesche mature dagli alberi. Come a dire che anche i luoghi della scienza sono spesso inaspettati da raccontare. Newton del resto aveva la mela…

L’energia per i veicoli del futuro: elettrico, idrogeno e biocarburanti

La mobilità e i trasporti sono uno dei vulnus della transizione energetica, soprattutto in Italia dove è ancora largamente diffuso l’utilizzo dell’automobile. In questo contesto, guardando al futuro, è fondamentale capire come i veicoli dovranno evolversi, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo dell’energia, per garantire il percorso verso la sostenibilità. E se l’elettrico, al momento, sembra la strada maestra, non si possono non considerare le altre possibilità: idrogeno, biocarburanti, e-fuels. ‘Elettricità, idrogeno, biocarburanti, e-fuel: l’energia per i veicoli di domani’ sarà il titolo di uno dei panel dell’evento ‘I trasporti italiani ed europei e la sfida del 2035’ che Withub, con la direzione editoriale di eunews, GEA e Fondazione art. 49, organizzerà a Roma il prossimo 12 ottobre presso l’esperienza Europa David Sassoli.

 

E se la decarbonizzazione dei trasporti è ormai un punto fermo, la modalità con cui raggiungerla non è ancora nettamente delineata. Lo stesso ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, più volte ha ribadito come l’elettrico sia “la via maestra”, ma come vadano considerate anche le altre tecnologie. In particolare i biocarburanti, sui quali sembra che l’Ue sia pronta ad una riapertura anche dopo il 2035.

 

Diversa la posizione delle associazioni ambientaliste, che in un position paper formulato a maggio continuano a perseguire l’elettrico come unica via. La sola apertura a biocarburanti avanzati, con l’idrogeno verde e i carburanti sintetici rinnovabili, è concessa per i trasporti non elettrificabili come l’aviazione e la navigazione a lunga distanza. Secondo le associazioni la crescita sia delle rinnovabili che dell’efficienza nei trasporti consentirà di ridurre del 25% le emissioni di CO2 del settore. Netta la posizione sul biodiesel all’olio di palma e derivati: “Chiediamo di uscire dalla ‘false rinnovabili’ e di usare d’ora in poi solo biocarburanti ‘avanzati’, quelli derivati da rifiuti ‘veri’ cioè scarti non altrimenti utilizzabili, con meccanismi di certificazione che ne possano garantire la tracciabilità, e di concentrare la sperimentazione di idrogeno verde e carburanti sintetici rinnovabili limitatamente ai trasporti non elettrificabili, come ad esempio l’aviazione e la navigazione di lunga distanza”.

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Energia, Enea: Migliorano prestazioni immobili certificati, A4-B +3,7%

Migliorano ancora e in maniera significativa le prestazioni energetiche del parco edilizio nazionale certificato. È quanto emerge dal IV Rapporto annuale sulla certificazione energetica degli edifici realizzato da Enea e Comitato Termotecnico Italiano Energia e Ambiente (CTI) sulla base di circa 1,3 milioni di attestati di prestazione energetica (APE) registrati nel SIAPE ed emessi nel 2022 da 17 Regioni e 2 Province Autonome.

Il report evidenzia una diminuzione percentuale degli immobili nelle classi energetiche peggiori F e G (-3,7%), a fronte di uno speculare aumento di quelli nelle classi più performanti A4-B (+3,7%). Tuttavia, la distribuzione per classe energetica conferma che circa il 55% dei casi censiti sono caratterizzati da prestazioni energetiche basse (classi F-G). In particolare, la quota più consistente di attestati è stata emessa dalla regione Lombardia (20,5%), seguita da Lazio (9,6%) e Veneto (8,4%). Gli APE collegati a passaggi di proprietà e locazioni risultano in lieve flessione, pur continuando a rappresentare oltre l’80% del campione analizzato. Aumentano in percentuale le riqualificazioni energetiche e le ristrutturazioni profonde, che rappresentano rispettivamente il 5,7% e il 4,1% degli APE emessi nel 2022 (+1,5% per entrambe rispetto al 2021); stati oltre 17 mila gli APE registrati nel SIAPE nella categoria Edifici a energia quasi zero (NZEB – Nearly Zero-Energy Buildings) tra il 2015 e il 2022.

Il significativo aumento dei costi energetici e la crisi climatica in atto rappresentano problematiche sempre più stringenti che rendono ancora più necessari gli interventi per il miglioramento energetico degli edifici”, sottolinea il Presidente ENEA, Gilberto Dialuce. “In questo contesto il Rapporto rappresenta un ulteriore sforzo congiunto di ENEA e CTI per migliorare la qualità del quadro d’insieme del patrimonio immobiliare privato e pubblico, anche alla luce delle decisioni sulla nuova Direttiva EPBD che a breve verranno prese in sede UE. Una sinergia indispensabile – osserva – anche per la definizione delle strategie di intervento nel settore a livello nazionale e territoriale, e per un orientamento più mirato e stabile nel tempo degli investimenti necessari e dei relativi sistemi di incentivazione”.

La principale novità di questa edizione è la sezione del rapporto dedicata a nuovi strumenti e metodi di analisi per il miglioramento della qualità degli APE, in particolare per il potenziamento delle metodologie di controllo da parte del certificatore sia durante la fase di predisposizione dell’APE che in quella successiva. Sono stati approfonditi, inoltre, i temi relativi all’implementazione del Catasto Energetico Unico (CEU) regionale, il ruolo del Portale nazionale per la Prestazione Energetica degli Edifici (PnPE2) e delle altre applicazioni informatiche predisposte da Enea. La digitalizzazione degli APE risulta fondamentale per individuare le aree con maggiore necessità di intervento, in funzione delle diverse realtà territoriali, e per offrire al cittadino un set più completo di informazioni, grazie anche all’ausilio di sportelli unici digitalizzati (one stop shop).

Il rapporto, infine, analizza i risultati di un questionario somministrato a un campione di circa 80 soggetti, tra associazioni, consorzi e ordini professionali, che hanno espresso il loro punto di vista su diversi aspetti del sistema di certificazione energetica nazionale, soprattutto in merito alle proposte di revisione della Direttiva EPBD sulla prestazione energetica degli edifici.

La nuova edizione del Rapporto vuole rappresentare uno strumento di lavoro sempre aggiornato e in continua evoluzione per supportare chi deve o vuole definire strategie, misure e azioni sul parco edilizio nazionale in linea con gli sfidanti obiettivi che ci impongono la transizione energetica e la decarbonizzazione”, spiega il Presidente del CTI, Cesare Boffa. “Questo nuovo capitolo della collaborazione tra ENEA e CTI mette in luce il processo di miglioramento continuo delle informazioni che possono essere raccolte, analizzate e trasmesse alla Pubblica Amministrazione e agli operatori interessati”.

Allarme di Kiev: “La Russia ha ricominciato con il terrore energetico”

La Russia ha ricominciato con azioni destinate a diffondere il “terrore energetico” in Ucraina con l’avvicinarsi dell’inverno. A lanciare l’allarme è il primo ministro ucraino, Denys Shmyhal.

 “La fase del terrore energetico è già iniziata”, ha dichiarato il premier durante un forum economico, citato dall’agenzia di stampa Interfax-Ucraina. “Lo possiamo vedere nella distruzione delle infrastrutture energetiche” e nei “primi attacchi” contro le sottostazioni elettriche “nelle ultime due settimane”, ha aggiunto.

Il premier ucraino ritiene, però, che il Paese sia meglio preparato rispetto all’inverno precedente, quando gli attacchi di Mosca alle infrastrutture energetiche hanno regolarmente gettato milioni di persone nel buio e nel freddo. “Siamo molto più preparati e forti dell’anno scorso”, ha sottolineato, grazie soprattutto alla fornitura di sistemi di difesa aerea occidentali. “L’inverno sarà sicuramente duro, non certo più facile dell’ultimo”, ma “sappiamo cosa sta facendo il nemico e quali sfide ci attendono”, ha aggiunto Shmygal.

Quasi ogni notte, la Russia bombarda le città ucraine con missili e droni kamikaze. Giovedì, una nuova salva di oltre 40 missili da crociera ha ucciso tre persone a Kherson, nel sud, e ne ha ferite sette nella capitale, Kiev. Sebbene la maggior parte dei missili sia stata abbattuta, alcuni hanno colpito infrastrutture civili, secondo le autorità ucraine.

Per la prima volta in sei mesi, gli impianti energetici nell’ovest e nel centro del Paese sono stati danneggiati dagli attacchi russi, causando interruzioni di corrente in diverse regioni, ha riferito il fornitore ucraino Ukrenergo su Telegram.

Von der Leyen rivendica Green Deal e arruola Draghi per competitività

La Commissione europea ha portato a termine oltre il 90 per cento degli obiettivi ce si era proposta nel 2019. Nel suo discorso sullo ‘stato dell’Unione’. La presidente Ursula von der Leyen  fa il punto sui dodici mesi appena trascorsi e su quelli a venire. E lo fa rivendicando il lavoro svolto e confermando alcuni dei capisaldi della sua Commissione, a partire dal Green Deal, “la risposta europea all’appello della storia”. E poi le sfide future: lavoro, inflazione, imprese. In questo quadro Von der Leyen annuncia un ‘collaboratore’ d’eccezione: Mario Draghi. Al quale la presidente della Commissione ha chiesto un’analisi sulla competitività dell’Ue. “Ho chiesto a Mario Draghi – una delle più grandi menti economiche europee – di preparare un rapporto sull’argomento il futuro della competitività europea. Perchè l’Europa farà ‘what ever it take’ per mantenere il suo vantaggio competitivo”.

GREEN DEAL – “Quattro anni fa, la Commissione europea ha presentato “il Green Deal europeo come la nostra risposta all’appello della storia. E quest’estate, la più calda mai registrata in Europa, ce lo ha ricordato con forza. La Grecia e la Spagna sono state colpite da devastanti incendi, e solo poche settimane dopo sono state nuovamente colpite da devastanti inondazioni”, ha sottolineato Von der Leyen. “Questa è la realtà di un pianeta in ebollizione”, ha puntualizzato, ricordando che il Green Deal europeo “è nato da questa necessità di proteggere il nostra pianeta ma è stato anche concepito come un’opportunità per preservare la nostra prosperità futura”.

INDAGINE AUTO ELETTRICHE DA CINA – Von der Leyen annuncia inoltre che la Commissione europea “sta avviando un’indagine antisovvenzioni sui veicoli elettrici provenienti dalla Cina. L’Europa è aperta alla concorrenza, non per una corsa al ribasso”. I mercati globali sono ora invasi da auto elettriche cinesi più economiche e “il loro prezzo è tenuto artificialmente basso da enormi sussidi statali e questo distorce il nostro mercato. E poiché non lo accettiamo dall’interno, non lo accettiamo nemmeno dall’esterno”, spiega la presidente . “Dobbiamo difenderci dalle pratiche sleali, ma è altrettanto fondamentale mantenere aperte le linee di comunicazione e di dialogo con la Cina”, dal momento che “ci sono anche argomenti in cui possiamo e dobbiamo collaborare”. L’approccio europeo con la leadership cinese al Vertice Ue-Cina sarà dunque quello del de-risking, non il decoupling.

CRISI ENERGETICA – “Un anno fa il prezzo del gas in Europa era di oltre 300 euro per MWh. Ora è di circa 35 euro”, rivendica Von der Leyen ricordando il ruolo fondamentale degli acquisti congiunti di gas per abbassare il prezzo dell’energia. “Siamo rimasti uniti, unendo la nostra domanda e acquistando energia insieme e dobbiamo quindi pensare a come replicare questo modello di successo in altri settori, come le materie prime critiche o l’idrogeno pulito”.

SFIDE ECONOMICHE – Esistono “tre grandi sfide economiche per il nostro settore nel prossimo anno: la carenza di manodopera e di competenze, l’inflazione e la semplificazione degli affari per le nostre aziende”. L’Unione non ha dimenticato i primi tempi della pandemia globale, ricorda von der Leyen “quando tutti prevedevano una nuova ondata di disoccupazione di massa stile 1930, ma noi abbiamo sfidato questa previsione”. A partire da Sure – “la prima iniziativa europea di lavoro a tempo ridotto – abbiamo salvato 40 milioni di posti di lavoro” e poi con Next Generation Eu “abbiamo poi riavviato immediatamente il nostro motore economico, e oggi ne vediamo i risultati”.

DIGITALE – “Quando si tratta di semplificare gli affari e la vita, abbiamo visto quanto sia importante la tecnologia digitale. È significativo che abbiamo superato di gran lunga l’obiettivo del 20% di investimenti in progetti digitali della Next Generation Eu”, spiega la presidente. “Gli Stati membri hanno utilizzato questi investimenti per digitalizzare l’assistenza sanitaria, il sistema giudiziario o la rete dei trasporti”.

Eni, nella stazione di servizio un diner all’americana con menu di chef Romito

L’atmosfera è quella retrò, di un Diner hopperiano newyorkese. Un chiaroscuro di tavolini e neon colorati in cui la colazione, il pranzo, la cena hanno contorni sfumati. Il cibo è quello di un fast food stellato, dove tutti gli ingredienti, dalle farine ai lieviti, all’olio di frittura sono ben selezionati. Si chiama ‘Alt Stazione del Gusto’ e si trova a Roma, nella storica stazione di servizio di Eni in viale America all’Eur.

Aprirà le porte a chi parte e a chi arriva in città, a chi sosta per un rifornimento, a chi si ferma per un caffè al volo prima di iniziare la giornata o si intrattiene per un aperitivo dopo il lavoro. L’idea nasce da una collaborazione di Enilive, brand di Eni Sustainable Mobility, e Accademia Niko Romito dello chef tre stelle Michelin. L’obiettivo è raggiungere 100 aperture nel quadriennio, a cominciare dalle principali città italiane.

E’ il primo assaggio di Enilive, il nuovo brand lanciato una settimana fa, e dà l’idea di come stiamo trasformando la nostra società dedicata alla bioraffinazione, alla produzione di biometano, alle soluzioni di smart mobility e alla commercializzazione dei servizi e di tutti i vettori energetici per la mobilità, anche attraverso le oltre 5mila Enilive Station in Europa”, spiega durante la presentazione Stefano Ballista, amministratore delegato di Eni Sustainable Mobility.

La proposta di Alt è un unicum nell’evoluzione dei servizi per le persone in mobilità e, ribadisce l’ad, “conferma l’impegno a essere sempre più vicini alle esigenze di chi frequenta e vive i nostri punti vendita, non solo per fare rifornimento“. Dopo aver consolidato la principale catena italiana di bar, gli Eni Café, la prima apertura del nuovo format avviene in una stazione dal valore storico e simbolico, quella di viale America, dove, ricorda, “siamo presenti fin dagli anni Sessanta e che da oggi si distingue e anticipa l’offerta che in futuro verrà estesa a tante altre Enilive Station, e non solo”.

Il menu si declina dalla colazione alla cena, in una serie di proposte al tavolo o da asporto. Per Enilive, la collaborazione con l’Accademia Niko Romito si inserisce nel percorso di rinnovo e ampliamento dell’offerta di servizi nella rete dei suoi oltre 5.000 punti vendita in Europa, di cui oltre 4.000 in Italia: le stazioni Eni oggi sono diventate ‘mobility point’ in grado di soddisfare un numero sempre maggiore di esigenze delle persone in movimento, attraverso la messa a disposizione di servizi che consentono ai clienti di trasformare la sosta per il rifornimento tradizionale o elettrico da necessaria a utile. Nel punto vendita di viale America è disponibile un’area dedicata alla ricarica dei veicoli elettrici attraverso tre colonnine di Plenitude il cui avvio e pagamento potranno essere effettuati anche direttamente nel ristorante.

La partnership tra Accademia Niko Romito e Enilive prevede un piano di sviluppo anche tramite franchising. Il progetto, oltre ai flagship che Niko Romito gestirà direttamente, svilupperà un piano di franchising proponendo modelli di gestione e formazione strategici e innovativi. Il progetto di sviluppo è diretto a un segmento di giovani imprenditori interessati a diventare gestori di un format di cucina popolare “su strada” di qualità, sviluppato attraverso un modello di business snello, organizzato e standardizzato.

Romito descrive Alt come la declinazione della sua ricerca in chiave “più democratica e trasversale“. “Ho immaginato un modello di ristorazione su strada perché le strade sono di tutti“, spiega lo chef: “Volevo lavorare ad un’offerta di cucina popolare, con piatti facilmente comprensibili, che avessero un’accezione quasi domestica e un approccio creativo, di qualità. Ho realizzato quello che io stesso vorrei trovare quando per lavoro viaggio e mi sposto: un menù che, dalla colazione alla cena, possa soddisfare il viaggiatore, il motociclista, la famiglia che transita, chi si ferma per un pranzo di lavoro in un’atmosfera informale o chi vuole portare via una merenda, del buon pane o un pollo fritto”.

TAP Melendugno

Gozzi: “L’Italia deve definire una strategia energetica per il futuro”

È ormai del tutto evidente che l’Europa non riesce a fare una politica energetica comune. Le vicende recenti lo dimostrano ampiamente: dall’impossibilità pratica di trovare un accordo sul price cap del gas nel pieno della crisi causata dall’invasione russa dell’Ucraina, alle politiche di sussidio ai prezzi dell’energia che i singoli Stati, specie i più forti come Germania Francia, hanno deciso di fare autonomamente piuttosto che impegnarsi per un accordo complessivo europeo.

Le politiche di sussidio ai prezzi sono state consentite dal fatto che di fronte alla crisi economica provocata dal Covid prima e dalle conseguenze della guerra Russia-Ucraina poi, la Commissione Europea è intervenuta con il Temporary crisis and transiction framework, in pratica una deroga alle stringenti regole sugli aiuti di stato che ha consentito ai singoli governi di intervenire secondo una logica “ognun per sé Dio per tutti” per alleviare il caro energia per famiglie ed imprese.

Ovviamente questi interventi, specie quelli a favore delle imprese e in particolare delle imprese energivore, creano asimmetrie competitive gravi tra le imprese degli stati forti, che tali interventi si possono permettere, e quelle degli stati meno forti finanziariamente. E ciò mina alla base il principio del mercato unico.

Si potrebbe ovviare a queste distorsioni istituendo ad esempio una tariffa elettrica comune europea per le imprese energivore. Ma purtroppo nessuno ne parla, da un lato perché a Bruxelles, come abbiamo più volte ricordato, a causa dell’ubriacatura dell’estremismo ambientalista c’è disinteresse, se non un vero e proprio pregiudizio, nei confronti dell’industria di base; dall’altro perché i singoli Stati, schiacciati dalle stringenti regole europee sul climate change, stanno cercando, ognuno per proprio conto, una via alla transizione energetica che consenta contemporaneamente di decarbonizzare e di abbassare il costo dell’energia.

Vasto programma che a breve farà i conti con la realtà, in particolare mostrando che gli obiettivi del cosiddetto Green Deal al 2050 (zero emissioni nette di gas con effetto serra, crescita economica dissociata dall’uso delle risorse senza trascurare nessuna persona e nessun luogo) sono di fatto irraggiungibili. Ma tant’è.

Realisticamente dobbiamo prendere atto che una politica comune europea dell’energia, sia pure auspicabile, non è possibile per i troppi conflitti di interesse fra Stati e per la diversità dei punti di partenza che spesso rappresentano vantaggi competitivi per i sistemi economici e industriali nazionali a cui chi ne può godere non vuole rinunciare.

Alla luce di ciò l’Italia, secondo sistema industriale d’Europa, si deve rapidamente attrezzare con una strategia energetica di medio-lungo periodo che consenta alla sua industria di rimanere competitiva.

Gli altri grandi Stati europei stanno facendo così. Basta guardare i differenziali di prezzo dell’energia dei maggiori Paesi Europei rispetto all’Italia che si trova fortemente penalizzata.

La Germania ha puntato moltissimo sul vento del mare del Nord, sul fotovoltaico e sull’approvvigionamento di idrogeno. Negli ultimi mesi si stanno installando nel Paese l’equivalente di 30 campi di calcio di fotovoltaico al giorno e 4-5 turbine eoliche al giorno. Per raggiungere gli obiettivi climatici al 2030 i tedeschi dichiarano che sarà necessario costruire 43 campi di calcio al giorno di fotovoltaico e mantenere il ritmo di 5 turbine eoliche al giorno. Ci riusciranno? Si vedrà. Nel frattempo la chiusura di centrali nucleari e centrali a carbone spiazza l’industria tedesca e la obbliga a riscoprire le centrali a gas: Ansaldo Energia ha recentemente vinto una gara in Germania per la costruzione di una grande centrale a gas.

La Francia, coerentemente alla sua storia, ha fatto e ribadito la scelta del nucleare. Vinta la battaglia in Europa per inserirlo nella Tassonomia (la lista delle tecnologie ammissibili con il Green Deal) da un lato sta facendo giganteschi interventi di manutenzione sulle centrali esistenti, tutte risalenti a molti decenni fa, dall’altro è all’avanguardia sui progetti di nucleare di quarta generazione, molto più sicuro e meno costoso del tradizionale, su cui mantiene e manterrà una leadership continentale. Il nucleare, specie quello di nuova generazione, è naturalmente la fonte energetica ideale per l’industria: completamente decarbonizzata e stabile, sicura e relativamente poco costosa nel lungo periodo.

La Spagna sta sfruttando intelligentemente la sua configurazione geografica che le mette a disposizione enormi estensioni pianeggianti poco abitate e quindi ideali per installare fotovoltaico ed eolico, ed una grande estensione costiera grazie alla quale con l’aiuto europeo ha installato, già molti anni fa, diversi rigassificatori per l’importazione di LNG (gas naturale liquefatto); e può contare su tutte le tecnologie energetiche disponibili, perché accanto alle rinnovabili vi troviamo ben 5 centrali nucleari e molte centrali a gas.

Non parliamo dei Paesi del Nord Europa, in particolare Norvegia Svezia, dove la risorsa idroelettrica è sovrana. Ma accanto all’idroelettrico la Svezia, consapevole che le rinnovabili non sono sufficienti per garantire l’approvvigionamento energetico del Paese, ha annunciato un piano per la costruzione di altri 10 reattori nucleari oltre ai 6 già esistenti. La Norvegia, accanto alle immense risorse idroelettriche che soddisfano il 60% del fabbisogno energetico del Paese, è un grande produttore di gas. Nel 2022 ha fornito, con enormi guadagni, circa 90 miliardi di metri cubi di gas all’UE e 36 alla Gran Bretagna. Inoltre il paese è all’avanguardia nelle tecnologie di cattura e stoccaggio delle CO2.

E l’Italia?

L’Italia dal punto di vista delle emissioni di CO2 è in una posizione virtuosa in Europa. Pur essendo un grande paese industriale abbiamo emissioni molto più basse ad esempio della Germania. Ciò si deve soprattutto al fatto che l’industria italiana negli ultimi 20 anni ha fatto importantissime politiche di risparmio energetico; che il settore della produzione d’acciaio, secondo in Europa dopo quello tedesco, è praticamente decarbonizzato perché usa per più dell’80% delle produzioni la tecnologia del forno elettrico; che negli ultimi anni c’è stato un importante sviluppo delle energie rinnovabili.

La configurazione orografica del Paese, con pochi o nessun terreno pianeggiante non dedicato all’agricoltura, la non cospicua presenza di zone ventose, le grandi bellezze naturali e paesaggistiche, il sistema delle regole e burocratico non efficiente: tutto ciò non consente né consentirà all’Italia di crescere più di tanto nelle energie rinnovabili.

I Paesi industriali come il nostro hanno un gran bisogno, accanto alle energie intermittenti come sono le rinnovabili, di energia di base (base load) decarbonizzata. Le uniche due tecnologie capaci di assicurare energia elettrica di base stabile per almeno 6000 ore l’anno sono le centrali turbogas e in prospettiva il nucleare di quarta generazione. Del nucleare di quarta generazione si parlerà come minimo tra quindici anni e non è chiaro che ruolo potrà avere l’Italia sullo sviluppo di questa tecnologia.

Per fortuna anche negli anni del nucleare messo al bando Ansaldo ha mantenuto una capacità di ricerca e di intervento che è stata impiegata fuori dall’Italia e oggi può essere una grandissima risorsa per il Paese.

Ma dobbiamo risolvere il problema dei prossimi 15/20 anni senza essere completamente spiazzati nel costo dell’energia rispetto a quello di cui potranno godere gli altri Paesi europei.

Anche noi abbiamo un grande vantaggio competitivo per posizione geografica e infrastrutturazione: siamo l’unico Paese europeo che ha 5 pipe line di ingresso del gas e 5 rigassificatori, e siamo quindi in posizione ideale per l’importazione di gas.

Il prezzo del gas naturale potrebbe scendere significativamente nei prossimi anni per il combinato disposto di una riduzione della domanda europea e una contemporanea forte crescita di offerta nel bacino del Mediterraneo. L’Algeria ha in programma di passare in cinque anni dai 120 miliardi di metri cubi di produzione annuale attuale a 160 miliardi di metri cubi, i giacimenti tra CiproEgitto ed Israele sono di dimensione gigantesca e non se ne conosce ancora la reale dimensione, la stessa Libia una volta stabilizzata aumenterà la sua produzione annuale di gas.

Insomma si potrà comprare il gas a buon prezzo e ciò aiuterà a produrre energia elettrica a basso costo nelle nostre centrali turbogas. Ovviamente a queste centrali vanno applicate le tecnologie della Carbon Capture Utilisation e Storage (CCUS). Queste tecnologie, che in Italia soprattutto l’Eni conosce e domina, e che consistono nel catturare la CO2 dai processi industriali e utilizzarla ad esempio per produrre metano sintetico o carburanti sintetici decarbonizzati (metanolo) e/o nello stoccarla in giacimenti esausti, come fanno da tempo inglesi e norvegesi, stupidamente sono state osteggiate per molto tempo a livello europeo perché l’ideologia estremista ritiene che il gas, che è enormemente meno inquinante del carbone, non possa essere utilizzato neppure se decarbonizzato.

L’Italia dovrebbe lanciare invece una grande campagna a favore di queste tecnologie e applicarle intensivamente alle centrali elettriche turbogas. Esistono problemi di costi che vanno stimati e gestiti, bisogna promuovere molta ricerca per abbattere questi costi come si è fatto per le rinnovabili, ma questa è l’unica strada intelligente che il nostro Paese ha per gestire la fase di transizione senza chiudere le sue industrie.

Fotovoltaico

L’agrivoltaico di Colfiorito dove si coltivano lenticchie e si producono rinnovabili

Lenticchie, zafferano e fotovoltaico. In Umbria, a Colfiorito, è stato avviato un progetto agrivoltaico, che combina queste particolari colture con l’energia rinnovabile. Accade presso l’azienda agricola La Valletta, dove è entrato in funzione il primo di cinque siti dimostrativi nell’ambito dell’iniziativa italiana ‘agrivoltaico Open Labs’ di Enel Green Power, che mira a creare laboratori a cielo aperto, distribuiti in tutta Italia, per testare, insieme a diversi partner scientifici, enti di ricerca, startup e aziende agricole, l’integrazione tra produzione di energia solare, agricoltura e salvaguardia della biodiversità.

L’impianto agrivoltaico di Colfiorito, con una potenza massima di 44kWp (kilowatt picco), ha una tecnologia sviluppata dalla start-up italiana Sentnet, con moduli fotovoltaici bifacciali che hanno una struttura fissa verticale, quindi a minimo ingombro, disposti in modo da non creare ombreggiamenti alle file di pannelli parallele. Questo tipo di tecnologia promuove un’integrazione massiva delle attività agricole con superficie coltivabile maggiore del 90%.

Tra i pannelli solari non solo si produce energia, ma crescono lenticchie e zafferano, prodotti perfettamente integrati con il business dell’azienda che si occupa di queste colture da anni, e ora lo fa insieme alla produzione di energia rinnovabile. L’impianto rispetta le esigenze delle singole colture, tutte le lavorazioni agricole sono effettuate con macchine standard. Il primo raccolto è arrivato ad agosto per le lenticchie e a ottobre ci sarà quello dello zafferano.

La tecnologia installata ha anche diversi vantaggi: rende semplice manutenzione e pulizia (per la posizione verticale), ma soprattutto beneficia della presenza di una rete di sensori per monitorare la produzione di energia, il microclima tra i filari dell’impianto, le condizioni del suolo ed il consumo di acqua, attraverso il ciclo fenologico delle colture selezionate, agevolando anche il dosaggio di fertilizzanti ed ottimizzando le fasi di lavorazione agricola, con un conseguente vantaggio diretto sulla produzione.

A Colfiorito la parola chiave è acqua. Sì, perché in questo impianto pilota, fondamentale è il risparmio idrico. L’acqua è un bene sempre più rischio a causa del suo uso eccessivo, dell’inquinamento e del riscaldamento climatico, ed è quindi necessario preservarla. Con l’agrivoltaico i pannelli solari creano un ombreggiamento del suolo, proteggendo le colture dai picchi di calore, ed evitando l’evaporazione dell’acqua: il risultato è un risparmio idrico che arriva fino al 20%. A Colfiorito il sistema, brevettato dalla startup Sentnet, utilizza dei convogliatori in acciaio, installati proprio sotto i pannelli, che raccolgono l’acqua, attraverso delle canalette, in vasche di raccolta dedicate. Acqua, che a sua volta, può essere usata per l’irrigazione delle colture.

Questa struttura di raccolta collegata all’impianto migliora anche le prestazioni del fotovoltaico, grazie alla rifrazione della radiazione solare sulla loro superficie, che si traduce in un aumento di produzione dell’impianto.