In Francia arriva il cinema sostenibile: si ricicla tutto, anche la pipì

Struttura in legno, isolamento in paglia, wc a secco, proiettori a basso consumo, un regalo di Natale al pianeta. Ha aperto nei pressi di Troyes (Aube), in Francia, il primo cinema totalmente sostenibile e autosufficiente dal punto di vista energetico. Nella sala dalle pareti viola, i primi visitatori scrutano lo spazio. Qui scoppietta un camino davanti a comode poltrone a fiori. Lì, uno spettatore seduto nella sala ‘tisaneria’ sfoglia il programma, sotto un lampadario di cristallo scovato su Leboncoin. “Benvenuti a Utopia Pont-Sainte-Marie“, spiega la regista Anne Faucon durante l’inaugurazione. “Niente cibo durante il film – avverte – ma non esitate ad arrostire delle castagne” prima della proiezione. Questo cinema è il più recente della rete Utopia, che comprende sette sale organizzate in cooperative.

Lo “spirito Utopia” è “un modello a misura d’uomo, amichevole, che evita di illuminare e riscaldare il vuoto, naturalmente più durevole” dei multiplex, spiega Faucon, figlia dei fondatori della rete. “Ma questa volta, volevamo andare molto oltre“. In questo cinema da 300 posti e quattro sale – di cui una riservata alla didattica – “solo il basamento è in cemento“, racconta indicando la “struttura in legno” e “l’efficiente coibentazione in paglia compressa“.

Il riscaldamento arriva da una stufa a pellet a biomassa e decine di pannelli solari sul tetto consentiranno di “essere autosufficienti dal punto di vista energetico“, assicura. Oltre le “accoglienti” sale di proiezione con pareti rivestite di velluto, un’innovazione attira i curiosi: i bagni asciutti. In una sala interrata la materia solida viene compostata per “almeno due anni“, e l’urina immagazzinata per essere utilizzata come fertilizzante, consentendo un “enorme risparmio idrico“.

L’apertura, spiega Faucon, ha richiesto quattro anni di “corsa ad ostacoli“. Nel 2018, Anna Zajac, consigliera comunale, ha contattato Utopia per suggerire di stabilirsi nell’Aube, un dipartimento con poche sale cinematografiche. Il municipio, però, non ha sostenuto il progetto. “Con il nostro collettivo di sostegno – dice la fondatrice – abbiamo attirato l’attenzione della stampa, fino a quando si è fatto avanti il sindaco di Pont-Sainte-Marie“, una città vicina.

Sedotto da un progetto che considera “esemplare“, il sindaco Pascal Landreat ha offerto a Utopia “un deserto militare, nel cuore di un nuovo eco-distretto“, in questa cittadina “già impegnata in un approccio ecologico“, pioniera in particolare nella raccolta dei rifiuti a cavallo. Aiutata da un project manager, “pochi funzionari e poche altre mani“, Faucon ha raddoppiato i suoi sforzi, per “dimostrare che un altro cinema è possibile“. Dei 2,6 milioni di euro necessari ha ottenuto 300.000 euro da fondi europei, 200.000 dal consiglio dipartimentale, 100.000 dal CNC e 100.000 dal crowdfunding. Integrati da capitale proprio e “più di un milione di prestiti“. Il team alla fine avrà cinque dipendenti, tre dei quali sono già stati assunti.

bollette

Bollette, tra Natale e l’Epifania in arrivo le nuove tariffe

Il 29 dicembre l’Arera (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) determinerà le tariffe trimestrali per l’energia elettrica nel mercato tutelato, mentre il 3 gennaio 2023 la stessa Authority per l’energia fisserà i prezzi, sempre per il mercato tutelato, del gas. Dopo tre mesi in cui si sono registrati i massimi storici per la luce, si attende una boccata d’ossigeno in virtù del calo del Pun, prezzo unico nazionale. Lo scorso 29 settembre l’Arera aveva infatti aumentato i costi dell’energia elettrica del 59%. All’epoca, l’Autorità nazionale per l’energia aveva deciso di posticipare eccezionalmente il necessario recupero della differenza tra i prezzi preventivati per lo scorso trimestre e i costi reali che si sono verificati, anch’essi caratterizzati da aumenti straordinariamente elevati, limitando dunque il rincaro che sarebbe stato intorno al 100 per cento. Infatti nel terzo trimestre 2022, in base ai dati di preconsuntivo, il Pun era pressoché raddoppiato rispetto al secondo trimestre 2022 e quasi quadruplicato rispetto al livello medio del corrispondente trimestre del 2021.

Adesso i numeri sono diversi. Settembre aveva chiuso con un Pun medio di 429,92 euro per megawattora, mentre il prezzo del 24 dicembre – complice il giorno semifestivo – è crollato a 142,06. La media di dicembre rimane tuttavia superiore, ovvero a 325,43 euro/Mwh. La differenza però tra la quotazione di settembre e quella di questo mese segna comunque un -24,3%. Pertanto, le bollette nel mercato tutelato dei prossimi tre mesi dovrebbero ridursi del 10-20% almeno. Tutto dipenderà dalla volontà di Arera di recuperare “la differenza tra i prezzi preventivati per lo scorso trimestre e i costi reali che si sono verificati”, posticipati lo scorso 29 settembre.

Discorso diverso per il gas. Il verdetto sulle bollette del mercato tutelato arriverà il 3 gennaio. In base al nuovo metodo di calcolo introdotto a luglio dall’Arera, il prezzo del metano per i clienti ancora in tutela è aggiornato alla fine di ogni mese e pubblicato nei primi giorni del mese successivo a quello di riferimento, in base alla media dei prezzi effettivi del mercato all’ingrosso italiano. Il valore del prezzo gas, che è pagato dai clienti per i consumi di dicembre, viene quindi pubblicato sul sito dell’Arera entro 2 giorni lavorativi dall’inizio di gennaio. Nonostante il Ttf, ovvero il prezzo del gas in Olanda diventato punto di riferimento del mercato europeo, sia in caduta libera da una settimana (alle 15,30 segnava un calo del 10% a 82,7 euro/Mwh), e che anche il prezzo del gas sulla borsa italiana sia crollato a quota 87 euro, la media di dicembre è a 125,5 euro. Superiore ai 91 di novembre e agli 80,8 di ottobre. A ottobre, grazie proprio a quotazioni in picchiata, avevamo assistito a una riduzione delle bollette del 13%. La stessa percentuale di aumento che invece abbiamo notato a novembre. Ora – nonostante parecchi commentatori puntino a una riduzione delle tariffe – è dunque difficile immaginare una discesa dei costi per aziende e famiglie. In questo mese il gas in Italia costa infatti il 37% in più rispetto a novembre.

 

 

 

Spagna, fotovoltaico boom: installati 2000 megawatt nel 2022

Il numero di cantieri è in aumento e la domanda non è mai stata così alta: in Spagna le installazioni fotovoltaiche individuali sono in piena espansione, favorite dall’impennata dei prezzi dell’energia. Si tratta di un’opportunità per il Paese di recuperare un ritardo in un settore dal grande potenziale. Secondo un’azienda che effettua installazioni, Engel Solar, i pannelli solari possono fornire “tra il 50 e l’80%” del fabbisogno di una famiglia. “Considerato l’attuale prezzo dell’elettricità, si tratta di un’iniziativa “interessante””, afferma Joaquín Gasca, responsabile delle vendite di questa PMI con 200 dipendenti. Fondata nel 2005 a Barcellona, l’azienda ha quintuplicato il suo fatturato in due anni e prevede un ulteriore balzo in avanti nel 2023. “Il telefono squilla a vuoto, è pazzesco”, dice Joaquín Gasca, riferendosi a una dinamica “spettacolare”.

Privati, professionisti, istituzioni pubbliche… Stimolato dalla crisi energetica legata alla guerra in Ucraina, ma anche dagli aiuti del piano di ripresa europeo, l’autoconsumo non è mai stato così popolare nel Paese. “Un anno fa, osservando i tetti delle città e dei villaggi spagnoli, vedevamo pochissimi pannelli solari”, ma “oggi la situazione è completamente cambiata”, riassume Francisco Valverde, specialista in energie rinnovabili dell’azienda Menta Energia. Questa osservazione è condivisa da José Donoso, segretario generale dell’Unione fotovoltaica spagnola (Unef). Gli spagnoli “vedono che i loro vicini stanno lanciando l’autoconsumo, che sono felici e che stanno risparmiando. Questo li incoraggia a fare lo stesso”, spiega. Secondo questa federazione, che raggruppa 780 aziende del settore fotovoltaico, la “potenza installata” in autoconsumo nel 2022 dovrebbe superare i 2.000 megawatt, quasi il doppio rispetto al 2021 (1.203 MW) e quattro volte quella del 2020 (596 MW). L’energia solare è diventata “molto competitiva”, con un costo “oggi inferiore del 90% rispetto a 14 anni fa”, afferma José Donoso. La gente ha quindi “capito che è meglio mettere i propri soldi sul tetto piuttosto che in banca”, afferma divertito.

Per l’industria, questa frenesia ha il sapore della vendetta. Essendo il Paese più soleggiato d’Europa, 15 anni fa la Spagna era uno dei leader mondiali del fotovoltaico. Ma la crisi del 2008 ha frenato questo boom e Madrid è rimasta indietro rispetto a molti Paesi europei. Il motivo: la fine dei sussidi al settore, seguita dall’introduzione nel 2015, da parte del precedente governo conservatore, di una tassa sulle famiglie che producono elettricità e immettono parte di questa energia nella rete nazionale, descritta dai suoi critici come una “tassa sul sole”. Questa misura – introdotta, secondo gli ambientalisti, su pressione dei grandi gruppi energetici, preoccupati della concorrenza dell’autoconsumo – è stata abbandonata dopo l’arrivo al potere della sinistra nel 2018, che da allora ha aumentato il suo sostegno al settore.

L’autoconsumo “democratizza l’energia” e ci permette di emanciparci “dai grandi gruppi energetici“, come ha giustificato alla fine di ottobre il primo ministro socialista Pedro Sanchez, che prevede 39.000 megawatt di nuova capacità fotovoltaica entro il 2030, di cui da 9 a 14.000 megawatt saranno autoconsumati. Ciò darà impulso a questa fonte energetica, che l’anno scorso ha fornito il 9,9% dell’elettricità spagnola, molto indietro rispetto all’energia eolica (23,3%), all’energia nucleare (20,8%) e alle centrali a gas (17,1%)… nonostante un potenziale considerato eccezionale.

Energia e agricoltura tra i pilastri della Manovra. Meloni: “Si può migliorare”

Energia, lotta ai rincari e agricoltura sono tre dei pilastri della prima Manovra del governo di Giorgia Meloni. Che si prepara a superare il primo scoglio alla Camera. Il percorso parlamentare finora è stato attraversato da diversi momenti di turbolenza, sfociati spesso in vere e proprie tensioni tra maggioranza e opposizione, dovuti al combinato disposto del poco tempo trascorso dall’insediamento dell’esecutivo, in carica dall’ottobre scorso, e la necessità di portare a termine la legge di Bilancio entro il 31 dicembre per evitare l’esercizio provvisorio all’Italia, ma adesso la meta è sempre più vicina. Ne è consapevole anche la premier, che nel brindisi per gli auguri di Natale con i parlamentari di FdI ammette le “mille difficoltà, anche di rodaggio e con giorni complessi” in cui ha preso corpo il testo, ma non esclude che si possa intervenire. Anzi, “nonostante tutto” si “può e si dovrà migliorare”. Molto probabilmente nel corso del 2023, in fase di attuazione delle misure.

La Manovra 2023 nasce attorno a un Totem: i 21 miliardi stanziati per far fronte ai rincari di energia, materie prime e beni di prima necessità. Tra le novità degli ultimi giorni ci sono la riduzione al 10% dell’Iva sul pellet, la proroga al primo trimestre del prossimo anno dell’imposta sul valore aggiunto ridotta al 5 percento per le somministrazioni di energia termica prodotta con gas metano, l’estensione al teleriscaldamento della riduzione Iva al 5% per il primo trimestre del 2023. Non solo, perché arriva la sospensione fino al 31 gennaio 2023 dei procedimenti di interruzione della fornitura per i clienti finali direttamente allacciati alla rete di trasporto del gas naturale, con uno stanziamento di 50 milioni di euro per gli oneri derivanti dall’eventuale morosità dei clienti finali interessati.

Il governo mette poi sul piatto 500mila euro per ciascuno degli anni del triennio 2023-2025, affidando al Mef e al Mase “il compito di individuare uno o più intermediari finanziari abilitati perché, con apposita convenzione, nel rispetto della disciplina pertinente in tema di mercati finanziari, siano adottate pratiche tese a facilitare la liquidità e assicurare la fluidità dei mercati finanziari sui quali si determina il valore di riferimento del prezzo del gas”. Senza contare la conferma dei crediti di imposta sull’energia, in continuità con gli interventi del governo Draghi.

Per l’agricoltura, poi, arrivano 20 milioni di euro, per il 2023, dedicati alle misure in favore dello sviluppo dell’imprenditorialità a prevalente o totale partecipazione giovanile o femminile e del ricambio generazionale; l’aumento di 9,5 milioni di euro del Fondo mutualistico nazionale per la copertura dei danni catastrofali meteoclimatici; l’istituzione, presso il Masef, di un Fondo dotato di 500mila euro per realizzare interventi di tutela della biodiversità di interesse agricolo e alimentare e al supporto all’Osservatorio nazionale sul paesaggio rurale. Sempre restando sul tema, arrivano anche i “piani di controllo numerico mediante abbattimento o cattura” per il “controllo e contenimento delle specie di fauna selvatica”, anche se viene specificato che queste misure “non costituiscono attività venatoria”.

Si tratta di un primo approccio alle criticità del Paese, in attesa ovviamente che il Pnrr dispieghi gli effetti delle proprie misure. Per il governo, invece, si tratta del primo, vero banco di prova sulla concretezza delle proprie politiche economiche. Anche se, come ripetuto spesso dalla premier e dai suoi ministri, la base di partenza resta sempre quella di uno scenario reso sempre più difficile dalle tensioni geopolitiche dovute alla guerra scatenata dalla Russia in Ucraina e dalle crisi, energetica e alimentare, oltre che di reperimento delle materie prime, che hanno inevitabilmente condizionato ogni iniziativa.

 

Pichetto: “Nel 2030 due terzi energia da rinnovabili, servono rigassificatori”

Il Mase prosegue sulla via della transizione energetica. L’obiettivo al 2030 resta produrre un terzo dell’energia da fonti fossili e due terzi da rinnovabili. Intanto però, i rigassificatori sono necessari per raggiungere l’indipendenza dalla Russia, Piombino sarà temporaneo, in uso per non oltre tre anni. “C’è l’impegno mio e del governo“, assicura il ministro, Gilberto Pichetto Fratin. In cambio, la città toscana riceverà compensazioni. Lo Stato si farà carico delle esigenze delle comunità che “offrono un servizio così importante al Paese“, afferma Pichetto. Si tratta di realizzare opere di riqualificazione ambientale importanti e in tempi rapidi.

Il titolare del dicastero di via Cristoforo Colombo risponde alle domande delle commissioni Ambiente e Attività produttive e fa il punto sulle sue linee programmatiche. “Il conseguimento degli obiettivi di autonomia energetica, rende indifferibile un percorso di importante sviluppo di fonti rinnovabili“, ribadisce. Il Pnrr prevede uno stanziamento di 60 miliardi di euro con l’aumento della quota di produzione di energia verde, il potenziamento delle infrastrutture di rete, la promozione dell’efficienza e della produzione e dell’utilizzo dell’idrogeno.

Ambiente e sicurezza energetica sono strettamente interconnesse, il cambio del nome del ministero non è un caso: “E’ volto a rimarcare le due grandi missioni, che sono tutt’altro che antitetiche“. Un esempio è il Piano nazionale integrato energia e clima, che ha il compito di pianificare le politiche di decarbonizzazione e di contrasto alle emissioni climalteranti. In altre parole, spiega: “E’ teso al contrasto al cambiamento climatico, ma al tempo stesso punta ad implementare la sicurezza dell’approvvigionamento energetico, il mercato interno dell’energia, la ricerca, l’innovazione e la competitività“.

Le trasformazioni e i cambiamenti del sistema energetico, dunque, costituiscono un elemento fondamentale per la riuscita della transizione ecologica. Quanto alle Comunità energetiche rinnovabili, annuncia, “sono in corso interlocuzioni in Europa, credo di poter dire che c’è l’assenso a trasformare il prestito in sovvenzione. Questo ci permette di superare alcuni nodi, spero a giorni o a ore di avere formale risposta da parte dell’Unione europea“.

A Bruxelles l’Italia continuerà a giocare un ruolo da protagonista, garantisce, con lo stesso approccio che l’ha portata al negoziato sul cap al prezzo del gas. “E’ stato il nostro Paese a portare un numero considerevole di altri Stati membri a chiedere una soluzione condivisa a livello europeo“, rivendica e precisa che il price cap “non è la definizione del prezzo, ma una misura anti-speculazione. Funziona come in borsa, quando viene sospeso un titolo per eccesso di ribasso o di rialzo“.

In prospettiva, nessuna preclusione sul nucleare, torna a ripetere. Anzi, incalza, “mi sembra possa rispondere in maniera efficace al raggiungimento degli obiettivi di neutralità tecnologica“. Lo stato delle competenze resta comunque in capo all’Enea e l’auspicio è che si arrivi a implementare la quarta generazione nell’arco di 10-15 anni: “Sarà un vettore tecnologico di transizione propedeutico all’approccio finale alla fusione nucleare“.

Mattarella: “Dalla diplomazia un aiuto alla diversificazione fonti energetiche”

La XV Conferenza delle Ambasciatrici e degli Ambasciatori d’Italia nel mondo, ospitata dalla Farnesina, ha consentito al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di fissare alcuni punti importanti del presente e del futuro. Il messaggio del Capo dello Stato è stato chiarissimo: “Il conflitto ha mostrato un suo pericoloso volto sul terreno delle relazioni economiche globali. In tale contesto sono certo che il corpo diplomatico continuerà a facilitare quell’azione di diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico in cui siamo fortemente impegnati e ad accompagnare al tempo stesso la proiezione esterna del nostro sistema produttivo, da cui tanta parte della nostra prosperità futura dipenderà”.

Mattarella è entrato nel dettaglio di una situazione che sembra essere meno tesa con l’introduzione del price cap ma che è ancora lontana dalla risoluzione. “In uno scenario in cui le crisi assumono sempre più dimensione e portata globale, anche la nostra risposta, per essere efficace, non può che articolarsi a livello multilaterale. È, del resto, la vocazione espressa in oltre settanta anni dalla Repubblica, incisa nel testo della nostra Costituzione – ha continuato – L’aggressione brutale della Russia ai danni dell’Ucraina ha messo in discussione le regole sulle quali abbiamo fondato la nostra pacifica convivenza. Un ordine basato sul rispetto del diritto internazionale. Alla diplomazia spetta in questo momento storico proprio il difficile compito di tutelare questo patrimonio faticosamente conquistato, che trova i suoi baluardi nel processo di integrazione europea e nel sistema multilaterale rappresentato dalle Nazioni Unite, nonché nel nostro saldo collocamento nel quadro dell’Alleanza atlantica”.

Anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, nella veste di padrone di casa, è intervenuto sulle tematiche cogenti di questo fine 2022. “Siamo riusciti a ottenere un tetto al prezzo del gas” e un ringraziamento va ai diplomatici “che si sono impegnati tanto su questo fronte e che servirà a tutelare le nostre famiglie e imprese”, ha detto.

Gas, Meloni: “Price cap grande vittoria”. Pichetto: “Ora disaccoppiamento”

L’accordo in Europa per il price cap al gas c’è: 180 euro a megawattora. Una svolta apparentemente lontana, che Giorgia Meloni registra come una “grande vittoria” italiana. Una battaglia, rivendica, che “molti davano per spacciata, e che abbiamo portato a casa“. Una mossa che rivaluta il peso di Roma, che dà respiro e allontana lo spettro di prezzi insostenibili.

La notizia infatti impatta subito sul prezzo del gas, in netto ribasso già dal mattino. Le quotazioni riducono il calo e al Ttf i future cedono il 3,2% a 111,8 euro/Mwh dopo essere scesi fino a un minimo di 105 euro a megawattora.

Un risultato, rimarca il ministro dell’ambiente Gilberto Pichetto Fratin, di tutti i cittadini in Europa che “chiedono sicurezza energetica” e dell’Italia in particolare che “ha creduto e lavorato per raggiungere questo accordo“. Un primo passo, spiega, per una soluzione che possa calmierare il prezzo delle bollette. Il prossimo sarà affrontare il tema dell’energia elettrica, quindi il disaccoppiamento dei mercati. Quanto alle rinnovabili, l’obiettivo per il 2030 c’è e va attuato “con il rilascio delle concessioni”, fa sapere da Bruxelles, al termine dei lavori del consiglio Energia. “Lavoriamo proprio sulla rapidità”, assicura. “E’ una priorità di questo governo e del ministero che ho il privilegio di guidare”.

L’intesa premia Meloni e il lavoro ai fianchi fatto a Bruxelles nel consiglio europeo di giovedì, scandisce il ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, confermando il “ruolo centrale dell’Italia“. Dopo mesi di stallo, il segnale di responsabilità da parte dell’Unione è “importante” per il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, che parla di un “cambio di passo significativo in favore di famiglie ed imprese“: “Usciamo da una lunga fase di inerzia che rischiava di minare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni europee. È una vittoria frutto della tenacia e della credibilità del governo Meloni e, in particolare, dell’ottimo lavoro svolto dal ministro Pichetto Fratin e da Roberto Cingolani, oggi consulente per l’energia del presidente Meloni”, ricorda.
Festeggiano anche le parti sociali.

Gran bella notizia il via libera europeo sul tetto al prezzo del gas“, scrive sui social Luigi Sbarra, segretario generale della Cisl. “E’ necessario -spiega – per frenare speculazione e freddare le minacce di Gazprom“. Adesso la richiesta è quella di andare fino in fondo pure con un nuovo Recovery “per sostenere occupazione, riconversioni, sovranità energetica Ue“.

Bene anche per Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura. Rappresenta il settore che più di tutti ha subito i rincari dell’energia, insieme a quelle dei fertilizzanti, uniti ai problemi derivanti dai cambiamenti climatici, con siccità estive e alluvioni autunnali: “Positiva – ammette con amarezza -, ma in ritardo di molti mesi”.

A Bruxelles tavolo ministri Energia: sul piatto price cap e mercato elettrico

Le prime idee della Commissione europea di riforma del mercato elettrico europeo potrebbero arrivare sul tavolo dei ministri dell’energia già oggi, lunedì 19 dicembre, al Consiglio che li vedrà impegnati a sbloccare lo stallo sul ‘price cap’. “Questo è un tema su cui stiamo lavorando molto intensamente ed è uno dei punti all’ordine del giorno del Consiglio Energia di lunedì prossimo”, ha chiarito il portavoce della Commissione Ue per l’energia, Tim McPhie, nel corso del briefing quotidiano con la stampa venerdì scorso, rispondendo a una domanda sulle tempistiche di presentazione del documento di consultazione sulla riforma del mercato, di cui una proposta è attesa entro il primo trimestre 2023.

A detta del portavoce, alla riunione dei ministri dell’energia, la commissaria Kadri Simson presenterà “alcune delle nostre idee iniziali su come potrebbe essere la futura riforma dei mercati dell’elettricità”. Dovrebbe essere presentato un non-paper (documento informale) dal momento che i documenti scritti “contribuiranno allo scambio di vedute con i ministri, come sempre. Ma in questa fase non posso dirvi se (il documento) è stato inviato agli Stati membri e non posso dirvi se è qualcosa che potremmo condividere”, ha precisato il portavoce. I documenti informali vengono trasmessi alle capitali per contribuire alle discussioni ma generalmente non vengono resi pubblici.

In un primo tempo scettica sull’argomento, è dalla scorsa primavera che Bruxelles ha pienamente “abbracciato” l’idea di una riforma del mercato elettrico europeo che non sia solo una risposta alle necessità immediate, ma una soluzione a lungo termine per ottimizzarne il funzionamento. Ha promesso una proposta legislativa a inizio 2023, ma con la prospettiva di pubblicare entro la fine dell’anno un documento di consultazione perché gli Stati membri possano contribuire a elaborarla. I quattro pilastri della riforma del mercato elettrico erano stati anticipati qualche settimana fa in una audizione all’Europarlamento da Mechthild Worsdorfer, vicedirettrice generale della DG ENER della Commissione europea, che ha confermato che nella proposta di riforma ci sarà disaccoppiamento dei prezzi del gas e dell’elettricità per evitare il cosiddetto ‘effetto contagio’.

Priorità sarà disaccoppiare il più possibile le bollette dei consumatori dal costo delle tecnologie inframarginali (come le rinnovabili e il nucleare, che costano di meno), dei prezzi dell’energia elettrica prodotta dal gas da quella prodotta da altre fonti di energia, per evitare l’effetto contagio dei costi. La seconda priorità indicata dalla funzionaria è quella di ridurre la volatilità dei prezzi, migliorare la liquidità del mercato. In terzo luogo, sarà necessario garantire “gli scambi commerciali (di energia) tra gli Stati membri”, per cui Bruxelles continua a guardare alle interconnessioni “ma dobbiamo anche assicurare che la nuova riforma sia integrata nel mercato interno”. In ultimo, c’è la necessità di introdurre “sistemi di regolamentazione per portare tutti i benefici della transizione energetica nel settore dell’elettricità’”, ha concluso.

Per Bruxelles una riforma del mercato elettrico è necessaria perché va adattato alle condizioni di oggi, essendo “disegnato” sulle esigenze di 20 anni fa, quando le energie rinnovabili avevano un costo molto più elevato rispetto a oggi e rispetto al gas. Oggi il mercato è completamente diverso, sono le rinnovabili ad essere più convenienti a livello di prezzi, con il gas più costoso che però finisce per definire l’intero prezzo (dell’energia) sul mercato. Il disaccoppiamento dei prezzi dovrebbe intervenire proprio su questo. Gli Stati membri hanno mantenuto a lungo posizioni diverse sulla revisione del mercato elettrico in una situazione di estrema volatilità dei prezzi. Se sono diverse le delegazioni a essersi convinte della necessità di un intervento sul mercato, nei fatti si trovano su posizioni molto diverse tra di loro su come realizzarlo. Più restii all’idea su un intervento massiccio sul mercato (come anche sul tetto al prezzo del gas, il ‘price cap’) la Germania e i Paesi Bassi, contrari in generale a un intervento sul mercato.

Quello di oggi dovrebbe essere il primo scambio di pareri, con l’idea di arrivare poi alla proposta vera e propria a inizio 2023. Il punto sarà affrontato in maniera marginale dai ministri, essendo tra le “varie ed eventuali” dell’agenda. Saranno impegnati a strappare un accordo politico sul tetto al prezzo del gas, sbloccando a loro volta anche i regolamenti sull’accelerazione dei permessi alle rinnovabili e sugli stoccaggi di gas, legati al tetto al prezzo del gas in una logica ‘a pacchetto’.

Meloni spinge sul price cap al gas: Ue verso “accordo pieno e positivo”

Un accordo “pieno e positivo” sul price cap al gas. Usa proprio questi due aggettivi il ministro per gli Affari europei con delega al Pnrr, Raffaele Fitto, per spiegare le sensazioni del governo italiano sul prossimo Consiglio energia, che dovrà fare un passo avanti decisivo sulla misura attesa ormai da mesi per mitigare gli effetti dei rincari. “Ci sono dettagli tecnici che potrebbero essere risolutivi“, si limita a dire per spiegare che mancano le classiche limature, su cui lavoreranno i ministri competenti e i tecnici nel prossimo fine settimana.

Del resto la premier, Giorgia Meloni, lo aveva detto chiaro e tondo nelle comunicazioni alle Camere prima del Consiglio europeo che avrebbe sollevato il tema, visto che dal Consiglio energia di inizio settimana non sono arrivate “novità sostanziali“. Anzi, in un passaggio più articolato aveva riferito che non c’era “nessuna novità apprezzabile“: giudizio che fa il paio con l’insoddisfazione della precedente proposta avanzata dalla Commissione Ue. La presidente del Consiglio ha sempre sostenuto la necessità che l’Europa si dotasse di un tetto massimo al prezzo del gas, per mettere un freno all’azione degli speculatori. E prima di volare a Bruxelles lo ha ribadito chiaro e tondo: “Credo che si tratti di un errore l’incapacità di trovare una soluzione efficace in tempi rapidi sulla vicenda energetica, perché c’è in ballo la tenuta del nostro sistema produttivo, delle nostre aziende, delle nostre famiglie. Ma c’è in ballo anche la capacità dell’Ue di agire come attore politico nel contesto internazionale“.

Ecco perché ieri al tavolo con gli altri leader Ue ha chiesto un soluzione rapida al problema del caro-energia. Da quanto è trapelato, Meloni avrebbe insistito per un meccanismo di riduzione del prezzo del gas, rilanciando impegno e dibattito sul price cap. Inoltre, avrebbe fatto notare ai partner europei come il tempo perso nel trovare un’intesa sul meccanismo di riduzione del prezzo sia in realtà in contraddizione rispetto alla discussione sulla competitività dell’industria europea nei confronti degli altri concorrenti globali, sollevando anche nel consesso continentale le critiche all’Inflation Reduction Act degli Stati Uniti.

In attesa che Bruxelles muova le sue mosse, la premier continua a tessere la tela delle relazioni internazionali. Con il primo ministro greco, Kyriakos Mitsotakis, ha avuto un “cordiale e fruttuoso incontro” per “confermare la stretta cooperazione tra Italia e Grecia sui temi al centro dell’agenda europea e internazionale, con particolare attenzione al Mediterraneo“. Non solo, perché Meloni rilancia sui social la foto assieme ai primi ministri di Repubblica Ceca e Polonia, Petr Fiala e Mateusz Morawiecki, scrivendo di aver “degli ultimi sviluppi riguardo l’aggressione russa all’Ucraina e della questione energetica. Lavoriamo insieme per affrontare le difficili sfide globali e costruire un futuro di pace e sicurezza“. L’idea di creare un nuovo ‘Piano Mattei’ e fare del nostro Paese l’hub di approvvigionamento energetico dell’Europa, insomma, inizia a prendere corpo.

Von der leyen

Intesa Ue sui nuovi capitoli Pnrr per indipendenza energetica

Intesa Ue per aggiornare i piani di ripresa e resilienza con capitoli aggiuntivi dedicati a centrare gli obiettivi del ‘REPowerEU’, il piano presentato a maggio scorso per affrancare l’Unione dai combustibili fossili russi.

Dopo neanche sette mesi dalla proposta della Commissione, i negoziatori del Consiglio e del Parlamento europeo hanno raggiunto nella notte un accordo provvisorio sul ‘REPowerEU’, per dare modo agli Stati membri di aggiungere un nuovo capitolo dedicato a centrare gli obiettivi di indipendenza energetica (ad esempio, aumentare l’efficienza energetica negli edifici e nelle infrastrutture energetiche critiche o aumentare la produzione di biometano sostenibile) ai loro piani nazionali di ripresa e resilienza (Pnrr) varati nel quadro del fondo di ripresa Next Generation Eu.

Accolgo con favore l’accordo politico sul REPowerEu. Mentre l’Europa sta voltando le spalle al gas russo, REPowerEU è il nostro piano per garantire un futuro di energia pulita. Questo accordo sblocca risorse significative per implementare il nostro piano, a beneficio dell’intera Ue”, ha salutato l’accordo in un tweet la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

L’intesa tra colegislatori – che deve essere formalizzata da entrambe le istituzioni – chiarisce come il piano dovrebbe essere finanziato. Nell’idea della Commissione Europea, il piano dovrà essere finanziato con quasi 300 miliardi di euro, di cui circa 72 miliardi in sovvenzioni che arriveranno in sostanza dalla possibilità concessa ai governi (facoltativa) di dirottare fino a 26,9 miliardi di euro dai fondi di coesione e fino a 7,5 miliardi di euro dalla Politica agricola comune (Pac).

Le uniche sovvenzioni fresche in senso proprio saranno 20 miliardi di euro che colegislatori dell’Ue hanno deciso di finanziare per il 60% con risorse dal Fondo per l’innovazione (12 miliardi di euro) e per il 40% dall’anticipazione delle quote del mercato del carbonio, il sistema Ets (8 miliardi), che oggi sono ferme nella riserva di stabilità del mercato.

Tutte queste risorse saranno in maniera obbligatoria vincolate, spiegano fonti comunitarie, all’attuazione del capitolo aggiuntivo al PNRR che tutti gli Stati membri dovranno redigere per l’attuazione del REPower. Quanto alla chiave di ripartizione dei fondi – spiega una nota del Consiglio – sarà una formula che terrà conto della politica di coesione, della dipendenza degli Stati membri dai combustibili fossili e dell’aumento dei prezzi degli investimenti.

Gli Stati membri avranno la possibilità di trasferimenti volontari dalla Riserva di aggiustamento della Brexit. Oltre alle sovvenzioni, la proposta della Commissione punta a mettere a disposizione i 225 miliardi di euro di prestiti non spesi dai governi dal ‘Next Generation Eu’ e redistribuirli tra i governi. Per ora non è possibile fare un calcolo preciso di quante risorse potrebbero spettare all’Italia. Dopo l’entrata in vigore del regolamento (presumibilmente da gennaio) i governi avranno trenta giorni di tempo per dichiarare se intendono utilizzare la loro quota di prestiti non utilizzati. Una volta avanzate tutte le richieste, Bruxelles potrà calcolare quanti di questi 225 miliardi di prestiti potranno essere finalmente utilizzati allo scopo. L’Italia, che ha già usato tutti i prestiti del Recovery, potrebbe usufruire di 2,7 miliardi dalla quota dei 20 miliardi di euro di fondi aggiuntivi e per ora è l’unica cifra definita. Inoltre, l’accordo prevede che gli Stati membri che dispongono di fondi di coesione non spesi del precedente quadro finanziario pluriennale (2014-2020) avranno la possibilità di utilizzarli per sostenere le PMI e le famiglie vulnerabili particolarmente colpite dagli aumenti dei prezzi dell’energia. Secondo la Commissione Ue i fondi non spesi per l’esercizio finanziario 2014-2020 potrebbero arrivare fino a 40 miliardi di euro.