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Energia, in vigore norme Ue per per proteggere le infrastrutture critiche

Due direttive per proteggere le infrastrutture critiche e digitali dell’Unione europea da futuri attacchi ibridi. In attesa del confronto tra i Paesi membri Ue sulla proposta di raccomandazione della Commissione per la resilienza di gasdotti e cavi marini, sono entrati in vigore sul territorio comunitario i pezzi cruciali della legislazione comunitaria per armonizzare la prevenzione e la risposta in particolare alle “minacce informatiche, criminalità, rischi per la salute pubblica e catastrofi naturali“.

Le recenti minacce alle infrastrutture critiche dell’Ue hanno tentato di minare la nostra sicurezza collettiva“, ha sottolineato la Commissione europea, facendo riferimento al sabotaggio di fine settembre dello scorso anno dei due gasdotti Nord Stream nel Mar Baltico. A questo si aggiungono i “nuovi rischi derivanti dall’aggressione della Russia all’Ucraina” sulle infrastrutture energetiche e di sicurezza dei Ventisette, per cui Ue e Nato hanno deciso di istituire una task force congiunta e il gabinetto von der Leyen ha presentato cinque linee-guida per la loro protezione: stress test, aumento della capacità di risposta attraverso il Meccanismo di protezione civile dell’Ue, identificazione satellitare delle minacce, rafforzamento della cooperazione internazionale e implementazione della legislazione comunitaria. Proprio come dimostra l’entrata in vigore della direttiva Nis2 e della direttiva Cer, che dovranno essere recepite nel diritto nazionale dei Paesi membri entro 21 mesi.

La direttiva aggiornata Nis 2 (Network Information Systems) garantirà l’ampliamento dei settori e delle tipologie di entità critiche che rientrano nel campo di applicazione: energia, trasporti, salute e infrastrutture digitali, compresi fornitori di reti e servizi pubblici di comunicazione elettronica, servizi dei centri dati, gestione delle acque reflue e dei rifiuti, enti della pubblica amministrazione e settore sanitario. Lo scopo è definire le regole minime per un quadro normativo e stabilire i meccanismi per la cooperazione tra le autorità competenti in ogni Stato membro. Saranno rafforzati i requisiti di gestione del rischio che le aziende sono tenute a rispettare e saranno snelliti gli obblighi di segnalazione degli incidenti con disposizioni più precise sul contenuto e tempistica. Grazie alla direttiva Nis2 sarà anche istituita formalmente la rete dell’Organizzazione europea di collegamento per le crisi informatiche (Eu-CyCLONe), che sosterrà la gestione coordinata di incidenti e crisi di cybersicurezza su larga scala.

La direttiva sulla resilienza dei soggetti critici (Cer) sostituisce invece quella del 2008, per rafforzare la resilienza delle infrastrutture critiche da rischi naturali, attacchi terroristici, minacce interne e sabotaggio. Saranno coperti in totale 11 settori, dall’energia ai trasporti, dalla sanità all’acqua potabile e le acque reflue, fino a infrastrutture digitali, spazio e settore alimentare. Gli Stati membri dell’Unione dovranno adottare una strategia nazionale ed effettuare valutazioni periodiche almeno ogni quattro anni, per identificare le entità considerate critiche o vitali per la società e l’economia. A loro volta i soggetti critici dovranno identificare i rischi rilevanti che possono interrompere in modo “significativo” la fornitura di servizi essenziali, adottare misure appropriate per la sicurezza e notificare alle autorità nazionali gli incidenti che causano interruzioni. A questo si aggiunge l’identificazione degli enti “di particolare rilevanza europea“, ovvero quelli che forniscono un servizio essenziale a sei o più Stati membri: in questo caso la Commissione Ue può proporre – con l’accordo delle capitali interessate – di valutare le misure messe in atto per soddisfare gli obblighi previsti dalla direttiva Cer.

Governo e benzinai trattano sullo sciopero. Antitrust indaga su 5 compagnie per i prezzi

Domani alle 14.30 i rappresentati dei benzinai parteciperanno a un tavolo tecnico al ministero delle Imprese e del Made in Italy sul tema rincari dei carburanti. Si tratta del secondo round fra Faib, Fegica e Figisc dopo il vertice a Palazzo Chigi di venerdì scorso. Una riunione che era terminata col congelamento dello sciopero indetto dalla categoria, annunciato per protestare contro la campagna “di fango” che aveva colpito i gestori degli impianti di carburanti in seguito all’eliminazione dello sconto sulle accise a Capodanno.

Tra un vertice e l’altro, però, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto Trasparenza, varato dal governo per combattere eventuali speculazioni. Il provvedimento prevede, tra le altre cose, che “i gestori degli impianti di carburante che non comunicheranno i loro prezzi e non esporranno nel punto vendite le medie calcolate dal ministero potranno essere puniti con sanzioni da 500 a 6mila euro. Dopo la terza violazione può essere disposta la sospensione dellʼattività (che può andare da una settimana a tre mesi)”. Una regola che non è andata giù ai diretti interessati. Al punto che la giunta nazionale di Faib Confesercenti in un comunicato ha voluto esprimere “delusione per l’esito dell’incontro di venerdì scorso, che pure si era svolto in un clima positivo. Faib, di conseguenza, conferma il giudizio di forte contrarietà sul decreto Trasparenza. Pesa la formulazione della norma che conferma l’obbligo di un nuovo cartello e l’inasprimento inaccettabile delle sanzioni. Ben venga maggiore trasparenza ma si eliminino adempimenti che risulterebbero inutili e si riveda il sistema sanzionatorio, senza duplicazioni e senza accanimenti. Si perseguano con razionalità gli strumenti utili per dare informazioni corrette ai consumatori, ma si eviti – sottolinea l’associazione – la giungla cartellonistica che creerebbe solo confusione. Se si vuole un nuovo cartello significa che quelli che ci sono non sono utili. E allora li si eliminino e si razionalizzi la giungla cartellonistica“.

I prezzi dei carburanti sono già oggi i più pubblicizzati rispetto ad ogni altro prodotto di largo e generale consumo e occorre attenzione nel costruire nuove informazioni, tenendo conto delle specificità che ci sono tra rete ordinaria e rete autostradale. Pertanto, lo sciopero contro questo provvedimento inutile e dannoso resta congelato – continua la nota stampa di Faib – in attesa dell’incontro” di domani al ministero delle Imprese e del made in Italy. “In quella sede valuteremo se il governo ha intenzione di accogliere le richieste della categoria o meno. E prenderemo le decisioni conseguenti che saranno illustrate nel dettaglio nella conferenza stampa unitaria, indetta per giovedì 19 gennaio“.

Mentre governo e benzinai trattano, l’Antitrust indaga. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, insieme al Nucleo Speciale Antitrust della Guardia di Finanza, ha svolto ispezioni nelle sedi delle compagnie petrolifere: Eni, Esso, Ip, Kuwait Petroleum e Tamoil. I procedimenti sono stati avviati anche sulla base della documentazione “tempestivamente fornita” dalle stesse fiamme gialle.

Simson: “Se ci saranno più rischi che benefici, Ue pronta a sospendere ex ante il price cap”

A distanza di quasi un mese dall’accordo difficile sul tetto al prezzo del gas, l’Unione europea guarda alle priorità energetiche dei prossimi mesi e si prepara a un’ampia riforma del mercato elettrico per disaccoppiare i prezzi del gas e dell’elettricità. Una riforma necessaria, ne è convinta la commissaria europea all’energia, Kadri Simson (nella foto), che in un’intervista a GEA assicura che la Commissione Ue “sta lavorando a pieno ritmo per presentare le proposte entro la fine di marzo” e presto avvierà una consultazione pubblica per avviarne le discussioni.

Gli Stati membri hanno faticato a trovare un accordo per introdurre un tetto massimo del prezzo del gas dopo mesi di discussioni. Secondo lei, l’accordo raggiunto lo scorso 19 dicembre dai ministri dell’energia è stato il miglior compromesso possibile?

“L’accordo che abbiamo raggiunto è un passo coraggioso per rispondere con unità alla crisi energetica e in cui tutti hanno dovuto scendere a compromessi. L’importante è che ora disponiamo di uno strumento per prevenire episodi di prezzi del gas eccessivi in ​​Europa che non riflettono i prezzi del mercato mondiale. I prezzi del gas elevati ed estremamente volatili sono dannosi per la nostra economia, per le nostre persone e le nostre imprese. Non potevamo semplicemente stare a guardare e aspettare. Ora abbiamo un altro importante strumento nella nostra cassetta degli attrezzi per proteggere i nostri cittadini e le nostre imprese dai picchi dei prezzi dell’energia”.

Quali saranno i vantaggi, in concreto?

“Con un tale meccanismo in atto, l’Europa sarà meglio preparata per la prossima stagione invernale e per un nuovo ciclo di riempimento dei depositi, che sarà più impegnativo di quanto non sia stato quest’anno. Penso che il modo in cui il mercato ha reagito alla nostra decisione sia un buon indicatore del fatto che abbiamo imboccato la strada giusta e che è positivo semplicemente prendere una decisione. Come tutte le misure adottate nel 2022, stiamo offrendo stabilità e certezza al mercato, e questo di per sé aiuta a ridurre al minimo la volatilità. I prezzi potrebbero risalire una volta che i nostri livelli di stoccaggio scenderanno e se il clima invernale si farà più rigido, ma credo che l’accordo raggiunto fosse necessario per evitare il ripetersi di episodi di prezzi eccessivi”.

La misura non è ancora in vigore ma è già stata criticata non solo dalla Russia ma anche da altri fornitori di gas dell’Ue, come l’Algeria. La Commissione è in contatto con i partner per fornire rassicurazioni?

“Durante l’intero processo di accordo su un meccanismo di correzione del mercato, siamo stati trasparenti con i nostri partner e ovviamente siamo stati in contatto con loro. Il meccanismo è concepito in modo da mantenere l’attrattiva dell’Europa come mercato per i fornitori. È fondamentale continuare a collaborare con partner affidabili per diversificare le nostre forniture”.

Il primo rapporto preliminare di Esma e Acer sul meccanismo di correzione del mercato è atteso entro gennaio 2023. Lei ha detto che se i rischi del meccanismo supereranno i benefici, la Commissione è pronta a sospenderne ex ante l’attivazione. Questo significa che il tetto al prezzo del gas potrebbe non essere mai implementato?

“La Commissione è sempre stata molto chiara sul fatto che questo meccanismo porta benefici ma non è privo di rischi. Per questo prevede presidi specifici per attrarre l’approvvigionamento di GNL, assicurare liquidità sui mercati finanziari ed evitare aumenti dei consumi di gas. Prima dell’entrata in vigore del meccanismo il 15 febbraio, ACER ed ESMA presenteranno un rapporto, per informare sui possibili effetti negativi. Ascolteremo gli esperti, compresa anche la Banca centrale europea. Nel caso in cui le condizioni per l’attivazione siano soddisfatte, ma i rischi superino i benefici, la Commissione è pronta a sospendere ex ante l’attivazione del meccanismo”.

Il 2023 sarà un anno importante sul fronte energetico, a breve è attesa la prima consultazione sulla riforma del mercato elettrico. Cosa dovremmo aspettarci da questa riforma, oltre al disaccoppiamento dei prezzi dell’elettricità e del gas?

“L’attuale struttura del mercato dell’energia elettrica ha prodotto un mercato efficiente e ben integrato, consentendo all’Europa di raccogliere i vantaggi economici di un mercato unico dell’energia, garantendo la sicurezza dell’approvvigionamento e sostenendo il processo di decarbonizzazione, in tempi normali. Tuttavia, durante la crisi energetica, abbiamo anche assistito alla vulnerabilità dell’attuale struttura del mercato dell’elettricità dell’UE”.

Quali sono le criticità e quando arriverà la proposta?

“Dipendiamo troppo dal gas, anche nella produzione di energia. Pertanto, nonostante la crescente quota di energie rinnovabili nel mix energetico, i consumatori non vedono ancora, in misura sufficiente, i vantaggi in termini di costi della transizione energetica. L’attuale struttura del mercato ha garantito la sicurezza dell’approvvigionamento, anche durante la crisi. Ma dobbiamo fornire prezzi prevedibili per i consumatori sulla base di tecnologie pulite e convenienti, e allo stesso tempo certezza degli investimenti e ricavi sostenibili e prevedibili per le imprese. Stiamo lavorando a pieno ritmo per presentare le nostre proposte entro la fine di marzo e presto avvieremo una consultazione pubblica per consentire a tutte le parti interessate di esprimere le proprie opinioni. Dobbiamo rendere il nostro mercato dell’elettricità pienamente adatto a un sistema energetico decarbonizzato e facilitare l’adozione di energia rinnovabile. L’obiettivo principale della riforma sarà quello di mettere a disposizione di tutti i vantaggi di una produzione di energia pulita ed economica”.

Sulla riforma del mercato elettrico le posizioni degli Stati membri sono distanti quanto lo erano sul price cap. Vede il rischio di ripetere lunghe trattative anche sul disaccoppiamento tra prezzi gas ed energia elettrica?

“Stiamo lavorando duramente a una proposta volta a offrire i vantaggi della transizione verso l’energia pulita ai consumatori di tutti gli Stati membri dell’Ue. Il 2022 ha chiaramente dimostrato che la cooperazione ti porta oltre il fare le cose da soli o, peggio ancora, l’uno contro l’altro. Ho visto una notevole disponibilità al compromesso attorno al tavolo dei ministri dell’energia dell’Ue, non solo sul meccanismo di correzione del mercato, ma su tutti gli strumenti che abbiamo introdotto quest’anno per affrontare questa crisi energetica senza precedenti. Perché i ministri capiscono il motivo per cui lo stiamo facendo e quali sono le conseguenze geopolitiche. Mi aspetto che una riforma cruciale per il nostro futuro energetico, come la revisione del disegno del mercato elettrico, sarà gestita con lo stesso spirito”.

Un ruolo importante sarà svolto dalla nuova presidenza di Svezia alla guida dell’Ue dal primo gennaio…

“Sono già stata in contatto con la ministro svedese dell’Energia (Ebba Busch, ndr) che presiederà le riunioni del Consiglio Energia durante la sua presidenza, e credo che trovare un compromesso adeguato su tale questione sarà in cima alla loro lista di priorità”.

Basterà per affrontare la crisi dei prezzi? È ancora viva l’idea di una soluzione più strutturale alla crisi, come un nuovo ‘Sure’ finanziato dal nuovo debito comune, come suggerito dai commissari Paolo Gentiloni e Thierry Breton?

“Il 2022 è stato un anno straordinario per la politica energetica dell’Ue. Abbiamo agito su molti fronti per affrontare questa crisi. Non solo affrontandone i sintomi e sostenendo finanziariamente coloro che lottano per pagare le bollette, ma anche affrontandone le cause alla radice, in particolare lo squilibrio tra domanda e offerta sui mercati globali del gas. Abbiamo diversificato le nostre forniture, ridotto la domanda di energia in modo coordinato, creato uno stoccaggio comune nell’Ue e accelerato la diffusione delle energie rinnovabili. Quest’anno avremo a disposizione anche altri strumenti, come l’acquisto in comune del gas, nuove regole per la solidarietà e un meccanismo di correzione del mercato per evitare impennate del prezzo del gas. Inoltre, continueremo con l’attuazione del nostro piano REPowerEU, che ci aiuterà a riconquistare la nostra indipendenza energetica con investimenti nella sicurezza dell’approvvigionamento, nonché nelle energie rinnovabili e nell’efficienza energetica. Potenzieremo la sua potenza di fuoco finanziaria. È in corso una valutazione delle necessità”.

Parlando di porre fine alla dipendenza dai combustibili fossili russi, l’Ue sta cercando di compensare il gas russo affidandosi a Paesi come Israele o il Qatar, che, finito al centro dello scandalo di presunta corruzione di eurodeputati e funzionari del Parlamento Ue, ha minacciato un impatto negativo sui negoziati in corso con Bruxelles. La Commissione non vede il rischio di spostare la dipendenza energetica dell’Ue verso altri partner inaffidabili?

“Per troppo tempo l’Ue è stata oltremodo dipendente dalle importazioni russe di combustibili fossili. Vediamo l’impatto dell’eccessiva dipendenza da un fornitore con i consumatori che ne pagano il prezzo. Penso che con questa crisi senza precedenti, stimolata dall’invasione russa dell’Ucraina, abbiamo imparato la lezione. Questo è il motivo per cui abbiamo rapidamente diversificato le nostre rotte di approvvigionamento, in modo che nessun fornitore possa mai più danneggiarci in questo modo. Quest’anno abbiamo notevolmente aumentato i volumi di gas in arrivo nell’Ue da Stati Uniti, Norvegia, Egitto, Azerbaigian e altri paesi. E siamo molto grati per questa collaborazione. Ma dobbiamo assicurarci di non dipendere troppo da una linea di approvvigionamento o da una rotta e, infine, eliminare gradualmente la nostra dipendenza dai combustibili fossili tutti insieme. Questo è il motivo per cui stiamo anche ponendo molta enfasi sulla promozione di soluzioni rinnovabili autoctone, che possono essere diverse in ogni stato membro, ma ci aiutano proprio là dove sono necessarie”.

Meloni-von der Leyen, faccia a faccia su energia e Pnrr

Un’ora, faccia a faccia, nell’ufficio al piano nobile di Palazzo Chigi. E’ la prima volta che Giorgia Meloni riceve nella sua nuova ‘casa’ la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, a Roma per partecipare alla presentazione del libro dedicato ai discorsi di David Sassoli, compianto presidente del Parlamento europeo, celebrato a un anno dalla scomparsa. Mentre sulla Capitale italiana scende la pioggia e soffia forte il vento, le due leader tornano a discutere a distanza di poche settimane dal colloquio avuto a Bruxelles, in occasione della prima visita all’estero da presidente del Consiglio. Presente al vertice anche ministro degli Affari Ue, Raffaele Fitto.

Il faccia a faccia, spiegano da Palazzo Chigi “ha rappresentato un’ottima occasione per uno scambio di vedute in preparazione del Consiglio europeo straordinario del 9-10 febbraio dedicato in particolare all’economia e alla migrazione“. Due temi che stanno molto a cuore a Meloni, soprattutto dopo il colpo di freno tirato dalla Svezia, a cui spetta il compito di guidare il Consiglio dell’Unione europea fino al prossimo 30 giugno proprio sulla riforma del sistema di gestione dei flussi migratori. Con l’Europa ci sarà molto da discutere nei prossimi mesi, ma dall’Italia è stato ribadito un punto fermo. Ovvero, in tema di ripresa economica, la premier riafferma l’impegno del governo sul Piano nazionale di ripresa e resilienza. Nel corso dell’incontro, però, Meloni e von der Leyen si sono trovate d’accordo sulla condanna per gli atti violenti che si sono verificati in Brasile, esprimendo solidarietà alle istituzioni democratiche del Paese.

Che la visita sia andata bene lo si intuisce anche dal tono del tweet che la presidente della Commissione Ue posta subito dopo aver lasciato Palazzo Chigi. “Un piacere incontrare Giorgia Meloni a Roma oggi”, scrive infatti in perfetto italiano. Confermando che al centro del colloquio c’è stata la preparazione del prossimo Consiglio europeo, ma non solo. “Abbiamo discusso di come continuare a sostenere l’Ucraina, garantire un’energia sicura e accessibile, aumentare la competitività dell’industria europea e fare progressi sul Patto per la migrazione” e l’asilo, ha reso noto la leader dell’esecutivo comunitario.

Zaia: Le rinnovabili sono il futuro, ma vanno tutelati paesaggio e turismo

Dal futuro dell’energia al turismo, passando per agroalimentare, Pnrr e inflazione. E’ a tutto campo l’intervista concessa dal presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, a GEA nella quale analizza la situazione attuale del suo territorio e dello sviluppo del Paese.

Presidente, “I pessimisti non fanno fortuna” è il suo nuovo libro però con guerra e bollette alle stelle è difficile non essere pessimisti. Si parla di possibile recessione, qual è la temperatura delle aziende venete?

Lo scrivo anche nel libro che parlare di ottimismo in questo momento storico non è facile. Stiamo vivendo le conseguenze di due cigni neri, come il matematico libanese Nassim Nicholas Taleb definisce gli eventi eccezionali ed imprevedibili dalle grandi ripercussioni sulla vita umana. Con una grave pandemia non ancora conclusa, da alcuni mesi ci dobbiamo misurare con una terribile guerra alle porte d’Europa, le cui conseguenze non sono solo umanitarie ma anche economiche e finanziarie toccando direttamente le tasche e la vita della gente. Ma nel bagaglio di memoria del nostro popolo ci sono altre e numerose esperienze che sembravano insormontabili e sono state sempre superate anche quando sembrava impossibile: due cigni neri non sono il black out dell’umanità. Gli stessi dati ci disegnano per il Veneto un tessuto produttivo che sta affrontando grandi difficoltà ma ancora sano. Nonostante le dinamiche negative, che frenano la vitalità produttiva a causa dell’aumento della bolletta energetica, infatti, i bollettini di dicembre delineavano una crescita del Pil veneto del 3,4%, prevedendo un sostanziale equilibrio nell’anno appena iniziato.

Per ridurre le bollette si punta sempre di più sulle rinnovabili. In estate la sua Regione ha approvato una legge per il fotovoltaico a terra. Prevede un aumento di impianti solari o eolici in Veneto?

La legge approvata è una norma di buon senso, come la ho definita appena varata. Ha lo scopo di condurre la nostra Regione verso la transizione energetica, raggiungendo l’obiettivo di decarbonizzazione fissato entro il 2050. Per farlo, va a determinare quali sono le aree idonee e non per l’installazione di impianti fotovoltaici, specificando in modo approfondito quali sono gli indicatori necessari per distinguere un’area destinabile all’installazione da un’altra; questo con l’obbiettivo di produrre energia rinnovabile ma senza stravolgere il paesaggio che contraddistingue il Veneto e i nostri preziosi terreni agricoli. Ritengo che le energie rinnovabili sono il futuro e soprattutto una necessità imprescindibile ma la sfida si gioca non solo sui numeri delle installazioni ma anche sulla capacità di darsi regole equilibrate in modo da conciliare lo sviluppo con l’evidente necessità di tutela della bellezza del territorio; non solo dal punto di vista ambientale ma anche come patrimonio che contribuisce a fare del Veneto la regione più turistica d’Italia con 70 milioni di presenze all’anno.

Altro tema legato alle rinnovabili è quello legato alla siccità. Si parla da tempo del piano invasi. A che punto siamo?

Una rete appropriata di invasi è fondamentale per disporre di un serbatoio che sia una vera riserva idrica. Per farla puntiamo sullo sfruttamento di un sistema di microinvasi, approfittando di cave non più in attività oltre che di quelli già esistenti. Questa estate ci siamo trovati di fronte a difficoltà oggettive con il cuneo salino che ha risalito i fiumi, arrivando come nel caso di Caorle, a minacciare le riserve di acqua potabile. La stessa situazione ne Po’ e nell’Adige può configurarsi una gravissima minaccia per l’irrigazione della produzione agricola. La soluzione della rete di invasi è quindi fondamentale, affiancata ad altre azioni anche affidate al singolo. La dispersione idrica è enorme, arrivando in alcuni casi al 70%. Le riserve sono indispensabili e strategiche ma anche le accortezze che ognuno può prendere sono più che utili.

Il Pnrr. Secondo lei va sempre cambiato come sostiene anche il governo?

Torno a citare il Cigno nero di Nassim Nicholas Taleb. La guerra in Ucraina ha cambiato la storia e, purtroppo, anche la vita di tutti i giorni. Pensavamo che il covid fosse stato un punto estremo nella nostra vita ma, invece, ci siamo visti costretti a misurarci con le ripercussioni di un conflitto che ci coinvolge estremamente da vicino. La ripresa dalla pandemia è stata ragionata con una visione che oggi dovrà essere ricalibrata sulle esigenze che si sono sommate di conseguenza ai nuovi scenari internazionali”.

Sempre restando in ambito Pnrr, secondo lei si riuscirà a spendere tutti gli oltre 200 miliardi o c’è il rischio di aumentare il debito pubblico e di non utilizzare le risorse?

Duecentotrenta miliardi di euro sono un’occasione irripetibile. Sarebbe poco piacevole, nelle condizioni di questo paese, ritrovarsi che non si riescono a pendere. Come Veneto abbiamo presentato 16 progetti per un valore di oltre 7 miliardi di euro. Siamo certi del fatto nostro e stiamo parlando un quadro che potrebbe creare 110.000 posti di lavoro.

Fra 3 anni ci sono le Olimpiadi di Milano-Cortina. Come procedono le opere?

Di pochi giorni fa è la notizia che la variante di Longarone è stata inserita in un elenco di opere Anas per le quali a gennaio partiranno gli appalti. È un ulteriore passo avanti verso le Olimpiadi invernali 2026 di Milano-Cortina perché l’arteria è un nodo centrale dell’infrastrutturazione olimpica in Veneto. Si tratta di un investimento di quasi 400 milioni di euro, una struttura viaria che accoglierà, poco dopo l’uscita dall’A27, nel miglior modo possibile squadre, atleti, sportivi e turisti diretti a Cortina e provenienti dalla pianura via gomma. Un’opera che resterà in eredità dopo i Giochi, facilitando e rendendo più sicuro l’accesso alle nostre montagne. È prevista anche la variante di Cortina che qualora non dovesse essere pronta per l’evento olimpico resterà comunque come opera successiva, senza contare numerose altre opere che giorno dopo giorno prenderanno forma. Realizzeremo poi la nuova pista bob, dimettendo quella vecchia risalente al 1928, recupereremo il trampolino e faremo il villaggio olimpico, che rimarrà in eredità al territorio.

Ogni tanto spuntano polemiche ambientalistiche sui Giochi invernali. Lei però ribatte dicendo che saranno Olimpiadi sostenibili. In che senso?

I giochi olimpici, a Cortina, si svolgeranno in un ambiente Patrimonio dell’Umanità Unesco. Questo ci impone un’attenzione particolare al territorio che per definizione è unico e di valore. Questo significa che quindi qualsiasi intervento dovrà essere improntato con il mantenimento dell’ambiente, anche perché oltre a quello green c’è pure un interesse turistico nella tutela del paesaggio. Per comprendere sostenibilità finanziaria e ambientale, è stato condotto uno studio specifico. È stato dato particolare risalto alle opere per più consono inserimento dell’opera nell’ambiente boschivo della zona. Verranno piantate molte essenze, mirate al recupero di un ciclo delle piante che dovranno essere abbattute o a quelle che già erano giunte al limite della vita utile. Per gli spostamenti saranno prediletti mezzi a basso impatto ambientale.

Oltre ai rincari energetici ci sono quelli alimentari. Lei è un sostenitore, anche quando era ministro dell’Agricoltura, dell’indipendenza alimentare. Cosa intende? Il governo ha creato un fondo per la sovranità alimentare, sta andando nella giusta direzione?

Ero ministro a via XX Settembre, quando parlai io per la prima volta di ‘Sovranità alimentare’. Trovo inconcepibile che, fino ad oggi, un paese come il nostro non abbia mai compiutamente e approfonditamente guardato in faccia la materia. In un momento storico dove la guerra in Ucraina sta mettendo in difficoltà le grandi produzioni e la catena attraverso la quale arrivano agli utenti è necessario dare una risposta. Non ricercare la via per l’indipendenza alimentare significa dover essere sempre dipendenti dagli altri totalmente”.

Rimanendo in ambito agro-alimentare, non si può non sottolineare comunque il record storico di fatturato del vino, in particolare del Prosecco. È una tendenza che continuerà? Quali conseguenze potrà avere anche nel turismo?

Il Prosecco è per noi l’emblema di una viticoltura eroica. Il fatturato raggiunto possiamo definirlo un traguardo storico per la nostra terra che si accompagna ad altre grandi realtà enologiche come, ad esempio, l’Amarone. Sono immagini di un successo produttivo che si configura non solo in termini quantitativi ma anche qualitativi. Quando nel mondo si parla di bollicine si associano subito al Prosecco in tutti i continenti. Certamente, il settore enologico è anche un grande richiamo turistico per la nostra regione, confermato anche dal riconoscimento a Patrimonio dell’Umanità Unesco delle Colline del Prosecco. Un territorio simbolo della nostra storia e della nostra cultura rurale, vero anello di congiunzione tra un altro patrimonio Unesco come le Dolomiti e la pianura con le città d’arte e il litorale, di grandissimo richiamo, con Venezia e la sua Laguna. Dove si mangia e si beve ci si torna; se poi anche l’arte e il paesaggio sono vere eccellenze…

Ultima domanda: la Regione Veneto ha creato la fondazione Venezia capitale mondiale della sostenibilità. Lei l’ha definita “un nuovo rinascimento”. Dopo pandemia, guerra e crisi energetica, può nascere veramente un nuovo mondo sostenibile?

Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità è un progetto innovativo che coinvolge le istituzioni amministrative e culturali attorno a un piano condiviso di rilancio della città e del suo territorio per fare di Venezia un modello che guarda al futuro. È un momento importante per la storia del Veneto che si consacra un modello internazionale di sinergia tra enti pubblici, istituzioni accademiche e forze imprenditoriali a beneficio del territorio e della sua gente. Il lavoro svolto fino ad ora conferma che in tutta questa emergenza pandemica non abbiamo mai smesso di pensare al domani della nostra regione, anzi. Noi crediamo in questo processo perché la Regione assegna la massima importanza al futuro di Venezia come Capitale Mondiale della Sostenibilità e l’obbiettivo. La sostenibilità è l’unico futuro plausibile per la città più bella del mondo ma anche più fragile. Per preservarla e valorizzarla servirà fare un grande lavoro di squadra, e la squadra c’è ed è ai massimi livelli.

Ambiente e crescita, da Via Vas sbloccati progetti per 65 miliardi

Sono 27 i pareri adottati nel 2022, per liberare piani e programmi dal valore di 65 miliardi di euro. E’ il bilancio dell’attività svolta dalla Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale (Via e Vas) del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica nello scorso anno. Una spinta decisa in avanti per le infrastrutture del nostro Paese, dunque per l’economia e lo sviluppo.

Che soprattutto dall’insediamento del nuovo governo ha schiacciato il piede sull’acceleratore, visto che la commissione ha approvato progetti per un valore complessivo di 46 miliardi e 750 milioni di euro. “Con i pareri positivi della Commissione Vas abbiamo la certezza che importanti strumenti di pianificazione territoriale ed economica saranno attuati rispettando l’ambiente e con la massima attenzione alla sostenibilità“, spiega il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto.

La Vas, acronimo di Valutazione ambientale strategica, in particolare, è una procedura che si applica a quei piani e programmi che riguardano aree ampie e pluralità di iniziative economiche che possono avere impatti significativi sull’ambiente. Nell’elenco delle misure passate al vaglio dalla Commissione Vas dopo l’insediamento del nuovo Governo, ci sono importanti dossier. Come il Piano Strategico Nazionale della Politica Agricola Comune 2023-2027, che ha un valore di quasi 37 miliardi di euro; o il Programma Nazionale Ricerca e Innovazione e Competitività per la transizione verde e digitale, al quale sono destinati ben 5 miliardi e 600 milioni. E ancora il Programma Nazionale Just Transition Fund, che vale oltre 1 miliardo di euro, il programma Pn Metro Plus per le città Medie del Sud su progetti di innovazione sociale finalizzati alla rigenerazione di aree fragili, caratterizzate da disagio socio-economico e abitativo, che può contare su risorse per oltre 3 miliardi.

L’accelerazione impressa dalla commissione ai propri lavori è la dimostrazione che in tema di autorizzazioni ambientali è stato raggiunto un elevato standard di efficienza“, commenta ancora Pichetto. Concludendo che “questa la migliore garanzia di uno sviluppo che viene promosso e articolato in una cornice di salvaguardia dei territori e delle comunità“.

Il prezzo del gas crolla ancora, ma la bolletta cresce del 23,2%

Per i 7,3 milioni di clienti ancora nel mercato tutelato il consumo di gas di dicembre costa il 23,2% in più. Lo ha deciso l’Arera, l’autorità per l’energia, che ha aggiornato il costo delle bollette. L’aumento delle tariffe era inevitabile, considerando che il prezzo industriale medio del gas in Italia è stato di 116,171 euro per megawattora a dicembre contro i 91 di novembre.

Il balzo registrato nell’ultimo mese dell’anno è stato del 27,6%, mentre l’Arera è riuscita a ‘contenere’ il rincaro a +23,2%. Una stangata che si aggiunge al +13,7% di novembre. Va detto che se l’Authority avesse utilizzato il vecchio metodo di aggiornamento della tutela gas (trimestrale ex-ante, come quello usato ancora per l’energia elettrica, anziché mensile ex-post, calcolando cioè la media prezzo dopo la fine del mese di riferimento) durante tutto l’ultimo trimestre del 2022 si sarebbe applicata una componente del prezzo del gas a copertura dei costi di approvvigionamento (Cmem) di oltre 240 euro/MWh, anziché i 116,6 euro per megawattora di dicembre.

Il metodo adottato dall’Autorità ha consentito, invece, di applicare una Cmem di 78 euro/MWh in ottobre e di 91,2 euro/MWh in novembre. Una consolazione che tuttavia non cancella un anno terribile per la bolletta del gas. La stessa Authority ha calcolato infatti che malgrado qualche risparmio a inizio autunno, in termini di effetti finali, la spesa per la famiglia tipo nel periodo gennaio-dicembre 2022 è di circa 1.866 euro, +64,8% rispetto al 2021.

Sembra un controsenso ma, mentre arriva questo +23,2% da pagare per molte famiglie e piccolissime attività imprenditoriali, il prezzo industriale del gas ad Amsterdam continua a crollare. Poco dopo le 18 di ieri il contratto Ttf con scadenza febbraio ha perso l’8% quotando 70,8 euro per megawattora. Di gas ce n’è, gli stoccaggi – come ha fatto sapere Snam – sono ancora pieni in Italia all’82% e in Europa all’83%. A fine inverno le scorte non saranno azzerate, per cui l’attività di riempimento in vista del prossimo inverno 2023-2024 non sarà proibitiva o ultra-costosa come è invece accaduto la scorsa estate, con gli Stati che per accaparrarsi gas sono arrivati a far salire il Ttf a 349 euro/Mwh a fine agosto.

Il prezzo ad Amsterdam crolla inoltre per il clima mite che spinge a usare maggiormente le rinnovabili in Europa per la produzione di energia elettrica, senza contare che il piano riduzione consumi varato dalla Ue, e messo in pratica soprattutto dalle aziende come legittima difesa nei confronti delle bollette stellari, ha visto precipitare del 20% i consumi di metano da agosto a novembre rispetto alla media 2016-2021.

I prezzi sono in caduta ad Amsterdam ma anche alla Borsa italiana. La minuscola media di gennaio, che rispecchia anche l’andamento dell’ultima settimana di dicembre 2022, evidenzia un prezzo di 72,3 euro/MWh. Se dovesse mantenersi questa quotazione fino a fine mese, allora la bolletta del gas a gennaio dovrebbe scendere del 35%. Bisogna attendere almeno fino al 20-25 gennaio per capire l’ammontare preciso del calo, ma di certo, a meno di eventi imprevisti e sconvolgenti, la bolletta sarà meno cara.

La Svezia alla guida della presidenza del Consiglio Ue: sul tavolo la crisi energetica

Europa più verde, più sicura e più libera. Dal primo gennaio (e per i successivi sei mesi) la Svezia è alla guida semestrale del Consiglio Ue e dovrà confrontarsi con la sfida dei prezzi dell’energia e le nuove iniziative che la Commissione europea ha previsto per il 2023 sul fronte energetico. Sicurezza e unità, competitività, transizione verde ed energetica, valori democratici e stato di diritto. Sono i quattro pilastri della presidenza di Stoccolma, che nel logo del semestre sceglie di mettere in relazione le parole “Svezia”, “2023” e “UE” a simboleggiare “la solidarietà e la comunità”, di cui gli Stati membri dovranno dar prova nei prossimi dodici mesi. Per la Svezia si tratta della terza volta alla testa della presidenza (la prima risale al 2001, la seconda al 2009) e dal primo luglio lascerà il testimone alla Spagna.

La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, riconosce che la Svezia assume la presidenza del “Consiglio in un momento cruciale”, così come cruciale dovrà essere la “leadership per preservare la nostra unità europea a sostegno dell’Ucraina. Potete contare su di me per portare avanti la vostra ambiziosa agenda per la nostra Unione”, ha scritto in un tweet.

Nel documento programmatico che illustra quali saranno le priorità del semestre, Stoccolma assicura che continuerà “a impegnarsi per affrontare i prezzi elevati e volatili dell’energia, affrontando al contempo la riforma a lungo termine del mercato energetico”, raccogliendo dunque il testimone della presidenza ceca (che si è chiusa il 31 dicembre). Una proposta di riforma strutturale del mercato elettrico, che dovrebbe includere anche il disaccoppiamento dei prezzi dell’energia, è attesa da parte della Commissione europea nel primo trimestre 2023. La proposta della Commissione Ue sarà centrale nella prima parte dell’anno, ma sulla riforma del disegno del mercato elettrico gli Stati hanno aspettative diverse: alcuni (come l’Italia e la Francia) vogliono una riforma di tipo strutturale, altri (come Germania) evocano piccole modifiche. La presidenza dovrà iniziare a conciliare le posizioni dal momento che l’idea è quella di arrivare a fine legislatura, nel 2024, con un accordo politico sul tema.

Da una parte, affrontare le sfide urgenti della crisi energetica; dall’altra, portare avanti il lavoro di rivoluzione ‘verde’ del Green Deal. Sul piano legislativo, la promessa di Stoccolma è quella di mettere “in atto il pacchetto sul clima ‘Fit for 55’”, l’ambizioso pacchetto climatico presentato a luglio 2021 dalla Commissione europea come tabella di marcia per abbattere le emissioni di CO2 del 55% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990) come tappa intermedia per la neutralità climatica al 2050. Priorità di Stoccolma sarà chiudere i negoziati con l’Europarlamento sugli ultimi dossier rimasti in sospeso nel ‘Fit for 55’, come la revisione della direttiva sull’efficienza energetica e la revisione della direttiva sulle energie rinnovabili (entrambe del 2018).

Nella sua agenda verde, Stoccolma prevede di portare avanti anche i lavori per un accordo con l’Eurocamera (che ancora non ha adottato la posizione negoziale) sulla proposta di revisione della direttiva sul rendimento energetico nell’edilizia (Energy Performance of Building Directive – Epbd) e sulla seconda metà di proposte legislative del ‘Fit for 55’ presentata a dicembre 2021, ovvero il pacchetto che riguarda il mercato dell’idrogeno e del gas decarbonizzato su cui gli Stati membri devono trovare la loro posizione negoziale. Dovrà lavorare inoltre a un accordo politico con l’Eurocamera sulle norme per la riduzione delle emissioni di metano nel settore energetico.

La Svezia riconosce di assumere le redini dell’Ue in un momento di sfide storiche particolarmente difficile per gli Stati membri e per l’Unione nel suo complesso. “L’invasione illegale, inaccettabile e non provocata della Russia dell’Ucraina è una minaccia per la sicurezza europea, con conseguenze disastrose per la migrazione, nonché per le forniture globali di cibo ed energia”, si legge sul sito della presidenza. Sebbene siano state intraprese “azioni decisive” per fronteggiare la crisi, “è imperativo rimanere saldi nella nostra transizione verso l’economia verde e salvaguardare le basi del nostro modello economico per una crescita a lungo termine”. Per questo, Stoccolma ha fissato tra i quattro pilastri del suo semestre di presidenza l’obiettivo di mantenere la rotta sulla transizione verde, affrontando allo stesso tempo l’aumento dei prezzi dell’energia.

“Durante un inverno freddo, l’UE deve restare unita per far fronte al duplice compito di realizzare la transizione energetica e riscaldare le case europee”, ha sottolineato il primo ministro svedese, Ulf Kristersson, in un intervento al Parlamento del 14 dicembre in cui ha indicato le priorità della presidenza. Dalle parole del primo ministro emerge che priorità andrà ad accelerare l’elettrificazione dell’UE, e a portare “avanti i lavori sulle proposte del pacchetto sul mercato del gas per sostituire l’energia fossile russa con altre fonti energetiche a basse emissioni di carbonio”.

Anche sul fronte ambientale, la presidenza di turno si prende l’impegno di chiudere i dossier rimasti aperti del pacchetto ‘Fit for 55’ e portare avanti i negoziati tra gli Stati Ue sulla proposta di un quadro di certificazione della rimozione del carbonio e sulla direttiva sugli imballaggi, entrambi presentati dalla Commissione Ue il 30 novembre scorso.

Il semestre di presidenza è ufficialmente iniziato, ma la prima riunione ufficiale della presidenza si terrà nella piccola città Kiruna, e non nella capitale Stoccolma, dal 12 al 13 gennaio. Kiruna è la città più settentrionale della Svezia e ospiterà, come da tradizione, il primo incontro della Commissione Europea, guidata dalla presidente Ursula von der Leyen, con il primo ministro Kristersson e il governo svedese.
La visita della Commissione europea nel paese che detiene la Presidenza all’inizio del semestre è una tradizione consolidata. Insolita la scelta di ospitare la presentazione del programma in una città che non è la capitale, ma la futura presidenza dell’Ue spiega la scelta dal momento che Kiruna “è all’avanguardia nell’innovazione, nella ricerca spaziale e nella transizione verde” e ospita la miniera sotterranea di ferro più grande del mondo, dove ogni giorno vengono estratte 75.000 tonnellate di minerale di ferro a una profondità di 1.600 metri. “Abbiamo scelto di tenere questo incontro a Kiruna per presentare un’area unica della Svezia, una regione unica dell’UE in cui è attualmente in corso una transizione industriale verde di portata storica”, afferma Kristersson. Kiruna non è solo una città mineraria, è anche una città spaziale. Ospita l’unico centro spaziale della Svezia, che – si legge ancora – è stato fondato oltre 50 anni fa e uno degli unici due centri spaziali in tutta Europa. Oggi il centro spaziale è utilizzato principalmente per la ricerca sulla microgravità e sulle condizioni atmosferiche.

 

(Photocredit: AFP)

Mattarella: “Transizione energetica concreta per mettere al sicuro il Pianeta”

Un anno addietro, rivolgendomi a voi in questa occasione, definivo i sette anni precedenti come impegnativi e complessi.
Lo è stato anche l’anno trascorso, così denso di eventi politici e istituzionali di rilievo.

L’elezione del Presidente della Repubblica, con la scelta del Parlamento e dei delegati delle Regioni che, in modo per me inatteso, mi impegna per un secondo mandato.

Lo scioglimento anticipato delle Camere e le elezioni politiche, tenutesi, per la prima volta, in autunno.

Il chiaro risultato elettorale ha consentito la veloce nascita del nuovo governo, guidato, per la prima volta, da una donna.

E’ questa una novità di grande significato sociale e culturale, che era da tempo matura nel nostro Paese, oggi divenuta realtà.

Nell’arco di pochi anni si sono alternate al governo pressoché tutte le forze politiche presenti in Parlamento, in diverse coalizioni parlamentari.

Quanto avvenuto le ha poste, tutte, in tempi diversi, di fronte alla necessità di misurarsi con le difficoltà del governare.

Riconoscere la complessità, esercitare la responsabilità delle scelte, confrontarsi con i limiti imposti da una realtà sempre più caratterizzata da fenomeni globali: dalla pandemia alla guerra, dalla crisi energetica a quella alimentare, dai cambiamenti climatici ai fenomeni migratori.

La concretezza della realtà ha così convocato ciascuno alla responsabilità.

Sollecita tutti ad applicarsi all’urgenza di problemi che attendono risposte.

La nostra democrazia si è dimostrata dunque, ancora una volta, una democrazia matura, compiuta, anche per questa esperienza, da tutti acquisita, di rappresentare e governare un grande Paese.

E’ questa consapevolezza, nel rispetto della dialettica tra maggioranza e opposizione, che induce a una comune visione del nostro sistema democratico, al rispetto di regole che non possono essere disattese, del ruolo di ciascuno nella vita politica della Repubblica.

Questo corrisponde allo spirito della Costituzione.

Domani, primo gennaio, sarà il settantacinquesimo anniversario della sua entrata in vigore.

La Costituzione resta la nostra bussola, il suo rispetto il nostro primario dovere; anche il mio.

Siamo in attesa di accogliere il nuovo anno ma anche in queste ore il pensiero non riesce a distogliersi dalla guerra che sta insanguinando il nostro Continente.

Il 2022 è stato l’anno della folle guerra scatenata dalla Federazione russa. La risposta dell’Italia, dell’Europa e dell’Occidente è stata un pieno sostegno al Paese aggredito e al popolo ucraino, il quale con coraggio sta difendendo la propria libertà e i propri diritti.

Se questo è stato l’anno della guerra, dobbiamo concentrare gli sforzi affinché il 2023 sia l’anno della fine delle ostilità, del silenzio delle armi, del fermarsi di questa disumana scia di sangue, di morti, di sofferenze.

La pace è parte fondativa dell’identità europea e, fin dall’inizio del conflitto, l’Europa cerca spiragli per raggiungerla nella giustizia e nella libertà.

Alla pace esorta costantemente Papa Francesco, cui rivolgo, con grande affetto, un saluto riconoscente, esprimendogli il sentito cordoglio dell’Italia per la morte del Papa emerito Benedetto XVI.

Si prova profonda tristezza per le tante vite umane perdute e perché, ogni giorno, vengono distrutte case, ospedali, scuole, teatri, trasformando città e paesi in un cumulo di rovine. Vengono bruciate, per armamenti, immani quantità di risorse finanziarie che, se destinate alla fame nel mondo, alla lotta alle malattie o alla povertà, sarebbero di sollievo per l’umanità.

Di questi ulteriori gravi danni, la responsabilità ricade interamente su chi ha aggredito e non su chi si difende o su chi lo aiuta a difendersi.

Pensiamoci: se l’aggressione avesse successo, altre la seguirebbero, con altre guerre, dai confini imprevedibili.

Non ci rassegniamo a questo presente.

Il futuro non può essere questo.

La speranza di pace è fondata anche sul rifiuto di una visione che fa tornare indietro la storia, di un oscurantismo fuori dal tempo e dalla ragione. Si basa soprattutto sulla forza della libertà. Sulla volontà di affermare la civiltà dei diritti.

Qualcosa che è radicato nel cuore delle donne e degli uomini. Ancor più forte nelle nuove generazioni.

Lo testimoniano le giovani dell’Iran, con il loro coraggio. Le donne afghane che lottano per la loro libertà. Quei ragazzi russi, che sfidano la repressione per dire il loro no alla guerra.

Gli ultimi anni sono stati duri. Ciò che abbiamo vissuto ha provocato o ha aggravato tensioni sociali, fratture, povertà.

Dal Covid – purtroppo non ancora sconfitto definitivamente – abbiamo tratto insegnamenti da non dimenticare.

Abbiamo compreso che la scienza, le istituzioni civili, la solidarietà concreta sono risorse preziose di una comunità, e tanto più sono efficaci quanto più sono capaci di integrarsi, di sostenersi a vicenda. Quanto più producono fiducia e responsabilità nelle persone.

Occorre operare affinché quel presidio insostituibile di unità del Paese rappresentato dal Servizio sanitario nazionale si rafforzi, ponendo sempre più al centro la persona e i suoi bisogni concreti, nel territorio in cui vive.

So bene quanti italiani affrontano questi mesi con grandi preoccupazioni. L’inflazione, i costi dell’energia, le difficoltà di tante famiglie e imprese, l’aumento della povertà e del bisogno.

La carenza di lavoro sottrae diritti e dignità: ancora troppo alto è il prezzo che paghiamo alla disoccupazione e alla precarietà.

Allarma soprattutto la condizione di tanti ragazzi in difficoltà. La povertà minorile, dall’inizio della crisi globale del 2008 a oggi, è quadruplicata.

Le differenze legate a fattori sociali, economici, organizzativi, sanitari tra i diversi territori del nostro Paese – tra Nord e Meridione, per le isole minori, per le zone interne – creano ingiustizie, feriscono il diritto all’uguaglianza.

Ci guida ancora la Costituzione, laddove prescrive che la Repubblica deve rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che ledono i diritti delle persone, la loro piena realizzazione. Senza distinzioni.

La Repubblica siamo tutti noi. Insieme.

Lo Stato nelle sue articolazioni, le Regioni, i Comuni, le Province. Le istituzioni, il Governo, il Parlamento. Le donne e gli uomini che lavorano nella pubblica amministrazione. I corpi intermedi, le associazioni. La vitalità del terzo settore, la generosità del volontariato.

La Repubblica – la nostra Patria – è costituita dalle donne e dagli uomini che si impegnano per le loro famiglie.

La Repubblica è nel senso civico di chi paga le imposte perché questo serve a far funzionare l’Italia e quindi al bene comune.

La Repubblica è nel sacrificio di chi, indossando una divisa, rischia per garantire la sicurezza di tutti. In Italia come in tante missioni internazionali.

La Repubblica è nella fatica di chi lavora e nell’ansia di chi cerca il lavoro. Nell’impegno di chi studia. Nello spirito di solidarietà di chi si cura del prossimo. Nell’iniziativa di chi fa impresa e crea occupazione.

Rimuovere gli ostacoli è un impegno da condividere, che richiede unità di intenti, coesione, forza morale.

E’ grazie a tutto questo che l’Italia ha resistito e ha ottenuto risultati che inducono alla fiducia.

La nostra capacità di reagire alla crisi generata dalla pandemia è dimostrata dall’importante crescita economica che si è avuta nel 2021 e nel 2022.

Le nostre imprese, a ogni livello, sono state in grado, appena possibile, di ripartire con slancio: hanno avuto la forza di reagire e, spesso, di rinnovarsi.

Le esportazioni dei nostri prodotti hanno tenuto e sono anzi aumentate.

L’Italia è tornata in brevissimo tempo a essere meta di migliaia di turisti da ogni parte del mondo. La bellezza dei nostri luoghi e della nostra natura ha ripreso a esercitare una formidabile capacità attrattiva.

Dunque ci sono ragioni concrete che nutrono la nostra speranza ma è necessario uno sguardo d’orizzonte, una visione del futuro.

Pensiamo alle nuove tecnologie, ai risultati straordinari della ricerca scientifica, della medicina, alle nuove frontiere dello spazio, alle esplorazioni sottomarine. Scenari impensabili fino a pochi anni fa e ora davanti a noi.

Sfide globali, sempre.

Perché è la modernità, con il suo continuo cambiamento, a essere globale.

Ed è in questo scenario, per larghi verso inedito, che misuriamo il valore e l’attualità delle nostre scelte strategiche: l’Europa, la scelta occidentale, le nostre alleanze. La nostra primaria responsabilità nell’area che definiamo Mediterraneo allargato. Il nostro rapporto privilegiato con l’Africa.

Dobbiamo stare dentro il nostro tempo, non in quello passato, con intelligenza e passione.

Per farlo dobbiamo cambiare lo sguardo con cui interpretiamo la realtà. Dobbiamo imparare a leggere il presente con gli occhi di domani.

Pensare di rigettare il cambiamento, di rinunciare alla modernità non è soltanto un errore: è anche un’illusione. Il cambiamento va guidato, l’innovazione va interpretata per migliorare la nostra condizione di vita, ma non può essere rimossa.

La sfida, piuttosto, è progettare il domani con coraggio.

Mettere al sicuro il pianeta, e quindi il nostro futuro, il futuro dell’umanità, significa affrontare anzitutto con concretezza la questione della transizione energetica.

L’energia è ciò che permette alle nostre società di vivere e progredire. Il complesso lavoro che occorre per passare dalle fonti tradizionali, inquinanti e dannose per salute e ambiente, alle energie rinnovabili, rappresenta la nuova frontiera dei nostri sistemi economici.

Non è un caso se su questi temi, e in particolare per l’affermazione di una nuova cultura ecologista, registriamo la mobilitazione e la partecipazione da parte di tanti giovani.

L’altro cambiamento che stiamo vivendo, e di cui probabilmente fatichiamo tuttora a comprendere la portata, riguarda la trasformazione digitale.

L’uso delle tecnologie digitali ha già modificato le nostre vite, le nostre abitudini e probabilmente i modi di pensare e vivere le relazioni interpersonali. Le nuove generazioni vivono già pienamente questa nuova dimensione.

La quantità e la qualità dei dati, la loro velocità possono essere elementi posti al servizio della crescita delle persone e delle comunità. Possono consentire di superare arretratezze e divari, semplificare la vita dei cittadini e modernizzare la nostra società.

Occorre compiere scelte adeguate, promuovendo una cultura digitale che garantisca le libertà dei cittadini.

Il terzo grande investimento sul futuro è quello sulla scuola, l’università, la ricerca scientifica. E’ lì che prepariamo i protagonisti del mondo di domani. Lì che formiamo le ragazze e i ragazzi che dovranno misurarsi con la complessità di quei fenomeni globali che richiederanno competenze adeguate, che oggi non sempre riusciamo a garantire.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza spinge l’Italia verso questi traguardi. Non possiamo permetterci di perdere questa occasione.

Lo dobbiamo ai nostri giovani e al loro futuro.

Parlando dei giovani vorrei – per un momento – rivolgermi direttamente a loro: siamo tutti colpiti dalla tragedia dei tanti morti sulle strade.

Troppi ragazzi perdono la vita di notte per incidenti d’auto, a causa della velocità, della leggerezza, del consumo di alcol o di stupefacenti. Quando guidate avete nelle vostre mani la vostra vita e quella degli altri. Non distruggetela per un momento di imprudenza. Non cancellate il vostro futuro.

Care concittadine e cari concittadini, guardiamo al domani con uno sguardo nuovo. Guardiamo al domani con gli occhi dei giovani.

Guardiamo i loro volti, raccogliamo le loro speranza. Facciamole nostre.

Facciamo sì che il futuro delle giovani generazioni non sia soltanto quel che resta del presente ma sia il frutto di un esercizio di coscienza da parte nostra. Sfuggendo la pretesa di scegliere per loro, di condizionarne il percorso.

La Repubblica vive della partecipazione di tutti.

E’ questo il senso della libertà garantita dalla nostra democrazia.

E’ anzitutto questa la ragione per cui abbiamo fiducia.

Auguri, buon anno!

Sergio Mattarella

photo credit: www.quirinale.it

Dalle rinnovabili all’idrogeno, il 2023 del Parlamento Ue

Il 2022 ha visto il Parlamento europeo protagonista di voti utili ai fini del Green Deal e dell’agenda politica di sostenibilità dell’Ue, e il 2023 riserva altri appuntamenti fondamentali per la traduzione in pratica del Fit for 55, la strategia per la riduzione delle emissioni di CO2 per un sistema economico-produttivo votato alla neutralità climatica entro il 2050. L’agenda di lavoro per il nuovo anno ormai alle porte, vede diversi dossier legati alle transizioni verde e sostenibile, per un’attività che intende far progredire il lavoro a dodici stelle nella direzione ormai stabilita.

Gli europarlamentari torneranno al lavoro il 9 gennaio, con attività di gruppo in vista poi della sessione plenaria di Strasburgo della settimana successiva. Sarà quella l’occasione per iniziare un ragionamento, con dibattito, sulle nuove regole sullo spostamento dei rifiuti tra Stati membri dell’Ue. Interventi di modifica normativa a regolamenti esistenti che intendono coniugare tutela della salute umana e salvaguardia dell’ambiente. È questo il primo tassello di un’attività parlamentare che, in tema di rifiuti, avrà anche altri dossier su cui doversi esprimere.
Il 2023, per il Parlamento europeo, sarà contraddistinto anche da voti su eco-design e rifiuti tessili. L’eco-design comprende l’insieme dei nuovi requisiti di progettazione ecocompatibile per specifici gruppi di prodotti, come elettrodomestici da cucina, computer e server, motori elettrici e pneumatici. In nome dell’economia circolare, che vuole la riduzione degli scarti per un riutilizzo continuo e completo nel ciclo produttivo, si intende avere prodotti più durevoli, riutilizzabili e meno dannosi per l’ambiente. Non solo. I deputati lavoreranno anche sugli obiettivi dell’Ue per ridurre gli sprechi alimentari e su una nuova strategia per rendere i tessuti più riutilizzabili e riciclabili, per affrontare il problema dei rifiuti tessili.

C’è poi il capitolo energie pulite. La Commissione europea ha proposto di aumentare drasticamente la produzione di elettricità da fonti rinnovabili offshore. La sola capacità eolica offshore passerebbe dagli attuali 12 GW a 300 GW entro il 2050. Il Parlamento è chiamato a esprimersi in merito, e il 2023 è il momento per prendere questa posizione. Qui si preannuncia battaglia. In materia di rinnovabili, l’esecutivo comunitario mira ad aumentare la quota di energia rinnovabile nel consumo finale lordo di energia al 40% entro il 2030 al fine di raggiungere il suo obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Il Parlamento ha chiesto di alzare la soglia al 45% e dovrà negoziare su questo.
Non è questo l’unico negoziato inter-istituzionale che attende il Parlamento europeo. C’è ancora tutta la trattativa per il fondo climatico sociale, lo speciale strumento finanziario a sostegno della transizione. Al fine di non gravare su famiglie e imprese e garantire una trasformazione verde dell’economia equa per tutti, l’Ue vuole istituire il Fondo sociale per il clima, con un budget stimato di 16,4 miliardi di euro fino al 2027, raggiungendo potenzialmente 72 miliardi di euro entro il 2032. Il Fondo includerebbe incentivi per il passaggio alle energie rinnovabili, nonché misure per ridurre le tasse e le tasse sull’energia, incentivi per il rinnovamento degli edifici e il car-sharing e lo sviluppo di un mercato dell’usato per i veicoli elettrici. Il Parlamento sta negoziando con i governi dell’UE sul fondo, e il 2023 dovrebbe essere l’anno di svolta.

Manca poi il negoziato con il Consiglio dell’Ue sulla mobilità sostenibile. A giugno la Plenaria ha votato in favore di un taglio delle emissioni di CO2 del 55% per auto e del 50% per furgoni entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. Manca l’accordo inter-istituzionale con il Consiglio, e nell’agenda 2023 del Parlamento rientra anche questo file. In nome delle sostenibilità, i deputati europei saranno chiamati al voto su un nuovo quadro per un mercato interno dell’idrogeno, la riduzione delle emissioni di metano e l’effetto serra fluorurato gas. Infine, ma non per questo meno importante, per il prossimo anno è atteso il voto sul Chips Act, la strategia dell’Ue per i semiconduttori, fondamentali per le transizioni verde e sostenibile. L’obiettivo di questa strategia è garantire che l’Ue disponga delle competenze, degli strumenti e delle tecnologie essenziali per diventare un leader nel settore.