TAP Melendugno

Pichetto: Raddoppio Tap importante. Contrario l’ex ministro Costa: Decisione abnorme

L’energia resta uno dei temi centrali del dibattito politico europeo e internazionale. L’Italia, sin dall’inizio della crisi ha messo in piedi un piano di diversificazione delle fonti, che ora però ha bisogno della svolta definitiva. Tra le misure su cui punta molto il governo c’è di sicuro il raddoppio del progetto Trans adriatic pipeline, argomento che sarà al centro del nono incontro ministeriale dell’advisory council del Southern Gas Corridor, in programma da venerdì a Baku. “Per noi il Tap è importantissimo“, dice infatti il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin. Spiegando che “attualmente ci dà 10 miliardi di metri cubi di gas”, dunque “poter incrementare” questa capacità “significa raggiungere quell’obiettivo di diversificazione delle fonti che è la sicurezza energetica per il Paese”. Il responsabile del Mase parteciperà ai lavori nella capitale azera, ma non si sbilancia ancora: “C’è l’incontro, valuteremo. Naturalmente ci sono gli equilibri internazionali, al fianco dei quali c’è una parte di investimenti importantissimi”.

Non è solo il nostro Paese a spingere per il potenziamento del gasdotto, perché anche la Commissione europea punta diverse fiches sull’operazione. Non a caso lo scorso mese di luglio la presidente, Ursula von der Leyen, era volata proprio a Baku con questo obiettivo. Alla ministeriale di venerdì sarà presente anche la commissaria europea all’Energia, Kadri Simson, oltre al presidente azero Ilham Aliyev e i ministri di Azerbaijan, Grecia, Albania, Turchia, Georgia, Bulgaria, Croazia, Ungheria, Montenegro, Romania, Usa e Regno Unito. Ma all’incontro sono previsti anche il ministro degli Esteri di San Marino, Luca Beccari, e i rappresentanti delle società coinvolte, tra cui Snam e Tap, con il managing director Luca Schieppati. Non solo, perché tra le associazioni saranno presenti i ceo di WindEurope e SolarPower Europe, Giles Dickson e Walburga Hemetsberger.

Trans Adriatic Pipeline, nel frattempo, è già operativa. Lo scorso 22 gennaio si è chiusa la finestra di presentazione delle offerte vincolanti e ora attiverà il primo livello di espansione, che prevede una capacità aggiuntiva per 1,2 miliardi di metri cubi all’anno, attraverso contratti di trasporto a lungo termine, disponibile a partire dal 2026. Il processo “è strutturato in regolari market test realizzati in modo aperto, trasparente e non discriminatorio – spiega la società –. La capacità iniziale può essere ampliata in fasi successive per raggiungere almeno 20 miliardi di metri cubi all’anno”. Ma “nel corso del 2023 è prevista una seconda fase vincolante in cui gli operatori interessati potranno presentare le proprie offerte“. Perché “con procedure di open season strutturate per testare le esigenze del mercato in un processo graduale”, Tap “punta a raddoppiare la capacità del gasdotto entro il 2027”.

Anche se non tutti sono convinti che questa sia la soluzione ai problemi di approvvigionamento energetico. “Decretare il raddoppio della Tap oggi appare come una decisione abnorme”, dice infatti l’ex ministro dell’Ambiente dei governi Conte 1 e Conte 2, Sergio Costa, a GEA. Per l’attuale deputato M5S e vicepresidente della Camera “rigassificatori, e le altre infrastrutture di distribuzione del gas, impegneranno l’Italia in maniera permanente mentre questa dovrebbe essere una fonte fossile di transizione. In questo modo – sottolinea – ci allontaniamo sempre di più dagli obiettivi fissati per contrastare la crisi climatica”.

Inflazione giù per calo energia, frena anche il carrello della spesa

Rallenta ufficialmente l’inflazione in Italia. A gennaio l’incremento annuale del carovita è solo del 10,1%, in linea con le stime, rispetto al +11,6% di dicembre. Il carrello della spesa inoltre frena a +10,9% dal +12,3% di un anno fa. A livello mensile tuttavia si registra un altro +0,2%, contro attese di un +0,1%, ma dopo il +0,3% dell’ultimo mese del 2022. “La netta attenuazione – che torna allo stesso identico livello del settembre 1984 – è spiegata in primo luogo dall’inversione di tendenza dei beni energetici regolamentati (-10,9% su base annua). Rimangono tuttavia diffuse le tensioni sui prezzi al consumo di diverse categorie di prodotti – spiega l’Istat -, quali gli alimentari lavorati, gli altri beni (durevoli e non durevoli) e i servizi dell’abitazione, che contribuiscono alla lieve accelerazione della componente di fondo. Si accentua inoltre a gennaio, la dinamica tendenziale dei prezzi dei carburanti”.

In effetti, se si va a scavare dentro i dati emergono alcune tendenze non del tutto rassicuranti: l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca), il cosiddetto carrello della spesa, diminuisce dell’1,3% su base mensile, a causa dell’avvio dei saldi invernali dell’abbigliamento; l’“inflazione di fondo”, quella al netto degli energetici e degli alimentari freschi, sale a gennaio da +5,8% del mese precedente a +6%, mentre quella al netto dei soli beni energetici rimane stabile a +6,2%; si attenua la dinamica tendenziale dei prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona che registrano un rallentamento su base tendenziale (da +12,6% a +12,2%), mentre al contrario si accentua quella dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +8,5% a +9,0%).

Analizzando il confronto mese su mese, il forte rallentamento dei prezzi dei beni è imputabile ai prezzi dei beni energetici (la cui variazione congiunturale è negativa per un 3,8%) e, in particolare, a quelli della componente regolamentata (-24,7% sul mese). Più in dettaglio, i prezzi dell’energia elettrica mercato tutelato evidenziano un nettissimo rallentamento (-18,0% da dicembre), a cui si aggiunge quello dei prezzi del gas di città e gas naturale sempre nel mercato tutelato (-33,3%). In rallentamento, anche se con variazioni più contenute, i prezzi dei Beni energetici non regolamentati (+0,7% sul mese), grazie ai prezzi dell’energia elettrica mercato libero (-9,6% da dicembre), del gas di città e gas naturale mercato libero (+2,7% il congiunturale), del gasolio per riscaldamento (-0,9% sul mese). In accelerazione invece sono i prezzi del gasolio per mezzi di trasporto (+4,6% il congiunturale) e quelli della benzina (che invertono la tendenza, +5,8% sul mese) dopo l’eliminazione dell’ultimo sconto sulle accise. I prezzi dei beni alimentari, mese su mese, salgono dell’1,2%: gli alimentari non lavorati crescono dello 0,6% rispetto a dicembre, -1,1% per i prezzi dei vegetali freschi o refrigerati diversi dalle patate,mentre accelerano frutta fresca o refrigerata, +1,6% congiunturale. Andamenti in accelerazione si osservano anche per gli alimentari lavorati (+1,5 su base mensile) e dei beni non durevoli (+0,8% il congiunturale).

Salgono anche i prezzi dei servizi (+0,4% su base mensile): da un lato accelerano i prezzi dei servizi relativi all’abitazione (+1,6% da dicembre) per effetto dei prezzi dei servizi per la pulizia e la manutenzione della casa (+5,6% sul mese), dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (+0,4% la variazione congiunturale), di alberghi e motel (+0,7% rispetto al mese precedente). Unica voce, relativa ai servizi in calo, è quella dei pacchetti vacanza: -2,9% da dicembre. Anche in Europa il carovita ufficialmente scende, più delle attese, grazie al crollo dei costi energetici. Il tasso di inflazione annuo nell’Eurozona cala al minimo di otto mesi dell’8,5% a gennaio dal +9,2% di dicembre, al di sotto delle previsioni del 9%. I dati per l’inflazione in Germania non sono disponibili, poiché l’ufficio statistico tedesco ha dovuto ritardare il rilascio delle proprie cifre a causa di problemi tecnici con l’elaborazione dei dati. L’inflazione rallenta, oltre che in Italia, anche in Irlanda e Paesi Bassi, ma aumenta annualmente in Spagna e Francia. Tuttavia l’inflazione core – che esclude i prezzi di energia, cibo, alcol e tabacco – è stabile al 5,2%, aggiungendo un’ulteriore prova che le pressioni sui prezzi sono rimaste elevate. Rispetto all’ultimo mese del 2022 i prezzi al consumo diminuiscono dello 0,4%, come a dicembre, guidati da un calo dello 0,9% del costo dell’energia.

Amazon da record: è prima azienda al mondo per quantità di rinnovabili acquistate

Amazon ha annunciato oggi di aver incrementato la sua capacità di energia rinnovabile di 8,3 gigawatt (GW) nel 2022 grazie a 133 nuovi progetti in 11 Paesi. Di conseguenza, grazie a un totale di 401 progetti legati alle energie rinnovabili in 22 Paesi, il portfolio globale di Amazon ha superato i 20 GW, che potrebbero generare la quantità di energia necessaria ad alimentare 15,3 milioni di abitazioni in Europa. Su un totale di 128 progetti di energia rinnovabile a livello europeo, sale a 22 il numero dei progetti di energia rinnovabile di Amazon in Italia. Tra questi, anche 2 nuovi progetti fotovoltaici on-site a Roma e a Bitonto (BA); che si aggiungono ai 17 progetti di energia rinnovabile on-site già esistenti e ai 3 progetti di energia rinnovabile off-site già annunciati, per una capacità complessiva in Italia di oltre 115 MW, sufficiente ad alimentare oltre 90.000 abitazioni italiane.

Gli acquisti dell’azienda negli ambiti solare ed eolico continuano ad aggiungere energia rinnovabile alle reti elettriche che alimentano le sue attività, inclusi i data center di Amazon Web Services (AWS), i centri di distribuzione di Amazon e i suoi negozi fisici in diverse parti del mondo. Grazie a questi continui investimenti, Amazon ha stabilito un nuovo record relativo alla quantità di energia rinnovabile acquistata da una singola azienda in un anno. Amazon, infatti, continua a essere al primo posto fra gli acquirenti aziendali di energia rinnovabile, posizione che occupa dal 2020 secondo Bloomberg New Energy Finance. I suoi continui investimenti nelle energie rinnovabili contribuiscono ad accelerare la crescita in nuove regioni del mondo tramite innovative strutture di accordi commerciali, tecnologie e soluzioni cloud.

Questi acquisti, inoltre, avvicinano Amazon all’obiettivo di alimentare le sue attività con il 100% di energia rinnovabile entro il 2025, cinque anni prima dell’obiettivo iniziale del 2030. L’azienda ha ora attivi 401 progetti nel mondo, compresi 164 fra parchi eolici e fotovoltaici e 237 progetti fotovoltaici sui tetti di siti Amazon. Una volta operativo, il portfolio globale di energia rinnovabile di Amazon sarà in grado di generare ogni anno 56.881 gigawattora (GWh) di energia pulita.

“Siamo contenti di essere sulla buona strada per alimentare le nostre attività con il 100% di energia rinnovabile con 5 anni di anticipo rispetto all’obiettivo iniziale. Grazie ai 133 progetti legati alle rinnovabili annunciati in 11 Paesi nel 2022, Amazon ha messo a segno un altro anno da record”, ha dichiarato Adam Selipski, CEO di AWS. “Questi progetti mettono in evidenza la varietà delle nostre fonti di approvvigionamento di energia rinnovabile, e dimostrano la nostra capacità di introdurre nuove tecnologie in nuovi mercati e ridurre ulteriormente gli impatti del cambiamento climatico”.

Greenpeace

Swg-Greenpeace: Italiani bocciano spese militari e vogliono un futuro più green

Gli italiani e le italiane hanno le idee chiare sulla direzione da percorrere per il futuro: investire nella transizione energetica, fermare la corsa al riarmo, tassare gli extra profitti delle aziende fossili e dell’industria militare. E’ la fotografia scattata dall’11 al 16 gennaio da un sondaggio Swg per Greenpeace Italia, i cui risultati vengono diffusi poche ore dopo la presentazione delle linee programmatiche del ministro della Difesa Crosetto.

La maggioranza degli italiani si schiera contro l’aumento della spesa militare: il 55% degli intervistati boccia la proposta del Governo di portare il budget della Difesa al 2% del Pil entro il 2028. Solo il 23% è favorevole ad aumentare la spesa militare. Tra i più contrari ci sono i residenti nel Nord-Ovest e nel Centro e i laureati. Per contro, invece, il 53% delle persone intervistate ritiene che “alla luce dell’attuale situazione internazionale politica ed energetica” l’Italia debba investire “esclusivamente” (27%) o “in gran parte” (26%) nella transizione energetica. Solo il 22% ritiene che il Paese debba puntare “in egual misura tra fonti fossili e transizione energetica”. Marginali le percentuali di chi vuole che l’Italia investa “in gran parte” (6%) o “esclusivamente” (3%) nelle fonti fossili.

Maggioranza schiacciante anche sulla proposta di tassare al 100% gli extra profitti delle aziende del gas e del petrolio e utilizzare il ricavato per contrastare il caro bollette (80%) e investire in energie rinnovabili (76%). Più di due italiani su tre (69%), inoltre, vorrebbero tassare anche gli extra profitti delle aziende della difesa. Solo il 12% è contrario.

Questo sondaggio conferma che per la maggioranza degli italiani la priorità è fermare il caro bollette e potenziare le energie rinnovabili. I risultati ci danno indicazioni inequivocabili anche su come finanziare questo cambio di rotta, ovvero tassando gli extra profitti di chi sta guadagnando da questo periodo di crisi: non solo le aziende fossili, ma anche quelle della difesa”, dice Simona Abbate, campaigner Energia e Clima di Greenpeace Italia. “Il nostro Paese deve smettere di investire nelle infrastrutture fossili e nelle armi. Cittadine e cittadini lo hanno capito, quando lo capirà anche il Ministro Crosetto ed il governo?”, conclude.

Giorgetti: Proroga aiuti contro caro energia, ma in forma diversa

Gli aiuti contro il caro bollette proseguiranno anche dopo il 31 marzo, ma con una formula diversa. Lo annuncia il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti in apertura dell’edizione 2023 di Telefisco-Sole24Ore. L’andamento dei prezzi è mutato “e speriamo continui nella sua discesa, ma dovremo rimettere mano alle misure“, afferma. “Sicuramente verranno prorogare, probabilmente non nella stessa forma“. Allo studio ci sono dei meccanismi più efficienti in termini di aiuto, più flessibili rispetto all’andamento dei consumi e che orientino le famiglie premiando i comportamenti virtuosi per il risparmio energetico.

Se ne discute anche a livello europeo per trovare misure più omogenee. Nel frattempo, però, il governo italiano si impegna a non abbandonare famiglie e imprese, intervenendo dal primo aprile  per prorogare le misure di mitigazione di prezzo, in modo diverso dal primo intervento che, ricorda, “che era figlia dell’emergenza“.

Intanto, per le imprese, in Europa è in corso un grande dibattito, che culminerà nel Consiglio europeo di inizio febbraio, sulla nuova disciplina degli aiuti di Stato in particolare, fa sapere Giorgetti, per quanto riguarda la risposta alla sfida degli Stati Uniti con l’Inflation reduction act. “In questa discussione probabilmente si discuterà anche di aggiornare gli strumenti con cui l’Europa si deve rendere più efficiente, oltre che più efficace, per dare le risposte ai termini della ripresa post pandemica e post crisi energetica“, scandisce il ministro, che parla della necessità di rivedere le regole costruite a tutela del mercato unico interno. L’obiettivo della revisione, spiega, è quello di consentire alle imprese europee di reggere la concorrenza americana ma anche cinese: “I rischi per il nostro Paese è che si avvantaggino Paesi che hanno spazio fiscale. Germania e Francia, per intenderci, che non hanno i vincoli di bilancio del patto di stabilità che grava sull’Italia, hanno la possibilità di finanziare di più le imprese“. Sarà, prevede, un negoziato “assai complicato” per trovare una mediazione.

Proxigas: “La politica energetica deve essere ripensata”

Una maggiore efficienza energetica, attuata grazie a una nuova strategia nazionale per rendere il sistema italiano più resiliente sicuro e competitivo. Proxigas, associazione di riferimento del settore gas, non si fa trovare impreparata alla sua prima Assemblea pubblica e alla presenza dei maggiori stakeholder dell’energia illustra il suo position paper dal titolo ‘Prospettive e ruolo del sistema gas tra sicurezza e competitività a supporto della transizione energetica’. “L’abbassamento prezzi del gas (tornato ai livelli precedenti alla guerra in Ucraina) non deve farci perdere il senso di urgenza. Il prossimo inverno sarà il banco di prova“, sottolineato il presidente Cristian Signoretto. Partendo da questo assunto, quindi, Proxigas ritiene che vada valorizzato il sistema dei gas anche per salvaguardare il percorso di transizione energetica, e deve essere costruito un nuovo ruolo strategico per l’Italia come hub energetico europeo per sostenere la competitività del nostro sistema produttivo. Il sistema dei ‘gas’, ovvero l’insieme di metano e dei gas rinnovabili, potrà garantire la flessibilità necessaria a gestire la variabilità insita nel processo di transizione energetica e consentirne la concreta attuazione. Per questo, sostiene l’associazione, serve investire nelle infrastrutture e nella produzione nazionale di gas, biometano ed idrogeno.

E’ d’accordo il ministro Gilberto Pichetto Fratin. “In questo momento storico di grandi conflitti e cambiamenti, la filiera del gas ha assunto una importanza strategica per il nostro Paese e il gas avrà sempre più importanza anche nel futuro”, spiega il titolare dell’Ambiente e della Sicurezza energetica. “Il gas sarà l’ultima fonte fossile che abbandoneremo perché è la meno inquinante e sarà fondamentale nei prossimi anni per accompagnare il Paese nella transizione ecologica evitando di ricorrere, come sta accadendo altrove, a fonti più impattanti sull’ambiente come carbone e petrolio. Il gas fornisce al sistema energia quella cintura di sicurezza per le fonti rinnovabili che consentono – insieme – di raggiungere gli obiettivi sfidanti di transizione che abbiamo di fronte“.

Nei prossimi mesi, per gestire i fabbisogni energetici italiani in un contesto di evidente complessità, saranno necessariamente da privilegiare misure praticabili e tempestive ma, nel frattempo, è necessario pensare a una nuova politica energetica. Per Proxigas, la soluzione si articola in tre rami: rendere più resiliente il sistema energetico italiano – diversificandolo – per garantire la sicurezza delle forniture energetiche, indispensabile a sostenere lo sviluppo economico e sociale del nostro Paese; promuovere liquidità ed efficienza dei mercati energetici italiani per sostenere la competitività del nostro sistema produttivo ed offrire a tutti i consumatori prezzi accessibili; salvaguardare il percorso di transizione energetica, garantendone l’attuazione.

In Italia, la domanda di gas naturale nel 2021 è stata di circa 75 miliardi di metri cubi, soddisfatta solo per il 4% dalla produzione domestica – circa 3 miliardi di metri cubi, un quinto dei 17 miliardi di metri cubi prodotti nel 2000 – sebbene sul territorio nazionale e nelle relative acque territoriali siano stimate riserve di gas naturale per oltre 110 miliardi di metri cubi. Nel dettaglio per Proxigas, il nostro Paese vanta già la seconda capacità di produzione di biogas a livello europeo e potrebbe beneficiare di una spinta sostanziale alla conversione a biometano, in particolare agricolo, grazie a quanto previsto anche nel Pnrr, arrivando a disporre di circa 6 miliardi di metri cubi al 2030, pari a circa l’8% dell’attuale domanda gas nazionale. Tra i vettori molecolari l’idrogeno può garantire flessibilità al sistema energetico assorbendo l’overproduzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e decarbonizzare i settori ‘hard to abate’. Per questo, sarà da sviluppare in maniera sinergica ed integrata con l’infrastruttura elettrica nazionale, valorizzando anche l’infrastruttura gas. “Nell’attuale congiuntura internazionale ancora delicata, e di cui non si intravede ancora chiaramente una soluzione, deve prevalere il senso di responsabilità da parte di tutti e la determinazione a lavorare assieme per il paese nella consapevolezza che ciascuno, i decisori politici come i player economici, devono fare la propria parte per il bene dell’Italia“, chiosa il ministro Pichetto considerando il comparto “un alleato strategico per la crescita dell’Italia” di cui “difenderemo le ragioni anche in sede europea spingendo per eliminare rigidità normative“. “La strada è tracciata – promette – state pur certi che questa volta, nel Governo e nel Ministero troverete ascolto e una visione chiara per implementare un futuro green e sostenibile per l’Italia“.

Dalle 19 scatta lo sciopero dei benzinai: stop anche ai self

Dalle 19 di questa sera (24 gennaio) scatterà lo sciopero di 48 ore dei benzinai. Pompe chiuse e self service staccati fino alle 19 del 26 gennaio nelle città, mentre in autostrada la protesta scatterà dalle 22, sempre di domani, fino alle 22 di giovedì prossimo. Come annunciato dalle tre sigle dei gestori, Faib Confesercenti, Fegica e Figisc/Anisa Confcommercio, saranno comunque garantiti i servizi minimi essenziali in un determinato numero di stazioni nelle città ma anche sulle reti autostradali. Difficile pensare che possa esserci una retromarcia dell’ultimo minuto, anche perché la tensione con il governo sta salendo di ora in ora, come si evince dai cartelli esposti dalle associazioni negli impianti per spiegare le loro ragioni: “Chiuso per sciopero. Per protestare contro la vergognosa campagna diffamatoria nei confronti della categoria e gli inefficaci provvedimenti del governo che continuano a penalizzare solo i gestori senza tutelare i consumatori. Per scongiurare nuovi aumenti del prezzo dei carburanti”.

Non è servito nemmeno il tentativo estremo del ministro delle Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso, dalle colonne del ‘Corriere della sera‘: “È il primo governo che riconosce le loro ragioni e proprio per questo lo sciopero è davvero incomprensibile. Mi appello al buon senso”. Se possibile, l’effetto è stato proprio l’opposto. Soprattutto quando afferma di non capire “come si possa scioperare contro la trasparenza, contro un cartello”, perché “il decreto prevede che in ogni stazione sia visibile il prezzo medio regionale, ciò a beneficio dei consumatori come della stragrande maggioranza dei gestori: la trasparenza aiuta tutti”.

I gestori non l’hanno presa bene: “Le dichiarazioni del ministro Urso sono l’ennesima dimostrazione della confusione in cui si muove il governo in questa vicenda”, scrivono in un nota congiunta i presidenti di Faib Confercenti, Fegica e Figisc/Anisa Confcommercio. “Continuano a chiedere trasparenza e noi l’abbiamo offerta in tutti i modi – proseguono -. Quello che non ci si può chiedere è di autorizzare nuovi adempimenti e nuove sanzioni a carico dei gestori, questo no”. Ecco perché pur ricordando che “le organizzazioni di categoria hanno sempre sostenuto la necessità di un confronto aperto fino all’ultimo minuto utile prima dello sciopero”, le parole del responsabile del Mimit “rischiano seriamente di chiudere ogni residua possibilità di concludere positivamente la vertenza in atto”. Poi l’invito a intervenire rivolto direttamente a Palazzo Chigi: “Dia un segnale sull’intera vertenza”.

La premier, Giorgia Meloni, però, da Algeri non fa retromarcia: “Non c’è alcuna volontà di colpire una categoria, solo la necessità di fare ordine per evitare comportamenti sbagliati”. Sul decreto Trasparenza “abbiamo immaginato il provvedimento, ci siamo confrontati con loro due volte – sottolinea -. Alcune rimostranze erano di buonsenso e siamo andati loro incontro, ma non potevamo tornare indietro su un provvedimento giusto. Pubblicare il prezzo medio settimanale per far capire all’utente la situazione è una iniziativa di buon senso”.

Nel frattempo, si muovono le associazioni dei consumatori. Il Codacons è pronto a presentare alla Procura della Repubblica di Roma una denunciaper la possibile fattispecie di interruzione di pubblico servizio”. Stesso orientamento anche per l’Unc, che attacca: “La verità dei fatti è che la lobby dei benzinai ha già vinto, visto che il Governo, dopo aver partorito un topolino, si è già rimangiato il decreto, riducendo le multe dai 516 euro attuali al ridicolo balzello di 200 euro”. Va oltre Assoutenti, che chiede ai prefetti di tutta Italia di intervenire “per precettare i benzinai e costringere i distributori a rimanere aperti”, facendo sul leva sul “maltempo che sta imperversando in Italia e l’allerta neve che interessa diverse regioni”. Al momento non ci sono riscontri, dunque agli automobilisti non resta che mettersi in fila e fare il pieno per non rimanere a piedi.

Meloni lancia il ‘Piano Mattei’. Descalzi: Liberi dal gas russo nel 2024-25

Un Piano per azzerare la dipendenza dal gas russo, ma anche per rilanciare l’Italia in Europa. Giorgia Meloni vola in Algeria per la sua quinta missione all’estero con in mano il dossier più importante di tutti, quello energetico.

Stringe, accompagnata dall’ad di Eni Claudio Descalzi, dal presidente di Confindustria Carlo Bonomi e dall’ambasciatore italiano Giovanni Pugliese, cinque accordi. Pone le basi per il Piano Mattei per l’Africa, in cui l’Algeria sarà leader africano e mondiale in alcune produzioni e l’Italia sarà la porta dell’approvvigionamento di questa energia. Un ponte che, assicura, sarà “utile all’Europa intera, soprattutto in termini di approvvigionamento”. Un modello di cooperazione con l’Africa nuovo e “non predatorio, rivendica la premier. Lancia la sfida a Bruxelles, sarà utile che sostenga il piano: “Lo vediamo tutti, si chiudono opportunità, come i flussi energetici, per questo si deve guardare a Sud, e penso che andava fatto anche prima“.

L’Algeria è al momento il principale esportatore di gas in Italia e la premier sigilla in realtà un percorso iniziato da Mario Draghi. Ma, con il progetto dell’Hub italiano dell’energia, alza l’asticella. La cooperazione si estenderà anche alla transizione e alle fonti rinnovabili.

Le intese firmate da Eni e Sonatrach, la sua omologa algerina, sono due: una per ridurre le emissioni di gas serra, l’altra per incrementare le esportazioni di gas e realizzare un nuovo gasdotto per l’idrogeno. L’exit strategy dalla crisi passa quindi per il mix energetico.

Gli accordi di Algeri “aggiungono nuovi tasselli al mosaico energetico che stiamo portando avanti dal primo giorno: diversificare le fonti e la loro provenienza, acquisendo una storica centralità nel Mediterraneo sugli approvvigionamenti”, fa sapere da Roma il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto. Dalle infrastrutture che servono a incrementare il flusso di gas allo sviluppo delle rinnovabili, fino ai progetti per ridurre le emissioni, i memorandum, commenta, “ci aprono uno sguardo sul futuro ambientale ed energetico non solo dell’Europa, ma anche del continente africano, la cui stabilità si costruisce portando sviluppo e crescita sostenibile, secondo la visione di un grande italiano come Enrico Mattei”.

Quello con l’Algeria è uno dei “tanti rapporti bilaterali” con il Nordafrica allo studio di Palazzo Chigi: “In futuro ce ne saranno altri – parola di premier -, li stiamo già programmando“.

Auto elettrica

Ue, boom auto elettriche e pompe di calore mettono sotto pressione reti

Boom di auto elettriche e boom di acquisti di pompe di calore mettono in difficoltà le reti elettriche di mezza Europa, soprattutto in Germania, con il timore in alcune zone addirittura di black-out. A lanciare l’allarme è stato Klaus Müller, il presidente della Federal Network Agency tedesca, la Bundesnetzagentur, ovvero l’autorità delle reti: “Se continueranno ad essere installate molte nuove pompe di calore e stazioni di ricarica, si dovranno temere problemi di sovraccarico e interruzioni di corrente locali nella rete di distribuzione“, ha dichiarato domenica scorsa alla Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung. Proprio domenica – rivela il sito specializzato Euractiv – l’operatore di rete della Germania meridionale, TransnetBW, ha lanciato un appello ai cittadini affinché riducano il loro consumo energetico durante la sera per evitare un blackout.

In Germania le linee locali a bassa tensione sono particolarmente a rischio di esaurire la capacità di trasmissione, continua Euractiv, tant’è che proprio Müller dovrebbe varare un regime di razionamento dell’elettricità dal 1° gennaio 2024, che toccherà stazioni di ricarica per veicoli elettrici e pompe di calore, garantendo comunque una fornitura minima. Già adesso comunque i Paesi Ue hanno concordato sulla riduzione invernale del consumo di elettricità del 5% nelle ore di punta, per evitare collassi di rete. E qualche Stato è andato oltre: in Finlandia gli automobilisti sono stati invitati a evitare di caricare le proprie auto al mattino.
Il tema è che “la rete deve affrontare tre sfide principali: l’integrazione delle pompe di calore, la ricarica dei veicoli elettrici e la produzione sempre più decentralizzata di elettricità“, sottolinea Bram Claeys, senior associate del Regulatory Assistance Project (RAP), un think tank sull’energia pulita, come riporta ancora il sito Euractiv. Serviranno complessivamente investimenti sulla rete che Eurelectric aveva stimato in 375-425 miliardi di euro.

Gli investimenti in rinnovabili e auto elettriche dovrebbero andare di pari passo con quelli nelle reti, ma non c’è questa correlazione. La situazione è complicata perché si sta inoltre assistendo a una forte crescita di energia rinnovabile, autoprodotta e intermittente: un fenomeno che è difficilmente gestibile se rapportato al crescente consumo di corrente, che necessità invece di un equilibrio tra domanda e offerta in tempo reale. “Abbiamo visto un aumento del 10% degli investimenti nelle reti di distribuzione tra il 2020 e il 2021″, ha detto Kristian Ruby, segretario generale di Eurelectric a Euractiv. “Quello che avremmo dovuto vedere sarebbe stato un aumento del 40%“, ha sottolineato. Infatti le vendite di veicoli elettrici in Europa sono aumentate del 27% a novembre 2022 rispetto all’anno precedente. E lo stesso vale per le pompe di calore, che sono cresciute a un tasso superiore al 20%, dopo un forte 2021 con una crescita del 34%.

In Italia gli interventi pianificati nel triennio 2022-2024 da E-Distribuzione corrispondono a circa 262 milioni di euro di investimenti, che vanno ad aggiungersi al programma “di investimenti in resilienza” di quasi 672 milioni di euro, già realizzato nel quinquennio 2017-2021. Gli interventi sono mirati a contenere il rischio di disalimentazione a fronte dei principali fattori critici che possono avere impatto sulla propria rete: formazione di manicotti di ghiaccio sui conduttori aerei nei mesi invernali, effetto del vento e della caduta di piante ad alto fusto sulle linee aeree, ondate di calore durante i mesi estivi. Ieri, parlando all’evento Laripartenza 2023, Stefano Donnarumma, amministratore delegato di Terna, ha rassicurato: “La rete è e sarà in grado di accompagnare lo sviluppo dei 70GW di energie rinnovabili previsti dal piano europeo Fit for 55”.

Meloni in Algeria

Meloni in Algeria: obiettivo la messa a terra del Piano Mattei

Secondo giorno di visita in Algeria per Giorgia Meloni. L’obiettivo di questo viaggio strategico della premier è consolidare i rapporti con il Paese che, attualmente, è il nostro principale fornitore di gas, avendo soppiantato la leadership russa nel 2022. La presidente del Consiglio, che ieri sera ha cenato con il primo ministro algerino alla presenza dell’ad di Eni Claudio Descalzi, vuole mettere a terra il ‘Piano Mattei per l’Africa’ in maniera che l’Italia diventi l’hub Mediterraneo per la fornitura di energia agli altri partner europei, in particolare a Germania, Austria e Ungheria. Anche perché, proprio nel Mediterraneo, “viaggia la stragrande maggioranza dei nostri interessi nazionali. Questo per noi è un territorio cruciale“, sintetizza la premier parlando a bordo della nave Carabiniere della Marina militare ormeggiata ad Algeri.

L’intesa con l’Algeria, considerato uno Stato ormai affidabile, non si restringere solo al gas ma coinvolge anche altre fonti di energia pulita, a cominciare dall’idrogeno verde e dalla bioraffinazione. Non sarà facile passare dalla fase teorica a quella pratica, molti tasselli di questo complicatissimo mosaico devono trovare la loro giusta collocazione, però Meloni proprio con questa visita in Algeria dimostra di voler fare sul serio.

Del resto, il problema energetico è stato il nodo cruciale della Manovra e sarà il vero cruccio dei prossimi mesi. La presidente del Consiglio vorrebbe sganciarsi dalla Russia (che ci fornisce ancora il 16% del gas) entro due anni. Per questa ragione, oltre alla liaison fortissima con l’Algeria, verranno intensificati i rapporti con Mozambico, Egitto e Angola, per quanto riguarda il continente Africano; poi c’è l’Azerbaijan che già ci fornisce gas in arrivo in Puglia: e non a caso di si ragiona sul raddoppio del Tap. Infine c’è il discorso legato alla Libia, che potrebbe diventare un ‘cliente’ molto interessante nell’istante in cui all’interno del paese la situazione politica sarà definitivamente stabilizzata.

Il governo, insomma, si sta muovendo. Al netto della politica di espansione delle rinnovabili che a livello burocratico dovrebbe avere meno lacci e lacciuoli nell’immediato futuro. Intanto, però, Meloni tratta con Algeri: oggi è il secondo, importantissimo giorno di dialogo per tornare a Roma non a mani vuote.

Photo Credit: Palazzo Chigi